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28 Dicembre 2023
9:00

Adottare un bambino da single in Italia: le regole e perché abbiamo un problema etico e sociale

La normativa sulle adozioni sembra prediligere, ancora una volta, il solo modello di famiglia tradizionale. Ma un single in Italia può adottare un bambino? In quali casi è possibile e con quali requisiti?

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Adottare un bambino da single in Italia: le regole e perché abbiamo un problema etico e sociale
Giurista, Mediatrice Familiare e Criminologa Clinica
adozioni dei single

L’adozione è quell’istituto giuridico che permette al minore (adottato) di acquisire lo status di figlio nato all’interno del matrimonio degli adottanti, dei quali assume anche il cognome.

In Italia è la legge n. 184 del 1983 a disciplinare l’adozione, che potrà essere nazionale o internazionale, e prevede che possano avervi accesso solo coppie, eterosessuali, unite in matrimonio da almeno 3 anni (considerando anche eventuali anni di convivenza) e tra i quali non ci sia stata separazione nei tre anni precedenti.

Vengono quindi esclusi dalla possibilità di accedere all’adozione tradizionale soggetti single, uniti civilmente e conviventi.

Un single può adottare un bambino in Italia?

Se l’adozione piena, così come disciplinata dall’ordinamento italiano, è accessibile unicamente per le coppie unite in matrimonio, esistono delle forme di adozione percorribili anche per i single.

Si tratta delle c.d. “adozioni in casi particolari”.

L’art. 44 della legge sulle adozioni (n.184/1983) disciplina i casi in cui si possa procedere alle adozioni “in casi particolari”:

  • quando la persona sia unita al minore da un vincolo di parentela fino al sesto grado oppure da un preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un periodo di affidamento (se il minore sia orfano di entrambi i genitori)
  • dal coniuge, nel caso in cui il minore sia figlio (anche adottivo) dell’altro coniuge
  • qualora si tratti di un minore con minorazione fisica, psichica o sensoriale (stabilizzata o progressiva) che sia causa di difficoltà di apprendimento, relazione o integrazione e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione
  • quando vi sia comprovata impossibilità di affidamento preadottivo.

Il terzo comma dell’articolo dispone, chiaramente, che l’adozione in casi particolari possa essere consentita anche a persone non coniugate.

Si può prendere un bambino in affido da single?

Uno dei primi passi che portano all’adozione è l’affido, attraverso il quale si potrebbe realizzare proprio quel legame “stabile e duraturo” col minore che potrebbe essere considerato prevalente rispetto ad altri requisiti nella scelta dell’adottante.

Ma che cos’è l’affido?  Si tratta di una misura temporanea di due anni, con possibilità di rinnovo. Il suo scopo è far mantenere al minore un rapporto con la sua famiglia d’origine, che in quel momento non può prendersi cura di lui. In teoria nel momento in cui la famiglia può fornire al figlio cure adeguate, l’affido viene meno.

Ma non sempre questo avviene.

papà single

Qualora il tribunale accerti che questa non è più in grado di prendersi cura del minore, in via definitiva, può concedere l’adozione al genitore affidatario.

Questi potrebbe essere anche un soggetto single, nel caso in cui (come disciplina l’art. 44) tra i due si sia instaurato un profondo rapporto affettivo, stabile e duraturo.

In questo caso si va a considerare prevalente il diritto del minore a mantenere il legame con una figura di riferimento presso la quale ha già vissuto stabilmente, piuttosto che preferire che venga adottato da una coppia coniugata.

In pratica, quindi, il soggetto single non può fare una richiesta di adozione, ma può rendersi disponibile a un affido che ha normalmente carattere di temporaneità. In alcuni casi, però, tale affido potrebbe diventare definitivo e trasformarsi in adozione, sempre che ne esistano i requisiti necessari.

Adottare un bambino da single all'estero

Come avviene per numerose altre questioni (in primis la gestazione per altri) il fatto che un soggetto non possa adottare in Italia in via diretta, non significa che non possa farlo in un altro paese e chiedere che l’adozione venga poi riconosciuta in Italia.

Anche nel caso di persone single esistono stati esteri nei quali l’adozione diretta di un minore sia permessa e, alla luce di diverse sentenze della giurisprudenza, tra le quali l’importante n.2233/19 del Tribunale per i minorenni di Roma, esiste la possibilità che tale adozione debba essere riconosciuta in Italia.

Non si può, infatti, negare come un minore abbia come diritto primario quello della continuità affettiva con le persone di riferimento.

Qualora, quindi, uno stato conceda l’adozione a un single, applicando metodi di valutazione differenti rispetto a quelli nazionali ma sempre basati su un sistema di valori finalizzato alla tutela del minore, allora l’ordinamento interno non può fare altro che adeguarsi.

