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La crisi globale sul cambiamento climatico ci pone di fronte a interrogativi sempre più profondi sulle nostre scelte di vita, sui nostri figli e sul nostro futuro.
É in effetti qualcosa di estremamente rilevante dal punto di vista evolutivo: c'è chi parla di estinzione della specie, chi vive in prima persona disastri naturali sempre più frequenti e chi vede, nemmeno tanto lentamente, scomparire il proprio ambiente di origine in alcune zone del Pianeta.
Nell'estremo tentativo di fare qualcosa di incisivo per la crisi climatica e di stimolare una risposta da parte dei governi, alcune persone stanno scegliendo di non fare figli: é il caso del cosiddetto Birthstrike Movement.
Rinunciare ai figli per l'ambiente
Al di là di questo movimento radicale, capita sempre più spesso di sentire giovani combattuti quando si parla di mettere su famiglia, in bilico tra il desiderio di avere una famiglia e gli interrogativi che si affacciano alla mente: sarebbe una scelta egoista? Che prospettive di vita avrebbero i miei figli?
Si tratta di una scelta piuttosto rilevante sul piano psicologico in quanto non stiamo parlando di persone che non desiderano avere figli ma di giovani che pur desiderandoli o pur avendoli un tempo desiderati vi rinunciano per uno scopo che è diventato più urgente: la difesa del pianeta e della sopravvivenza.
Cosa muove un birth striker?
Gli scopi sono ciò che ogni giorno orienta le nostre azioni e secondo la prospettiva cognitivista sono organizzati in un'architettura gerarchica e hanno pesi diversi. In questo caso è possibile che la percezione di una minaccia estrema alla sopravvivenza porti a riconsiderare il peso dei diversi scopi di vita che fino a quel momento ci hanno guidato.
La crisi climatica globale può essere percepita come una minaccia ad alcuni dei bisogni fondamentali dell'uomo come la prevedibilita, il senso di avere un certo controllo sulle cose.
Questa minaccia innecsa di solito uno stato di attivazione ansiosa a livello individuale che può motivare ad attivarsi con comportamenti ambientalistici, attivismo (Stollberg & Jonas, 2021) e anche soluzioni estreme che sovvertono alcune scelte di vita come quella di costruire una famiglia per recuperare un minimo senso di padronanza e controllo sulla minaccia appunto.
Secondo un'importante studio pubblicato su Lancet infatti, esiste una correlazione tra eco-ansia e scelte riproduttive (Marks E. et al. 2021).
Di fronte a eventi atmosferici imprevedibili, scarsa risposta collettiva e governativa e alla sensazione di non poter fare abbastanza individualmente per rallentare la crisi, talvolta la presa di posizione estrema può sembrare l'unica alternativa all'impotenza e alla cosiddetta hopelessness.
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Lo spiraglio della speranza
In ogni momento di crisi tuttavia é importante anche cercare di rimanere in contatto con il momento presente: una certa dose di allerta e uno sguardo verso il futuro sono fondamentali per alimentare i comportamenti pro-ambientali e fronteggiare la crisi ma non devono inghiottirci.
Apprezzare quello di buono che ancora ci circonda ogni giorno e provare a mantenere uno sguardo aperto sul futuro documentandoci ad esempio non solo sugli aspetti critici ma anche su quante innovazioni green le giovani menti stanno partorendo e su implementazioni virtuose in giro per il pianeta può aiutarci ad attraversare meglio questo momento critico e anche a non rinunciare drasticamente a desideri e progetti di vita personali come può essere la genitorialità.
