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12 Maggio 2023
18:00

Neonati in piscina, attività indispensabile o moda temporanea?

I neonati a partire dai tre mesi possono svolgere, insieme al genitore, attività in acqua sotto la guida di un istruttore specializzato. L'attività in acqua ha molteplici benefici sul piccolo, tuttavia non deve essere una costrizione per la diade.

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Neonati in piscina, attività indispensabile o moda temporanea?
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva
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Quasi in ogni piscina ormai vengono proposte esperienze in acqua per neonati, con nomi che vanno da “nuoto neonatale” ad “acquaticità neonatale”. Sicuramente l’attenzione e l’interesse verso il tema è aumentato negli ultimi anni, insieme alla confusione dei genitori, che si trovano talvolta spaesati nel dover decidere se proporre questa esperienza a sé e al proprio bimbo o se rimandare l’incontro con l’ambiente piscina a quando sarà più grandicello.

A chi è rivolto e da che età portare il piccolo in piscina

I bambini possono essere portati in piscina dai 3 mesi di età. Fino ai 2-3 anni l’attività viene svolta esclusivamente dalla coppia bambino-genitore (o bambino-figura di fiducia come zio, nonna, eccetera) guidata dall’istruttore che ha il compito di accompagnare la diade verso la migliore esperienza possibile.

In questa fascia di età avviene nel piccolo la perdita dei riflessi arcaici automatici (per esempio il diving reflex, cioè il riflesso di apnea) che verranno sostituiti da azioni volontarie controllate (come l'apnea volontaria). Sfatiamo il mito secondo cui il bambino nei primi mesi in acqua è sicuramente a suo agio perché ricorda l’esperienza di immersione nel liquido amniotico. Punto primo, dal liquido amniotico il bambino è appunto uscito, ha concluso quella fase; punto secondo, nel momento in cui siamo in piscina i fattori ambientali più o meno disturbanti sono innumerevoli, dall’odore del cloro, alla temperatura, dai rumori improvvisi, alle tante voci sconosciute, con magari qualcuno che urla e piange.

Non tutti i neonati vivono serenamente il rapporto con l'acqua

Nonostante i tanti benefici dell'attività in piscina, non tutti i bambini hanno un approccio sereno con l’acqua, sia per preferenze personali che per esperienze pregresse con l’elemento, così come si possono osservare reazioni diverse a seconda del periodo di vita in cui viene proposta l’attività. Vi possono essere poi fragilità quali malesseri frequenti (otiti, raffreddori importanti…) per cui può essere utile valutare l’opportunità di portare il bambino in piscina o meno. L’esperienza acquatica è sicuramente preziosa ma non è indispensabile, né l’unica possibile per il bambino!

Aggiungo che l'attività acquatica del figlio non deve essere vissuta come una costrizione nemmeno dal genitore, che deve tenere conto anche delle proprie emozioni. Se la mamma o il papà odia la piscina, non è sereno e iscrive il figlio al nuoto acquatico solo per non avere sensi di colpa, è meglio evitare, perché il piccolo potrebbe percepire il malessere dell'adulto e diventerebbe difficile anche per lui vivere un’esperienza piacevole. In casi di questo tipo, ci si può far aiutare dall’istruttore, altrimenti si può tranquillamente optare per un’altra attività.

Come deve essere la piscina

Non è adatta qualsiasi struttura ad ospitare lezioni di nuoto neonatale. Vediamo quali sono le caratteristiche ambientali favorevoli per ospitare i piccoli per l'attività in acqua:

  • È necessaria una piscina in cui l’adulto possa toccare il fondo con i piedi senza difficoltà e con buona stabilità
  • La temperatura deve essere intorno ai 30°
  • L’ambiente deve essere calmo e non troppo rumoroso (è preferibile evitare la lezione di acquagym con la musica alta nella vasca accanto)
  • La gestione chimico-fisica e microbiologica dell’acqua deve essere impeccabile
  • Il materiale proposto deve essere vario e colorato, anche se è meglio non farsi incantare da giochi super nuovi e originali: tantissimi sono gli oggetti, anche di uso quotidiano, che possiamo utilizzare ottimamente
  • È auspicabile inoltre che accanto alla vasca vi sia uno spazio adeguato per il lavaggio del bambino (è sufficiente una doccia calda) ed il cambio