I requisiti, quindi, secondo i quali sarà possibile riconoscere un’adozione straniera a favore di un single sono:

  • che nel paese i cui è avvenuta sia espressamente riconosciuta la possibilità per i single di adottare
  • che l’autorità straniera abbia espressamente riconosciuto come l’adozione in questione coincida con l’interesse del minore.

Famiglie tradizionali e non tradizionali sul piano delle adozioni

Alla luce di questa analisi della normativa nazionale sul tema delle adozioni per i single risulta evidente, quindi, come esista anche qui una sorta di corsia preferenziale alla genitorialità per le famiglie tradizionali a scapito di quelle non tradizionali.

Nel percorso delle adozioni non vengono, infatti, esclusi solo single e persone unite civilmente ma anche i semplici conviventi. In una convinzione anacronistica, quanto sbagliata, che l’unica forma di amore genitoriale valido e validabile sia quello fornito da una coppia etero unita in matrimonio.

disuguaglianza
La legge italiana in materia di adozioni comporta ancora oggi un problema di disuguaglianze

Come se questo legame giuridico fosse davvero sintomo di maggiore stabilità e meritevolezza sul fronte genitoriale e affettivo.

Per quanto riguarda i soggetti single l’adozione non è totalmente esclusa, ma sicuramente molto più difficile e limitata dalla legge a pochissimi casi “particolari”.

Il commento

Nella prassi reale questa forma di adozione avviene tendenzialmente in soli due casi specifici: a seguito di un affido, durante il quale si sia creato un legame talmente importante e solido con il minore da renderlo preferibile a una coppia; nei casi in cui il minore sia affetto da una qualche patologia o condizione di minorazione. Il che lo renderebbe, in maniera molto crudele, meno “appetibile” per le coppie coniugate. Le quali potrebbero rifiutarne l’adozione preferendo attendere più tempo, nella speranza di adottare un bambino “sano”.

Questa impostazione giuridica sul tema delle adozioni in merito alle famiglie “non tradizionali” non fa che instaurate un cortocircuito etico e sociale: le persone single vengono considerate genitori non abbastanza meritevoli, a meno che non si tratti di bambini “non desiderati” da altri, allora possono percorrere la via dell’adozione.

Ma solo quando quelle coppie ritenute “migliori” si siano tirate indietro, rifiutandosi di accogliere bambini “imperfetti”. Minori che, sul mercato delle adozioni, diventano quindi una sorta di “premio di consolazione” per genitori considerati dalla legge meno validi di altri.

Una visione orrenda, che comprime ogni diritto civile in gioco, in un contesto che dovrebbe avere come unico scopo quello di garantire al minore un ambiente idoneo in cui crescere e un legame affettivo che lo accompagni lungo il suo sviluppo.

L'attuale sistema delle adozioni crea genitori (e bambini) di serie A e di serie B

La ratio sottesa all’istituto delle adozioni, infatti, non dovrebbe mai essere quello di appagare il desiderio di genitorialità di soggetti che non lo hanno potuto ottenere in altro modo, ma dovrebbe consistere in un atto di solidarietà finalizzato a fornire una famiglia amorevole a un bambino che ne sia sfortunatamente sprovvisto.

Come si può pensare, in questa ottica, di costruire una gerarchia di meritevolezza, in termini di amore genitoriale, basandosi unicamente su requisiti vetusti e inadatti quali i legami giuridici che uniscono la coppia, l’identità di genere o la presenza di un partner?

L’accesso da parte delle famiglie “non tradizionali” alle sole adozioni “in casi particolari” non fa che rimarcare questa discriminazione, che vuole differenziare tra genitori di serie A e genitori di serie B. Dove questi genitori considerati “inferiori” non possono che sperare di ottenere un affido che possa poi portare alla costruzione di un legame; oppure ottenere l’adozione di un bambino “sgradito” alle famiglie tradizionali.

Come se, anche lì, il diritto del minore a una famiglia fosse suscettibile a modifiche in base alle sue “qualità” come bambino più o meno appetibile.

Aprire l’accesso al percorso dell’adozione a tutte le famiglie che desiderino donare una casa amorevole a un minore, riposizionandola finalmente nel suo originario ruolo di atto solidaristico, significherebbe smettere di comprimere non solo i diritti dei potenziali genitori ma, soprattutto, quelli dei minori coinvolti.

Bambini che avrebbero diritto a una famiglia accogliente e idonea, non al modello assoluto e univoco di coppia etero e sposata. In una visione così anacronistica del legame familiare da risultare stridente con le reali necessità di migliaia di bambini in stato di adottabilità.

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