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19 Febbraio 2024
9:00

Legge 40, cosa prevede e come è cambiata in vent’anni la normativa sulla fecondazione assistita

La Legge 40/2004 che regolamenta il ricorso alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita oggi compie vent'anni. Da allora continua a essere oggetto di dibattito per gli evidenti limiti in materia di fecondazione assistita.

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Legge 40, cosa prevede e come è cambiata in vent’anni la normativa sulla fecondazione assistita
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Era il 19 febbraio 2004 quando fu firmata la Legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita che quest'anno compie vent’anni. Si tratta di un provvedimento legislativo che ha rappresentato un punto di svolta in Italia nel panorama della salute riproduttiva. Da allora, alle coppie eterosessuali maggiorenni che non riescono ad avere figli è consentito l’accesso a tecniche di fecondazione assistita. Nonostante nel corso degli anni la normativa abbia subìto rimaneggiamenti e modifiche – la più rilevante è stata il superamento del divieto alla fecondazione eterologa – continua ad essere oggetto di dibattiti e polemiche sul complesso rapporto tra scienza, diritto e individuo. Come emerge dai dati del Registro Nazionale della Pma, dal giorno della sua approvazione ad oggi l’attività di Pma in Italia è sempre più praticata: nel 2022 sono stati registrati oltre 46mila trattamenti in più rispetto al 2005, pari al doppio. L’età media delle donne che si sottopongono ai cicli di fecondazione assistita invece è nettamente aumentata: dai 34 anni del 2005 ai 37 del 2022.

Cosa stabilisce la Legge 40

La Legge 40/2004, approvata in Parlamento il 10 febbraio 2004, firmata il 19 ed entrata in vigore il 10 marzo di quell’anno, regolamenta l’accesso alla Procreazione medicalmente assistita (Pma). Nello specifico, la norma prevede il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita (di primo, secondo e terzo livello) «qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità».

Si ricorda che, anche se a volte vengono utilizzati come sinonimi, “sterilità” e “infertilità” indicano due condizioni diverse. La sterilità è la totale incapacità di una coppia a procreare a causa di una condizione fisica permanente di cui soffre uno o entrambi i coniugi, mentre per infertilità si intende il mancato concepimento di un figlio dopo un anno o più di rapporti sessuali non protetti. Nel primo caso quindi la gravidanza biologica risulta impossibile, mentre nel secondo, nonostante i ripetuti tentativi, non si verifica, anche se l’ipotesi di una gestazione spontanea non è esclusa.

Le linee guida della Legge 40 prevedono l’utilizzo in primo luogo delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive.

Ogni Regione, comunque, ha le sue regole in materia di Pma per quanto riguarda sia i cicli massimi a cui è lecito sottoporsi sia i limiti d’età (anche se nel più delle Regioni è consentita fino ai 46 anni).

Chi può accedere alla Pma

In Italia le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono accessibili esclusivamente a «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi».

Di conseguenza, sono escluse le coppie omosessuali, le donne single e le vedove. In Paesi come la Spagna, invece, l’accesso alle tecniche di Pma viene consentito a chiunque indipendentemente dallo stato civile e dall’orientamento sessuale, quindi pure alle coppie dello stesso sesso e alle donne single.

Come anticipato, esistono dei limiti di età che variano a livello regionale. La Regione con le limitazioni anagrafiche più stringenti è l’Umbria che impone il limite massimo di 42 anni per accedere alla fecondazione assistita. Seguono Puglia, Calabria, Sicilia e Friuli con 43 anni. Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Campania, Marche e Basilicata estendono il limite a 46 anni, mentre il Veneto è il più generoso, arrivando a 50 anni con ben 6 cicli massimi di Pma consentiti.

In Italia è vietata la fecondazione post-mortem, cioè successiva alla morte del padre, una pratica che invece è stata già attuata all’estero (anche se non espressamente disciplinata). Si tratta della nascita di un figlio dopo la morte del partner attraverso la fecondazione omologa in vitro, che utilizza il seme crioconservato dell’uomo defunto.

Quale fecondazione è vietata in Italia?

Nel corso degli anni la normativa è stata rimaneggiata e aggiornata sia attraverso modifiche legislative che con sentenze giurisprudenziali. La pronuncia più significativa risale al 2014, quando la Corte Costituzionale con la sentenza 162 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa, cioè la fecondazione che avviene grazie al gamete (maschile o femminile, a seconda dell’esigenza) di un donatore esterno, sconosciuto.

