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1 Marzo 2023
14:00

In Toscana nidi gratis per 10.000 famiglie, ma l’Italia è ancora al di sotto del target UE

Da settembre Regione Toscana garantirà uno sconto sulla retta dell'asilo nido a una platea più nutrita di famiglie residenti. La regione del Centro Italia è una delle mosche bianche nel panorama nazionale dei servizi per la prima infanzia: 11 regioni su 20 sfiorano o sono ampiamente al di sotto del target UE per numero di posti nido. Ne abbiamo parlato con la Presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia.

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In Toscana nidi gratis per 10.000 famiglie, ma l’Italia è ancora al di sotto del target UE
In collaborazione con la Dott.ssa Antonia Labonia
Pedagogista e Presidente Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
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In un Paese, l’Italia, che rappresenta il fanalino di coda dell’Europa in termini di sostegno alla genitorialità, spicca l’iniziativa della Toscana, che da settembre aprirà gratuitamente a 10.000 famiglie le porte degli asili nido della Regione, la quarta più attenta, a livello nazionale, ai servizi per la prima infanzia.

Un progetto, quello di Regione Toscana, che contribuisce a «favorire una più ampia accessibilità ai servizi educativi non solo dal punto di vista quantitativo ma anche economico» ha commentato a Wamily la pedagogista Antonia Labonia, Presidente Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia.

Nidi gratis in Toscana

Si chiama "Nidi gratis" il progetto ideato da Regione Toscana per allargare il bacino d’utenza dei bambini che, a partire da settembre 2023, potranno accedere ai nidi e ai servizi educativi 0-3 anni. Nidi pubblici e privati accreditati, spazi gioco, servizi educativi in contesti familiari diventeranno gratuiti per 10.000 famiglie, a patto che risiedano in Toscana e abbiano dichiarato un Isee inferiore ai 35.000 euro. L’iniziativa sarà finanziata per la maggior parte dal nuovo Fondo sociale europeo, con un investimento di 233 milioni di euro fino al 2027, e per il restante 18% dalla Regione.

Nidi gratis funziona come integrazione del Bonus nidi che dal 2017 l’Inps eroga alle famiglie con un reddito inferiore ai 35.000 euro. Il contributo economico offerto dalla Regione si aggiunge allo sconto già elargito dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con la differenza sostanziale che il sostegno regionale sarà anticipato ai genitori, e non rimborsato in un secondo momento. Per chi non usufruisce ancora del Bonus nidi dell’Inps, Nidi gratis coprirà l’intera quota mensile, fino a una retta annuale massima di 5.800 euro.

«È necessario favorire l’accessibilità ai servizi, non solo dal punto di vista quantitativo (occorrono più posti nido, soprattutto al Sud Italia e in zone periferiche) ma anche economico, intervenendo sul costo delle rette, con un pagamento esiguo che possa andare col tempo verso una gratuità. – ha dichiarato a Wamily la dott.ssa Labonia – Iniziative come quella della Toscana volte ad azzerare o ridurre le rette per le famiglie con un reddito più basso sono azioni che vanno in questa direzione».

«Noi come Associazione crediamo che il servizio vada offerto al 100% dei bambini – continua la Presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia – in modo che tutte le famiglie abbiano la possibilità di portare i figli al nido gratis senza dover seguire graduatorie. Sappiamo che non è facile e che misure del genere prevedono tempi lunghi, ma auspichiamo che ci si incammini per questa strada, garantendo un’offerta più ampia e, allo stesso tempo, qualitativamente eccellente alle famiglie».

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L'Italia e l'(in)arrivabile target europeo 

L’Italia è fra gli ultimi Paesi in Europa per quantità di nidi in rapporto al numero dei suoi piccoli residenti, con un’offerta media di 27,2 posti disponibili all’anno su un totale di 100 bambini residenti nello Stivale. Peggio di lei, si riconfermano solo Repubblica Ceca, Romania, Croazia, Bulgaria e Austria, secondo il rapporto Eurostat del 2019.

Eppure, sono trascorsi ben ventun anni da quando il Consiglio europeo di Barcellona aveva fissato al 33% l’obiettivo UE di copertura dei posti nei nidi rispetto al numero di bambini 0-3 anni, da raggiungere entro il 2010. Un traguardo ambizioso che era stato addirittura introdotto nella normativa nazionale. Il decreto 65 del 2017 all’articolo 4, infatti, recita:

il   progressivo consolidamento, ampliamento, nonché l'accessibilità dei  servizi  educativi   per   l'infanzia, anche attraverso  un  loro  riequilibrio  territoriale, con   l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura  della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale (Decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 65, art. 4)

Nazioni come la Danimarca e la Finlandia hanno ampiamente superato da tempo quel 33%: i Paesi del Nord Europa oggi garantiscono l’accesso ai servizi per la prima infanzia fino al 66% delle famiglie, con una copertura più che doppia rispetto all’Italia.

«Abbiamo una grande diversità dei territori. – commenta la dott.ssa Labonia – Mentre il Centro Nord è più vicino al precedente obiettivo europeo del 33%, tutte le regioni del Sud sono molto distanti da questo, e anche alcune aree periferiche del Paese non offrono servizi educativi in numero adeguato per quella che è la popolazione infantile. Questo comporta che non tutte le famiglie possono accedere ai nidi».

