
«No, non sono stato un eroe. Ho solo fatto, nel miglior modo possibile, il mio dovere, di medico e cittadino».
Inizia così la lunga e toccante lettera che il pediatra Giorgio Cuffaro ha dedicato al piccolo Leonardo, il bambino di appena due anni che scomparso qualche giorno fa in seguito ai traumi riportati in un incidente stradale occorso nella provincia di Treviso la scorsa Pasqua.
Il medico, attivo professionalmente nella zona di Pordenone, si trovava per caso sul luogo dove l'auto guidata dal papà del bambino si era appena scontrata con un altro mezzo – probabilmente a causa del maltempo e di una distrazione di uno dei due conducenti – ed era intervenuto immediatamente per cercare di rianimare il piccolo.
«Quando ho capito che non respiravi e il tuo cuore non batteva, ti ho preso in braccio, messo in sicurezza, valutato rapidamente e iniziato a massaggiare e ventilare senza perdere un istante, come da linee guida – racconta Cuffaro nel post sulla propria pagina Facebook – Il tuo papà mi ha detto che erano passati solo pochi secondi dall'incidente. Che fortuna!, ho pensato. Ero fiducioso».
Il soccorso tempestivo del pediatra era riuscito a far ripartire il cuore di Leonardo. Dopo la corsa in ospedale però, il quadro clinico ha cominciato nuovamente ad aggravarsi fino al decesso, avvenuto lo scorso 8 maggio.
Una notizia terribile, che ha profondamente toccato il medico, tanto da spingerlo a scrivere un'ultima lettera di saluto al suo piccolo paziente.
«In quel momento eri improvvisamente diventato un mio paziente, anzi, IL mio paziente ed io il tuo pediatra. E ai miei pazienti, credimi, cerco sempre di dare il meglio – scrive – A dire il vero eri un po' paziente e un po' figlio perché coi miei pazienti, in genere, non mi viene da piangere quando mi prendo cura di loro e con te, a tratti, dovevo trattenere le lacrime e concentrarmi su ciò che dovevo fare, perché andava fatto subito e bene, e così è stato.
Insieme alla descrizione dei concitati momenti del soccorso, Cuffaro ricorda anche il fugace momento in cui aveva detto al padre del bimbo di prendere la mano del figliolettto, un gesto di vicinanza che in quel momento sembrava poter fare tutta la differenza del mondo
«So che ne aveva bisogno, ne avevate bisogno, ne avevamo bisogno. Ci siamo fatti forza a vicenda fino all'arrivo dell'ambulanza».
Nè l'amore di papà, né le cure del pediatra e dei medici del reparto di Terapia Intensiva di Treviso hanno però potuto scongiurare l'inevitabile. Le ferite riportate erano troppo gravi per poter salvare Leonardo.
«Non sai cosa avrei dato per salvarti per davvero e un giorno, magari, sì, poterti abbracciare. O guardarti giocare, correre, saltare, anche solo in silenzio e da lontano» conclude amaro Cuffaro, che però nel suo accorato messaggio riserva un'ultima riflessione rivolta agli addetti dell'informazione – «La notizia è trapelata, come anche le tue foto (non sempre oscurate), il tuo nome e il tuo cognome. Che fosse proprio necessario?» – e a chi potrebbe fare qualcosa perché tragedie simili diventino sempre più rare.
«Ora spero proprio vi lascino in pace. E che i nostri politici, nei loro programmi acchiappa-like, trovino spazio per rendere i corsi di primo soccorso obbligatori e capillari, dalle scuole medie inferiori in poi».