video suggerito
video suggerito
5 Febbraio 2024
10:00

Cosa fare se mio figlio non mi parla?

In adolescenza è normale che tra figli e genitori si instaurino alcune difficoltà comunicative. I ragazzi si chiudono a riccio, non si sentono capiti o veramente ascolati. Ecco come agire per migliorare la comunicazione e quando chiedere aiuto a uno specialista.

12 condivisioni
Cosa fare se mio figlio non mi parla?
Pedagogista
cosa fare se nostro figlio non ci parla

Molte delle difficoltà che i genitori di figli adolescenti hanno, sono legate alla sfera della comunicazione. Figli che non raccontano nulla di sé, silenziosi, taciturni e alle volte anche reattivi quando un genitore prova a insistere. Spesso a alla domanda "Cos'hai fatto oggi a scuola?" si riceve un innervosito e stizzito "Niente!" con annesso sbuffamento e sguardo alterato. Questo perché soprattutto nel delicato periodo adolescenziale, i ragazzi stanno cercando di capire loro stessi e temono il giudizio altrui, la mancanza di empatia, o di fiducia, anche da parte dei loro genitori.

L'unica cosa da fare è cercare di comprendere il motivo del silenzio dei figli, cercando di mettersi in ascolto, anche indagando su quali errori noi per primi commettiamo nel tentativo di comunicare con i nostri figli.

Perché mio figlio non mi parla?

Anzitutto è bene sottolineare che non si tratta di una condizione generale. Stiamo parlando di una situazione che può presentarsi in una famiglia comune così come può non presentarsi.

Non si può evidentemente individuare una sola motivazione. Mancanza di fiducia, di empatia, timore di essere giudicato sono solo alcuni e generici motivi per cui può presentarsi una fatica nella comunicazione genitori/figli.

Di certo, quando questa difficoltà comunicativa si presenta, la domanda ricorrente è "Perché? Cosa faccio di male?". Se anche qualcuno di voi se lo stesse chiedendo, si rassereni all'idea che è la domanda più naturale e spontanea che un genitore possa farsi e che anche semplicemente chiederselo significa essere alla ricerca di un modo per far sì che vostro figlio non vi lasci fuori dalla porta del suo mondo.

Quando la risposta a questa domanda può sembrare inesistente, è molto utile farsi aiutare da un parere esterno che aiuti a rendere più oggettiva la situazione e soprattutto le modalità di interazione.

Figli adolescenti che non parlano con i genitori

Lo abbiamo già detto, l'adolescenza è un periodo complesso. I nostri figli cercano l'indipendenza, ma non hanno ancora le abilità per essere davvero autonomi; cercano l'autonomia emotiva, ma non hanno ancora la maturità necessaria; cercano e desiderano un'immagine di sé che molto spesso cambia continuamente.

I motivi per cui un figlio adolescente potrebbe dunque decidere di non parlare con i genitori sono svariati, magari si sente ancora trattato come un bambino, giudicato o rimproverato ingiustamente quando sta semplicemente cercando di esternare le sue emozioni. Potrebbe anche sentire un po' sminuiti i suoi problemi, quando li racconta, oppure semplicemente desidera avere la propria privacy e gestire senza il supporto dei genitori alcune situazioni che lo riguardano.

adolescente

Insomma, essere genitori di un figlio adolescente può essere una sfida dura anche perché è proprio in questa fase che i ragazzi tendono a chiudersi a riccio, non riuscendo a comprendersi per primi, faticano dunque a comunicare con i loro genitori. Ciò che serve è trovare la chiave comunicativa corretta per avvicinarsi ai loro dubbi e al loro mondo, senza risultare pressanti o giudicanti.

Quando preoccuparsi se un figlio non ti racconta nulla?

Per quando stiamo "normalizzando" il silenzio di un figlio adolescente con i genitori, ci sono delle situazioni in cui questo può diventare un fattore di rischio su cui è necessario intervenire.

Come mi capita spesso di dire, l'importante per un figlio è che quando gli sfugge una situazione di mano, torni a casa a raccontarlo e a chiedere aiuto. Se ci accorgiamo che nostro figlio non solo non ci parla, ma non ci chiede mai aiuto, allora è bene avere cura di capire se ci sia qualcosa per cui potrebbe essere necessario intervenire.

In questo caso il silenzio non è più un disallineamento normale e passeggero, ma uno strumento di difesa verso una possibile indagine da parte dei genitori.

Cosa fare quando un figlio ti ignora?