Da allora in Italia sono legali sia la fecondazione omologa (con gli spermatozoi e l’ovocita provenienti dalla mamma e dal papà) che quella eterologa (con gli spermatozoi o l’ovocita di uno dei genitori e l’altro gamete appartenente a un donatore o a una donatrice). Prima del 2014 invece nel Belpaese l’eterologa era vietata.

Turismo procreativo

L'esclusività della Pma per le coppie eterosessuali prevista dalla Legge 40, oltre ai costi ingenti e alle lunghe liste d’attesa, è una delle cause dell’esodo procreativo all’estero, che consiste nella scelta di migliaia di italiani di sottoporsi ai trattamenti di fecondazione assistita fuori dall’Italia.

Le mete più ambite sono la Turchia, seguita da Spagna e Thailandia, che propongono tecniche ritenute sicure, all’avanguardia, a buon mercato e soprattutto aperte a chiunque, incluse donne single e coppie gay, che dopo essersi sottoposte alle cure nel Paese estero portano a termine la gravidanza in Italia. Per le coppie omosessuali si aggiunge il problema del riconoscimento del bambino, che secondo la legge italiana è figlio esclusivamente della donna che lo ha partorito.

Il turismo procreativo è pure interno ai confini nazionali, muovendosi a livello regionale. La regolamentazione diversa da Regione a Regione e l’offerta dei servizi a macchia di leopardo sul territorio obbligano tante coppie, specialmente del Sud Italia, a spostarsi nei centri pubblici del Centro e del Nord, considerato che nel Mezzogiorno le cliniche che offrono il servizio sono poche e prevalentemente private.

I Livelli Essenziali di Assistenza (Lea)

Per quanto riguarda il nodo dei costi e delle liste d’attesa, sono previste delle novità a partire dal 1° aprile 2024. Le prestazioni di Procreazione medicalmente assistita (sia omologa che eterologa) sono state incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e quindi dal 1° aprile 2024, se le scadenze verranno rispettate, saranno erogate a carico del Servizio sanitario nazionale (fino ad oggi venivano erogate esclusivamente in regime di ricovero).

I trattamenti di fecondazione omologa saranno gratuiti, mentre per quelli di fecondazione eterologa si pagherà un ticket, il cui importo è imposto dalla singola Regione.

In più, è previsto un contributo – che varierà da Regione a Regione – per le spese connesse alle prestazioni di raccolta, conservazione e distribuzione delle cellule riproduttive destinate alla PMA eterologa.

Le controversie

La Legge 40 sulla Pma continua ad essere al centro di dibattiti e polemiche a causa delle sue stringenti limitazioni che ostacolano, oltre alle prestazioni di Pma, anche la ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni.

Nel corso degli anni sono stati raggiunti dei compromessi e, grazie a modifiche legislative e a sentenze di Tribunali, alcuni limiti sono stati superati o aggirati, tuttavia persistono tante controversie e criticità.

Una riguarda la donazione di gameti, legale dal 2014, e il loro trattamento. In Italia la donazione di gameti (necessari per la fecondazione eterologa) è totalmente volontaria e altruistica, perché la Legge 40 ne vieta la commercializzazione. In diversi Paesi esteri invece è previsto un rimborso spese per il donatore (costretto a viaggiare o assentarsi da lavoro per donare), un’iniziativa che incentiva le donazioni, che in Italia non sono neppure sponsorizzate da campagne di sensibilizzazione. A causa dello scarso numero di donazioni, nello Stivale in quasi 9 casi su 10 vengono utilizzati semi provenienti da banche estere, come si apprende dal Registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita.

Un ulteriore grattacapo riguarda gli embrioni crioconservati in sovrannumero. Quando una coppia si sottopone a un trattamento di Pma, in genere vengono usati 2 embrioni sui 3 o 4 prodotti, e i restanti rimangono congelati all’interno di bidoni d’azoto nei Centri di Pma. A causa della Legge 40 in Italia, contrariamente a Paesi come la Spagna, non è lecito adottare, estinguere o destinare alla ricerca biomedica gli embrioni inutilizzati, che, dopo essere stati fecondati, non vengono trasferiti nell’utero della donna (perché la coppia è irreperibile, ha rinunciato all’impianto o sono appunto “avanzati”).

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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