Non tutte le strutture che propongono corsi sono dotate di tutto ciò, ma se abbiamo una struttura adeguata vicino a casa, che raggiungiamo con serenità nostra e del bambino, potrebbe essere comunque un'ottima soluzione frequentarla. Se, invece, il tragitto per raggiungere la struttura crea stress nel piccolo (quanti bambini ho visto fare tanta strada per arrivare, addormentandosi lungo il tragitto, per poi essere immersi in acqua appena svegli) i benefici dell’attività potrebbero vanificarsi, se non addirittura essere controproducenti.

Cosa fa l'istruttore durante la lezione

Aggiungiamo poi un elemento ancora più importante: l’istruttore deve essere specializzato. Non è sufficiente (come purtroppo a volte capita) un qualsiasi istruttore di nuoto che propone alla diade qualche esercizio. Questo è un concetto chiave dell’attività: lo scopo non è infatti mettere le basi per futuri nuotatori ma fornire al bambino un’esperienza di crescita relazionale, motoria e cognitiva, ossia psicomotoria globale. A nessuno di noi verrebbe probabilmente mai in mente di chiedere al nostro bimbo di 13 mesi: "Forza, ora facciamo tre ripetute in salita". Ecco, allo stesso modo diffidiamo da chi ci propone: “Ora il bambino deve per forza andare sotto l’acqua, ora deve assolutamente tuffarsi…”.

Il compito di un buon istruttore nei 25-40 minuti di incontro (tempo ideale per la permanenza in acqua del bambino) è di:

  • Creare una routine di ingresso e uscita che aiuti il bambino a orientarsi e gestire le transizioni
  • Proporre elementi tecnici, quali prese del bambino in sicurezza e tranquillità e attività che possano gradualmente permettergli di sperimentare nuove posture, stimolazioni differenti e maggiore autonomia
  • Aiutare l’adulto a leggere gli eventuali segni di disagio del bambino, provando a fornire risposte differenti e funzionali

I benefici dell'attività in acqua per il neonato

Le attività sono solitamente suddivise per fasce di età, com’è giusto che sia data l’enorme differenza tra un bimbo di tre mesi e uno di 3 anni:

  • Fino ai 10 mesi il bambino ricerca costantemente il contatto materno, riconosce gli ambienti dai suoni e dagli odori, presenta movimenti riflessi degli arti superiori e inferiori e fino ai circa 7 mesi è ancora presente il diving reflex o riflesso di apnea, ossia la chiusura del passaggio di aria tra bocca e polmoni quando vengono stimolati i recettori cutanei delle zone periorali e perinasali, che scomparirà gradualmente.
  • Tra i 10 ed i 18 mesi il bambino comprende quindi che deve affrontare l’apnea, esegue movimenti di arti superiori e inferiori finalizzati al raggiungimento di uno scopo con una prensione sempre più raffinata, riconosce le persone estranee e le ricorda, insieme al luogo, da un volta all’altra.
  • Tra i 18 e i 24 mesi il bambino, per quanto riguarda l’educazione respiratoria, impara a soffiare, si muove con sempre maggiore autonomia staccandosi dal genitore, riesce a galleggiare e produrre sequenze motorie e ludiche sempre più complesse.
  • Tra i 24 e i 36 mesi il bambino ricerca maggiori occasioni di autonomia, ha brevi scambi comunicativi con gli altri bimbi ed è consapevole dei meccanismi di comparsa e sparizione di oggetti e persone così che si può iniziare a valutare il passaggio agli incontri senza la presenza del genitore.

L’attività in acqua nei primi anni di vita, insomma, può avere quindi molteplici benefici dal punto di vista relazionale e nella costruzione del legame con l’adulto che lo accompagna, che diventerà via via una base sicura da cui potersi staccare sapendo di poter tornare. Il nuoto neonatale è prezioso anche nella costruzione del bagaglio motorio e cognitivo grazie all’intensità dell’esperienza, nella sperimentazione di sé come essere capace e autonomo e nel rinforzo dell’apparato cardio-circolatorio.

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