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2 Marzo 2023
12:00

Blastocisti: ecco com’è l’embrione al quinto giorno e come avviene il transfer nella PMA

La blastocisti è lo stadio raggiunto dall’embrione dopo circa 5-6 giorni dalla fecondazione, quando è in grado d’impiantarsi nell’utero. Ecco quando si forma, quali sono le sue caratteristiche e il ruolo (importantissimo) nelle tecniche di PMA.

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Blastocisti: ecco com’è l’embrione al quinto giorno e come avviene il transfer nella PMA
Blastocisti

Quando si decide di ricorrere ad una tecnica di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), con il transfer in utero per favorire l’impianto dell’ovulo fecondato o, più semplicemente, ci si vuole informare sull’affascinante mondo della riproduzione umana, prima o poi ci si imbatte in una strana parola – blastocisti – che a molti evoca solo qualche ricordo sbiadito delle ore di biologia alle superiori.

In realtà questo termine rappresenta un “mattoncino” molto importante per la gravidanza, in quanto descrive un gruppo di cellule che, dopo la fecondazione dell’ovocita, circa 5-6 giorni dopo il concepimento raggiunge un livello di maturità tale da potersi insediare nell’utero e trasformarsi giorno dopo giorno in un feto.

Insomma, lo stadio di blastocisti è una tappa decisiva sulla strada verso la nascita di nostro figlio. Non a caso questo livello di sviluppo dell'embrione ricopre un ruolo fondamentale nei vari procedimenti di fecondazione assistita.

Cosa sono le blastocisti

Per blastocisti s’intende lo stadio avanzato dell’embrione che si raggiunge dopo 5-6 giorni dal concepimento, che innesca le divisioni cellulari dopo l’avvenuta fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo. La blastocisti è infatti un ammasso corposo di cellule disposte attorno ad una cavità centrale piena di liquido, che viene chiamata blastocele.

Il raggiungimento di questa fase è decisivo, poiché è proprio quando l’embrione diventa una blastocisti che può avvenire l’impianto, ossia l’attaccamento alla parete dell’utero che, quando va a buon fine, pone inizio alla gravidanza.

Blastocisti e fasi di sviluppo dell'embrione

Il raggiungimento di questa fase è decisivo, poiché è proprio quando l’embrione diventa una blastocisti che può avvenire l’impianto, ossia l’attaccamento alla parete dell’utero che, quando va a buon fine, pone inizio alla gravidanza.

Stadi di sviluppo dell’embrione

L’incontro tra gamete maschile e il gamete femminile genera uno zigote, la primissima cellula contenente il patrimonio genetico di entrambi i genitori. Già dal secondo giorno, questa cellula inizia a dividersi, dando vita a piccoli gruppi cellulari – chiamati blastomeri – che accrescono la massa dell'embrione. Dal terzo/quarto giorno, l’embrione conta già dalle 16 alle 64 cellule e si parla di morula, un aggregato più compatto di cellule che continuano a moltiplicarsi. Intorno al quinto/sesto giorno poi, l’embrione giunge finalmente allo stadio di blastocisti.

Riassumendo, le fasi di sviluppo dell’embrione sono:

  • Zigote: dalla cellula primaria originata circa 24 ore dopo la fecondazione, iniziano le divisioni che portano 2/4 cellule a diventare 6-12 nel giro di tre giorni
  • Morula: dal terzo/quarto giorno le cellule contano un numero che va da 16 a 64 e iniziano a compattarsi fino a non poter essere più distinte (o contate)
  • Blastocisti: al quinto/sesto giorno il “grumo” di cellule può impiantarsi nell’utero
Formazione di una blastocisti
Le fasi di sviluppo: dall’ovulo fecondato alla blastocisti, fino alla formazione dell’embrione.

Il transfer di blastocisti

Quando si ricorre alle tecniche di PMA come la FIVET (Fecondazione in vitro embryo transfer), la fecondazione degli ovociti avviene in laboratorio, sulle piastrine di coltura. Se gli ovociti maturano e dopo cinque o sei giorni riescono a raggiungere lo stadio di blastocisti, allora si procede al trasferimento (transfer) in utero.