Per prima cosa dobbiamo domandarci perché nostro figlio non ci parla, indagandone le cause. In secondo luogo dobbiamo capire se ci sono altri atteggiamenti connessi a questo suo ignorarci, domandandoci in che modo decide di non curarsi di noi. Se a queste domande non troviamo risposta, allora può valere la pena di chiedere il supporto di un professionista. Se invece riusciamo a darci delle risposte, allora è verosimile che siamo di fronte a una fisiologica reazione di un figlio alle seguenti dinamiche, sulle quali bisogna agire, per migliorare la comunicazione:

  • Ascolto parziale o superficiale: capita alle volte che i figli rinuncino a un dialogo perché da parte dei genitori non c'è stato il passaggio di stile comunicativo dall'infanzia all'adolescenza. Ne risulta così un ascolto poco accogliente. Serve dunque cercare di modulare il modo di comunicare, in base all'età del ragazzo.
  • Eccessivo giudizio: in un'età in cui il giudizio è un tema molto sensibile, è bene stare attenti a non stroncare i ragazzi con commenti che mortifichino la loro morale ed emotività.
  • Empatia: capita che i genitori non riconoscano come importanti alcune sfide che l'adolescente conduce e che reagiscano quindi con scarsa empatia ad alcune dinamiche che lo riguardano.
  • Privacy: è un tema delicato e un equilibrio che richiede costanti negoziazioni. Per un adolescente è molto importante avere la propria area di privacy, cioè la propria area di azione senza il controllo dei genitori. In questa fase è necessario non essere invadenti, per evitare di erodere la fiducia reciproca.

Come comunicare con un figlio adolescente

La risposta a questa domanda è la medesima che si tratti di un figlio adolescente o meno. Ciò che spesso ci si dimentica è che la comunicazione ha sempre un obiettivo. Quando questo non è chiaro, allora si creano delle disconnessioni che alla lunga possono essere difficili da riconnettere.

genitori e adolescenti

Se un figlio mi racconta che ha preso 4 in matematica e che è dispiaciuto e vuole recuperare, non ci sta veramente tenendo al corrente della sua situazione scolastica, ma ci sta comunicando il suo mondo interno. Sta dicendo che ha subito una sconfitta e che è emotivamente turbato, ma che nonostante questo vuole conferma di avere le risorse di poter recuperare.

Una volta chiarito l'obiettivo principale della comunicazione, si deve cercare di modulare il proprio linguaggio in modo da non fare i seguenti errori:

  • essere giudicanti: i ragazzi vogliono essere ascoltati, anche quando raccontano i loro sbagli, possiamo cercare di dire loro quale secondo noi è la scelta migliore, senza mai però giudicarli, altrimenti otterremo solo il silenzio.
  • porre noi al centro: «Io alla tua età…» è una frase che non ha valore, dal momento che nostro figlio sta vivendo il qui e ora, non è paragonabile la sua vita e il modello educativo che gli abbiamo impartito a quello che ci davano i nostri genitori.
  • svalutare i loro problemi: i ragazzi vivono forti emozioni e situazioni del tutto nuove durante l'adolescenza, sminuire i loro problemi servirà solo a farli ammutolire.
  • rimproverarli: sgridare un ragazzo adolescente come fosse un bambino, non è la scelta più corretta, anzi li farà sentire giudicati e non trattati come vorrebbero.
  • avere fretta: è semplice capire quando un interlocutore non ha davvero voglia di ascoltarci, quindi quando i ragazzi si aprono dedichiamogli davvero del tempo di qualità.
  • non rispettare i silenzi: tutto è comunicazione, anche un silenzio, se di qualcosa i ragazzi non vogliono parlare, lasciamo che rielaborino in autonomia le loro emozioni.
Avatar utente
Luca Frusciello
Pedagogista
Dopo gli studi superiori, mi laureo in Educazione Professionale. Mentre approfondisco le tematiche pedagogiche in percorsi universitari e formativi extra-universitari, progetto e realizzo interventi educativi finalizzati allo sviluppo globale della persona. Successivamente conseguo il titolo di Pedagogista Clinico® che aggiunge alla mia professionalità le basi scientifiche trasversali per interventi basati su metodi e tecniche proprie della disciplina, finalizzate alla comprensione dei processi che muovono l’individuo senza concentrarsi sui disturbi e le incapacità, ma attivando Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Attraverso modalità, metodi e tecniche esclusivamente educative mi rivolgo a persone di ogni età, concentrandomi sulle capacità individuali e sociali. Grazie ad un approccio non curativo né correttivo, si favorisce la persona nel trovare le proprie risorse adattive, agendo interventi educativi specialistici. Visione, questa, che permette di accogliere, analizzare e associare ogni orientamento verso l’evoluzione e il cambiamento.
Sfondo autopromo
Famiglia significa NOI
api url views