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Quando parliamo di adozione nazionale o internazionale dobbiamo sempre ricordare che al centro ci sono i bambini, non il desiderio di genitorialità di una coppia. La legge e il lungo iter burocratico che precede l'arrivo del piccolo o della piccola, per quanto cavilloso e difficile da affrontare per la coppia desidera assicurarsi che il bimbo possa trovare braccia forti che ne sostengano la crescita per il resto della vita e gli consentano di non vivere un nuovo abbandono.
Tra i requisiti indispensabili a una coppia per poter adottare un bambino ce n'è uno, che si trova al punto 6 comma 1 e 4 della legge sulle adozioni, la 184/83, rivista e aggiornata dalla legge n. 149 del 2001, che specifica che la coppia deve convivere in maniera continuativa e stabile da almeno 3 anni ed essere sposata.
Chi non è sposato può adottare un bambino?
La legge sulle adozioni specifica che tra i requisiti necessari a una coppia per presentare la propria domanda di adozione al Tribunale dei minorenni, vi sia anche l'essere uniti in matrimonio da almeno 3 anni. Più valore ancora del matrimonio lo ha però la convivenza, durante questi 3 anni i due futuri genitori devono aver convissuto e non essersi mai separati, neanche di fatto. Se, per esempio, uno dei due per un periodo ha lavorato e vissuto all'estero senza l'altro, ricomincia dal loro ricongiungimento il conteggio degli anni.

Proprio a testimoniare che la continuità della convivenza della coppia è per il Tribunale più importante del matrimonio in sé, al comma 4 dell'articolo 6 della legge sulle adozioni viene specificato che se i due hanno convissuto in maniera continuativa prima del matrimonio per un periodo di 3 anni, o per esempio di due anni e ora sono sposati da 1, il tribunale per i minorenni può valutare come valida (appurata anche la sussistenza di altre clausole necessarie all'adozione) la richiesta a poter adottare della coppia.
Il vincolo legale del matrimonio è dunque necessario per l'adozione, motivo per cui in Italia alle coppie omogenitoriali non viene ancora concesso di accedere alle adozioni. Ma è il fatto che la coppia abbia convissuto in maniera continuativa, secondo la legge, ad essere una sorta di "garanzia" per il bambino, ad avere una famiglia che si spera possa rimanere unita senza far vivere lui nuovamente il dramma della separazione da una persona cara o dell'abbandono.
Come si dimostra al tribunale la convivenza?
La coppia dunque deve dimostrare la convivenza allegando alla propria richiesta di adozione degli specifici documenti, ossia l'autocertificazione dello stato di famiglia o di residenza storico, assumendosene la responsabilità consapevoli delle ripercussioni legali che potrebbe avere dichiarare il falso. In assenza del documento si può presentare una dichiarazione che sostituisca l'atto notorio che specifica la convivenza continuativa per un minimo di 3 anni.
L'adozione per le coppie di fatto solo in casi particolari
Nonostante la prerogativa del matrimonio venga specificata dalla legge sulle adozioni, tra i requisiti fondamentali per gli adottanti, sono noti a tutti i casi di adozione da parte di genitori single in Italia.

Infatti la stessa legge, all'articolo 44, specifica che esistono dei casi in cui l'adozione viene concessa dal tribunale per i minorenni anche a persone non coniugate. Si tratta delle adozioni in casi particolari:
- se il bimbo in stato di adottabilità è orfano può essere adottato da persone a lui legate da un vincolo di parentela fino al sesto grado o da persone con le quali ha intessuto un rapporto precedentemente alla morte dei suoi genitori. Queste persone lo possono adottare a prescindere dal fatto che siano single o sposate poiché conoscono già il bimbo, hanno un rapporto con lui e gli garantiscono la continuità affettiva.
- quando il bambino rientra nelle liste adottive chiamate "special needs", dunque ha per esempio una disabilità.
- se il bimbo è figlio adottivo di una persona rimasta vedova, può essere adottato anche dal nuovo coniuge, con consenso dell'adottante e dell'adottato se ha più di 12 anni
- se viene constatato che l'affidamento preadottivo è impossibile: nei casi per esempio in cui il bimbo faccia parte di una fratria o sia molto grande o in generale, pur in stato di abbandono, non riesca a trovare una famiglia ad accoglierlo.