Questa procedura prevede l’utilizzo di un piccolo catetere per depositare l’embrione nell’utero per via vaginale.

Dopo quanto tempo attecchisce la blastocisti?

Una volta inserita la blastocisti nell’utero, questa impiega 4 o 5 giorni per impiantarsi del tutto. In questo arco di tempo, la blastocisti inizia a schiudersi, andando gradualmente a perdere la membrana (zona pellucida) che lo riveste. A questo punto, l’embrione “svestito” inizia ad interagire con l’endometrio, il tessuto che riveste l’utero, e quindi con il corpo materno, innescando una serie di reazioni ormonali che preparano il corpo della futura mamma ai nove mesi di gestazione.

Perché fare transfer di blastocisti?

Il passaggio dal vitro all’utero può avvenire già 2/3 giorni dopo il prelievo ovocitario ma oggi, in presenza di diagnosi favorevoli, si preferisce sempre più attendere il quinto o sesto giorno, poiché il transfer della blastocisti presenta diversi vantaggi:

  • Presenta maggiori possibilità che il processo riesca (la blastocisti attecchisce con una probabilità superiore al 50%): la probabilità che la fecondazione in vitro vada a buon fine rimane comunque in media del 20-25% a ciclo iniziato anche se dipende in modo sostanziale da molti fattori
  • Dopo 5/6 giorni gli embrioni con difetti e che non riescono a svilupparsi sono già stati individuati e scartati
  • Ambiente uterino particolarmente adatto: il quinto giorno le condizioni dell'utero sono particolarmente favorevoli all’impianto

Ad ogni modo, la decisione della tempistica varia a seconda dei differenti quadri clinici, della paziente, del numero e della qualità degli embrioni ottenuti e delle circostanze mediche specifiche di ogni caso.

Inoltre, il transfer di blastocisti NON garantisce una gravidanza, così come non assicura la “salute genetica" dell’embrione, visto che anche gli aggregati cellulari con cromosomi difettosi possono diventare blastocisti.

Blatsocisti PMA

Quando si consiglia il trasferimento di blastocisti?

La procedura è particolarmente indicata in presenza di tentativi pregressi di fecondazione assistite poi fallite, ma vi sono anche altri scenari:

  • Quando la coppia vuole sottoporre l’embrione ad un’indagine genetica pre-impianto (GDP) per individuare la presenza di eventuali anomalie genetiche
  • Quando dopo due/tre giorni si formano in laboratorio un buon numero di embrioni con le giuste caratteristiche per svilupparsi con successo. In questo caso attendere la formazione della blastocisti favorisce una sorta di auto-selezione tra gli embrioni di maggiore qualità.

Quante blastocisti trasferire?

Proprio perché il transfer di blastocisti comporta maggiori probabilità di successo, si può procedere ad impiantare due embrioni, o molto più frequentemente uno solo, riducendo così le probabilità di gravidanze multiple, statisticamente più esposte a complicanze. Anche trasferendo una sola blastocisti non si intaccano le possibilità di successo.

Le gestazioni plurime infatti espongono la madre a rischi maggiori. Per non parlare poi dell’aspetto pratico: al momento della decisione di ricorrere alla procreazione assistita, infatti, quella di crescere dei gemelli è un’opzione che non sempre rientra nei piani di molte coppie.

E se il transfer va male?

Come già accennato, non tutte le procedure di transfer di embrioni o blastocisti si concludono con un esito positivo. In questi casi non serve disperarsi, soprattutto se si è al primo tentativo, ma si può indagare sulle cause del fallimento (infiammazioni in corso, errata tempistica della procedura, scarso numero di ovociti ecc…) e provarci ancora.

Qualora poi anche i successivi andassero avuto o non si volesse più insistere a percorrere questa strada, esistono anche delle alternative:

  • Embrioadozione: ossia il ricorso ad embrioni congelati donati da coppie che a loro volta hanno aderito a tecniche di fecondazione assistita (questa opzione non è però prevista dalla legge italiana)
  • Doppia eterologa: il trattamento di PMA in cui entrambi i gameti provengono da persone esterne alla coppia
  • Adozione: una scelta d’amore altruista che travalica i confini del legame genetico
Fonti mediche
ISS
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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