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2 Aprile 2024
9:00

La sterilizzazione femminile e maschile: chiusura delle tube e vasectomia come mezzo di “controllo delle nascite”

Anche se in Italia la sterilizzazione delle tube è una pratica poco diffusa, si tratta del metodo contraccettivo più utilizzato al mondo. Da anni cresce l’interesse pure per la sterilizzazione maschile (o vasectomia): negli Stati Uniti dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade sull’accesso costituzionale all’aborto le ricerche su Google sulla vasectomia sono cresciute del 121%.

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La sterilizzazione femminile e maschile: chiusura delle tube e vasectomia come mezzo di “controllo delle nascite”
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La sterilizzazione è uno dei più comuni metodi di contraccezione, a cui sono ricorsi 180 milioni di donne e 43 milioni di uomini a livello globale, anche se è meno praticata in Italia rispetto all’estero. È definita pure un mezzo di «controllo delle nascite» e di «pianificazione familiare». Nel caso delle donne consiste nella sterilizzazione tubarica (comunemente nota come chiusura, legatura o rimozione delle tube) mentre per gli uomini la tecnica prevista è la vasectomia. La sterilizzazione femminile, nello specifico, è il metodo contraccettivo più utilizzato al mondo, seguito dal preservativo maschile e dalla spirale. Eppure, in Italia sia la chiusura delle tube che la vasectomia sono pratiche osteggiate, di difficile accesso e poco accettate all’interno della società e degli ambulatori medici.

La sterilizzazione in Italia

Con l’approvazione nel 1978 della Legge 194 sull’aborto fu cancellato il divieto legale alla sterilizzazione in Italia. Prima di allora, il codice Rocco del 1930 puniva con la reclusione da sei mesi a due anni sia l’autore di «atti diretti a rendere il soggetto impotente alla procreazione» che il paziente che si sottoponeva alla sterilizzazione. Dalla legalizzazione della metodologia permanente di contraccezione sono trascorsi quasi 46 anni, ma siamo sicuri che oggi venga garantita?

Innanzitutto in Italia non esistono dati precisi sul fenomeno, che comunque rimane isolato e limitato a casi particolari. Si parla di 10.000 interventi di occlusione tubarica all’anno. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità definisce le tecniche di sterilizzazione femminile e maschile metodi «non consigliabili ai giovani e alle persone che non hanno ancora avuto un figlio» perché «difficilmente reversibili». In più, i costi dell’intervento chirurgico per la vasectomia, a differenza di quelli per la legatura delle tube, non sono coperti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

A novembre 2022 avevano sollevato un vespaio di polemiche le dichiarazioni di Francesca Guacci, la fitness influencer padovana che aveva raccontato in un’intervista a Il Gazzettino di essersi sottoposta a 23 anni a un intervento di salpingectomia bilaterale, cioè di rimozione chirurgica delle tube, per evitare gravidanze indesiderate. Guacci aveva spiegato che un ospedale in provincia di Padova le aveva negato l’operazione, che aveva quindi eseguito nel Veronese.

Nel mondo

Nonostante nei Paesi sviluppati la crescente diffusione della spirale e di impianti sottocutanei a lunga durata d’azione (LARC) ne stia limitando la diffusione, la sterilizzazione femminile continua ad essere il metodo contraccettivo più utilizzato a livello mondiale.

A segnalarlo è un rapporto del 2019 delle Nazioni Unite, che ha stilato un elenco dei metodi più comuni per evitare una gravidanza indesiderata:

  1. Sterilizzazione femminile (riguarda il 24% delle donne che utilizzano un metodo contraccettivo)
  2. Preservativo maschile (21%)
  3. Spirale (17%)
  4. Pillola (16%)
  5. Impianti (10%)
  6. Metodi tradizionali, come il calcolo dei giorni fertili o il coito interrotto (9%)

I dati trovano conferma in un’indagine del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americano: anche negli Stati Uniti il primo metodo contraccettivo è la sterilizzazione femminile, seguita, nell’ordine, da pillola anticoncezionale, LARC (cioè dispositivi intrauterini come la spirale e impianti sottocutanei a lunga durata d’azione), preservativo maschile, vasectomia, coito interrotto, e altro.

È interessante sottolineare come a ricorre alla sterilizzazione siano prevalentemente donne con più di 35 anni, già madri e con almeno tre figli, sposate o conviventi. Le nubili invece prediligono, come primi metodi di prevenzione della gravidanza, il preservativo maschile e la pillola, e solo il 4% di loro, secondo il CDC, a vent’anni sceglie di chiudere le tube.

La sterilizzazione “virale” negli USA

Tra maggio e giugno 2022 i termini “legatura delle tube”, “vasectomia” e le diverse tecniche di sterilizzazione permanente diventarono virali sul web negli Stati Uniti, e le ricerche su Google della «vasectomia» subirono un’impennata, aumentando dell’121%. Accadde dopo l’annullamento da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti della sentenza Roe v. Wade, che garantiva il diritto costituzionale ad un aborto sicuro e legale. Da allora, il diritto all’aborto spetta ai singoli Stati americani, alcuni dei quali hanno già vietato la procedura. Dopo la notizia il termine “legatura delle tube” fu cercato il 70% in più sul motore di ricerca, e una dottoressa di San Antonio, Michelle Muldrow rivelò al Los Angeles Times che in quei giorni stava ricevendo «più consultazioni per sterilizzazioni di quante ne» avesse «mai ricevute nella mia carriera».

Non si tratta del primo caso di aumento repentino di richieste di sterilizzazione: era successo pure con la crisi economica del 2008, quando le famiglie temevano di non riuscire a sobbarcarsi dal punto di vista economico i costi di un eventuale figlio.

In più da anni negli Stati Uniti si sta assistendo a una sorta di rivendicazione, da parte degli uomini, della libertà di scelta nell’evitare una gravidanza. Come riporta il New York Times, si è registrato un aumento generalizzato nelle richieste di vasectomia, vista come un atto di solidarietà degli uomini, nella scelta del metodo contraccettivo, verso le partner femminili.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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