Il nuovo obiettivo europeo per la copertura dei nidi è al 45%: l'Italia è al 27,2%

A novembre 2022 il Consiglio europeo ha alzato di nuovo l’asticella, fissando il nuovo obiettivo per la copertura dei nidi al 45%. L’Italia, già indietro sul precedente target, è costretta a scaldare i motori e accelerare sul fronte dei servizi della fascia d’età 0-3 anni, se vuole reggere il passo dell'Europa.

Ecco perché l’iniziativa nata in Toscana e annunciata dal Presidente della Regione Eugenio Giani è una notizia che non ha lasciato indifferenti i genitori, in un Paese in cui i benefici per l’infanzia sono una rarità e i servizi educativi per gli 0-3 sono concepiti come un privilegio accessibile quasi esclusivamente a una sparuta élite di benestanti.

«Noi siamo a livello nazionale ancora lontani da quel 33% che era l’obiettivo del 2010 – continua la pedagogista – e distanti dal nuovo obiettivo del 45%. Questo significa che le politiche da mettere in atto devono mettere al centro questi servizi per il benessere dei bambini, dei genitori e dell'intera comunità».

La Toscana, tra l’altro, è già una delle regioni che, a livello nazionale, vanta i numeri più rincuoranti nel panorama dei servizi infantili. È al quarto posto per numero di posti disponibili nei nidi del territorio, con una copertura del 37,6%, superando la soglia europea stabilita nel 2002. La precedono Umbria (44%), Emilia Romagna (40,7%) e Valle d’Aosta (40,6%). La percentuale precipita drasticamente nel Mezzogiorno, dove, in Calabria, addirittura meno di 12 bambini su 100 sono accettati in una struttura per la prima infanzia.

La Calabria è l'ultima regione italiana per disponibilità di posti nido

Ovviamente, i dati, presentati nel Report Istat del 2022 sugli asili nido, riferendosi all’anno educativo 2020/2021 non tengono conto delle nuove misure introdotte dalle Leggi di Bilancio per il 2021 (178/2020) e per il 2022 (234/2021) e delle ingenti risorse stanziate dal PNRR per l’ampliamento dei servizi educativi da 0 a sei anni.

«Il problema del numero di strutture può essere superato grazie ai finanziamenti del Pnrr e quelli del Piano Nazionale Infanzia – spiega la pedagogista Labonia – La criticità maggiore è la gestione del servizio: posso costruire e arredare il nido, ma poi deve funzionare».

Perché investire sugli asili dovrebbe essere una priorità?

Il nido – oltre a essere uno spazio edificante per i più piccoli, che lì intraprendono un percorso pedagogico sotto la supervisione di educatori formati e in compagnia di teneri coetanei – è un servizio essenziale per le famiglie, alla base della conciliazione fra vita professionale e domestica.

«L’importanza dei nidi a livello scientifico dopo 50 anni di storia è acclarata – commenta la dott.ssa – è un'opportunità di sostegno delle famiglie nel ruolo genitoriale e di sviluppo delle potenzialità dei bimbi, ma è anche quel luogo dove si può intervenire su discriminazioni e disuguaglianze, in un momento in cui la povertà educativa ed economica nel nostro Paese, a seguito anche della pandemia, ha raggiunto livelli preoccupanti».

Il nido offre un sostegno alla crescita del bambino e alla famiglia nel ruolo genitoriale e favorisce la conciliazione lavoro-famiglia

«Altro aspetto importante è che il nido favorisce i tempi di conciliazione tra attività lavorativa e tempi di cura del bambino e aumenta la possibilità per le donne di entrare nel mercato del lavoro. Ricordiamoci che nel nostro Paese una donna su tre lascia il posto di lavoro perché le condizioni lavorative non permettono di conciliare l’attività professionale con quella di cura e assistenza».

I numeri parlano chiaro: i posti disponibili nei nidi dello Stivale sono limitati (e dispensati con il contagocce, specialmente nelle regioni del Mezzogiorno), i costi delle rette mensili sono onerosi non solo per il ceto più basso della società ma anche per la classe media, e i criteri secondo cui sono stilate le graduatorie d’accesso presentano criticità e incoerenze di fondo.

Due, in particolare, sono i nodi cruciali: le spese, che gli enti locali faticano a sostenere, e la carenza di personale qualificato.

Il rischio è che nascano strutture senza sufficienti professionisti qualificati all'interno

«In previsione di quello che è stato emesso in campo dal Pnrr nel giro di 3-4 anni avremo bisogno di 32.000 educatori per la prima infanzia – conclude Labonia – una cifra che, con gli iscritti attuali ai corsi di laurea, non riusciremmo a coprire. Quella dell'educatore è ormai una professione poco attrattiva a causa della variabilità contrattuale e stipendiale e a causa di una scarsa considerazione sociale della professione. Il rischio è che nel giro di qualche anno si vada incontro a strutture belle e nuove ma vuote per mancanza di professionisti».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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