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8 Luglio 2023
10:00

Perché il neonato piange quando nasce?

Il primo pianto del neonato rappresenta un rassicurante elemento di vitalità nei momenti immediatamente successivi al parto. Ma perché il neonato piange quando nasce? E perché piangere è così importante per un bebè?

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Perché il neonato piange quando nasce?
Perché il neonato piange quando nasce?

Il pianto del neonato è il suono che annuncia al mondo l'arrivo di una nuova vita, un lamento acuto e intenso che riempie i polmoni del piccolo e lo aiuta a iniziare a respirare autonomamente.

Il primo vagito rappresenta dunque un passaggio rilevante per i bebè nei loro primi istanti trascorsi fuori dal confortevole ambiente uterino, al punto che ostetriche e neonatologi talvolta preferiscono intervenire per stimolare il pianto qualora questo non sopraggiungesse in modo spontaneo.

Perché il primo pianto del neonato alla nascita è importante

Benché il piccolo sviluppi un apparato polmonare maturo e funzionante già intorno alla seconda metà del terzo trimestre di gravidanza, essendo immerso nel liquido amniotico è la placenta a fornire nutrienti e ossigeno al feto finché si trova dentro all'utero.

L'apparato respiratorio però non rimane del tutto inattivo fino alla nascita, ma al contrario comincia ad abbozzare i movimenti d'inspirazione ed espirazione che preparano il feto a ciò che avverrà una volta fuori dal pancione. Ciò può portare il futuro bebè ad inghiottire piccole quantità di liquido amniotico, ma tale aspetto non rappresenta un grosso problema proprio perché i polmoni non sono ancora in funzione e gli alveoli risultano chiusi, aderenti tra loro.

Appena dopo il parto, il bebè si trova in un ambiente freddo e rumoroso. Il pianto è dunque la conseguenza più naturale

Nonostante "l'allenamento" però, il traumatico passaggio dall'ambiente uterino all'esterno non corrisponde ad un cambiamento automatico nel sistema di respirazione e il bambino può impiegare qualche momento a trarre il primo vero respiro.

Occorre infatti che i polmoni recepiscano gli stimoli del cervello – il quale ha capito che in assenza di cordone ombelicale e liquido amniotico occorre una nuova strategia per assumere ossigeno – e inizino ad espandersi per accogliere l'aria. Il piccolo – che nel frattempo percepisce il violento mutamento dal confortevole e caldo abbraccio dell'utero al freddo e strano mondo esterno – si trova così ad aver bisogno di ossigeno e inizia istintivamente ad incamerare aria piangendo.

Il pianto, dunque, ci appare rassicurante, perché certifica il fatto che le vie aeree del nascituro sono libere e funzionanti. Un po' come se si fosse "tolto il tappo" agli ultimi ostacoli per l'inizio della nuova vita.

Cosa succede se il bambino non piange alla nascita?

Fino a poco tempo fa si riteneva il pianto un elemento imprescindibile per il buon esito del parto.  La celebre sculacciata operata dagli ostetrici per far strepitare il neonato serviva proprio a scongiurare l'eventualità di una nascita "silenziosa".

Oggi invece il pianto del neonato rimane sì l'opzione ideale (nonché la più frequente), tuttavia non rappresenta più una discriminante così fondamentale.

Se il personale medico e ostetrico riesce ad accertare il fatto che il bimbo stia respirando correttamente anche senza i consueti vagiti, l'esito del parto viene comunque considerato positivo, senza la necessità di sculacciare o sfregare la creaturina per indurla al pianto.

Perché i bambini appena nati piangono

Nei primi mesi di vita piangere rimane la principale forma di comunicazione con cui neonati e lattanti possono richiamare l'attenzione e veder soddisfare i propri bisogni.

Se infatti per gli adulti il pianto rappresenta lo sfogo fisico di un forte stato emotivo (tristezza, commozione ecc…), nei bambini piccoli può essere dettato da molte situazioni differenti, molte delle quali legate a necessità fisiologiche come fame, sete o sonno.

Il pianto come espressione emotiva

Per i bambini appena nati tutto è completamente nuovo, anche le loro emozioni e percezioni. Non sanno gestirle, ne sono sopraffatti e ci vuole sempre un po' di tempo per prendere confidenza con la strana realtà che ora li circonda.

Non deve stupire dunque che qualsiasi rumore, odore o contatto sgradito possa scatenare nel piccolo una forte reazione emotiva di paura o disagio che immancabilmente finisce per essere tradotta in un pianto a dirotto.

Il pianto come richiesta di contatto

Nei bambini il pianto può significare anche una richiesta di contatto fisico e visivo con il genitore (soprattutto la mamma).

Per il cervello di un infante, infatti, ciò che esce dal campo visivo sembra uscire anche dal campo dell'esistenza. Se un bimbo non vede o non percepisce più la mamma, è quasi come se fosse sparita del tutto (che poi è il principio del bubu-settete, dove per l'adulto che si nasconde il volto dietro le mani agli occhi del piccolo sembra scomparire per davvero).

Da qui l'esigenza di rinnovare frequentemente il legame con il genitore richiedendo coccole e vicinanza fisica. E come si manifesta questa richiesta? Che domande, piangendo…

Fonti mediche
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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