15 Aprile 2023
11:00

Le 4 fasi del parto: quali sono, quanto durano e che cosa succede al corpo della mamma

Stringere tra le braccia il proprio bambino dopo 9 mesi di gestazione è un desiderio fortissimo, ma il parto spesso spaventa. Conoscere che cosa succede al corpo della donna può rendere questo momento più semplice da gestire e da accettare.

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Le 4 fasi del parto: quali sono, quanto durano e che cosa succede al corpo della mamma
Parto

Il parto è davvero un momento di scoperta del proprio corpo, soprattutto per la donna che non ha mai partorito. Nei film si vedono queste mamme che improvvisamente rompono le acque e, dopo qualche scena, con i capelli completamente bagnati di sudore e il viso paonazzo, stringono tra le braccia un magnifico bambino. In realtà, non è così. Il parto è un processo che richiede tempo, perché il bimbo deve compiere un viaggio, fatto di tappe, e la donna deve prepararsi ad accoglierlo. Le tappe, ovvero le fasi del parto, sono ben quattro: la fase prodromica, ovvero quella in cui il corpo si prepara e iniziano le contrazioni; la fase dilatante, durante la quale il collo dell’utero si allarga per far passare il piccolo; la fase espulsiva, che permette la nascita e, infine, il secondamento. Già, perché il parto non termina con “l’uscita del bimbo”, la donna, infatti, deve espellere anche la placenta. Possiamo quindi immaginare che per completare questo processo così unico e complesso ci vogliano tempo e tanta pazienza.

Fase prodromica

La fase prodromica è la fase di preparazione al parto. Che cosa succede? In questa fase si potrebbe perdere il tappo mucoso, ossia avere una perdita vaginale gelatinosa di colore bianco-giallognolo. Le contrazioni possono essere dolorose ma non molto regolari e spesso anche distanziate tra di loro. Purtroppo, potremmo avvertire un po’ di nausea o aver bisogno di svuotare l’intestino. È tutto normale. Se possibile, conviene anche mangiare qualcosa (magari di secco o di asciutto). Questo periodo può essere lungo, soprattutto al primo parto. Potrebbe infatti persistere 12 ore o più e serve al collo dell’utero per modificarsi.

Che cosa fare? Tutto ciò che ci dà sollievo. Troviamo un modo per riposare, magari a casa, per staccare un po’ la testa. Possiamo ascoltare musica, leggere, guardare la televisione, ma anche fare una piccola passeggiata. Sicuramente, se stiamo bene e non ci sono situazioni di emergenza, non è il caso di andare in ospedale.

Contrazioni

Fase dilatante

Conclusa la fase prodromica, durante la quale il collo dell'utero si dilata fino a 4 cm, inizia la fase dilatante, e con essa il travaglio attivo vero e proprio, perché le contrazioni saranno forti e ravvicinate: circa una contrazione ogni 3-5 minuti, della durata di circa 40-60 secondi.

A questo punto è bene recarsi in ospedale. Ciò non significa che il bimbo nascerà subito. I tempi sono variabili da mamma a mamma. Al primo figlio, per esempio, si stima una dilatazione di 1 centimetro all’ora, mentre dal secondo figlio in poi è di solito più veloce. Per raggiungere la dilatazione di 10 cm, potresti aver bisogno di altre 5/6 ore.

Per affrontare questa fase è bene avere accanto una persona del cuore, che potrebbe essere il partner, ma anche un’amica o la propria mamma. In ospedale, ci prenderà in carico un’ostetrica, che monitorerà il decorso del travaglio e ci aiuterà anche a sopportare meglio il dolore. La donna dovrebbe poter scegliere quali posizioni assumere, se stare in piedi o sdraiata, se desidera trovare sollievo con l’acqua, magari facendo una doccia tiepida, o ricorrere all’analgesia epidurale.

Tra il periodo dilatante e quello espulsivo potrà verificarsi una fase detta di latenza, che durerà fino a quando sentiremo il premito, cioè la voglia di spingere. In che cosa consiste? La fase latente serve al corpo per riprendersi e soprattutto trovare le forze per far nascere il bambino. È una pausa che il nostro corpo ci dà: le contrazioni, infatti, potrebbero rallentare.

Fase espulsiva

La fase espulsiva è la fase della nascita, ma anche la fase delle spinte. È qui che la donna capisce come affrontare il parto, perché le verrà naturale. Anzi, probabilmente l’ostetrica continuerà a ricordarle di spingere solo quando arriva la contrazione. È una danza che mamma e bimbo compiono. Devono solo trovare il ritmo giusto. Se non lo abbiamo ancora fatto e i dolori si fanno insopportabili e troppo intensi possiamo richiedere l'epidurale anche in questa fase, che allevierà il dolore ma non ci impossibiliterà nelle spinte.

Come aiutare la donna in questa fase? Durante il parto naturale, la mamma ha solo bisogno di essere incoraggiata e sostenuta. Potrebbe aver bisogno di bere o di zuccheri e poi di essere messa nella posizione più libera e comoda che desidera. La testa ci metterà un po’ ad uscire, potrebbero essere necessarie diverse spinte. Successivamente passeranno le spalle e poi con un ultimo sforzo il resto del corpo.

Parto

Secondamento

Il parto non termina con la nascita del bambino, ma con il secondamento. Che cos’è? L’utero inizierà nuovamente a contrarsi per permettere l’espulsione della placenta, che dovrà essere controllata dall’ostetrica. Quanto tempo ci vuole? Anche in questo caso il corpo si prenderà i suoi tempi e se non c’è perdita di sangue, bisogna aspettare un po'(mediamente 30 minuti). L’attacco precoce al seno può favorire le contrazioni dell’utero e quindi rendere il secondamento più veloce. L’ostetrica può, anche, intervenire con la somministrazione di una dose di ossitocina per favorire la contrazione dell’utero e la corretta formazione del globo di sicurezza (la forma che assume l'utero dopo la fuoriuscita del bambino).

Se il secondamento fisiologico non avviene, si interviene manualmente con una pressione sulla pancia, la cosiddetta manovra di “Brandt-Andrews”. In che cosa consiste? Con la mano destra si spinge l’utero in alto e all’indietro, mentre con la sinistra si afferra il funicolo e si esegue una lieve contro-trazione del cordone ombelicale. È una manovra collaudata, ma ha dei rischi, ovvero, la ritenzione placentare, che si verifica quando le membrane fetali non vengono espulse completamente, e l’atonia uterina con la conseguenza di una perdita ematica importante. In questi casi, il ginecologo dovrà procedere chirurgicamente.

Una volta espulsa la placenta in modo naturale, come abbiamo anticipato, l’ostetrica ne controllerà l’integrità. Nel caso non fosse completa si dovrà procedere, dopo sedazione della paziente al raschiamento delle pareti interne dell’utero.

Insomma, per far nasce un bambino e soprattutto superare le fasi del parto ci vuole almeno una giornata, soprattutto al primo parto. Cerchiamo di vivere questo momento con serenità, perché è vero, le contrazioni fanno male, ma la nascita del proprio bambino è anche un’esperienza quasi magica.

Fonti mediche
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