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12 Marzo 2023
16:00

L’élite di chi può adottare: ecco perché gli esclusi superano gli ammessi

L’iter per adottare un bambino in Italia o all’estero è lungo e impegnativo. I requisiti da soddisfare sono di natura economica, psicologica, coniugale, burocratica. E alla fine, solo una coppia su sei riesce a portare a termine il percorso adottivo con successo.

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L’élite di chi può adottare: ecco perché gli esclusi superano gli ammessi
Adozione difficoltà

L’adozione è un privilegio concesso a pochi. Per portarla a termine servono soldi, tempo, un matrimonio, una vertiginosa pila di scartoffie burocratiche, il nulla osta del Tribunale per i Minorenni, oltre che dei servizi sociali e dello psicologo. Da ultima – non per importanza, anzi – una buona dose di pazienza. L’iter per stringere fra le braccia e crescere un bambino che non abbiamo concepito è una lunga corsa ad ostacoli, in cui su quasi 9.000 coppie che partono, in meno di 1.500 tagliano il traguardo.

I numeri del 2021

Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia, nel 2021 hanno bussato al Tribunale per i Minorenni di pertinenza ben 8.687 coppie per presentare una domanda di adozione (di cui 717 speciali, cioè casi particolari regolamentati dall’art. 44) all’interno dei confini del nostro Paese. Nello stesso anno, a ricevere il lieto annuncio dell’arrivo del tanto desiderato pargolo a casa sono state 866 famiglie, che diventano 1.487 se nel calcolo includiamo chi aveva richiesto l’adozione speciale.

Migliaia di domande di adozione all'anno cadono nel vuoto

Il distacco esorbitante fra i due numeri (8.687 richieste e 1.487 sentenze) testimonia come a migliaia di domande di adozione non corrispondano altrettante adozioni effettivamente completate, a eccezione delle richieste in casi particolari, che sono state quasi tutte evase. Di fatto, le coppie escluse superano di gran lunga quelle ammesse.

Se consideriamo che il tempo medio per adottare un figlio in Italia è di circa un anno e mezzo, ha senso consultare i dati del 2019 per farci un’idea di quante altre coppie (di quei 1.487 vincitori che nel 2021 hanno finalmente ottenuto l'adozione) si sono ritirati o hanno perso terreno durante la corsa. La risposta è 7.467. Significa che solo una coppia su sei, fra chi sperava di accogliere in casa un bambino in stato di adottabilità, è riuscita a coronare il proprio sogno.

Nel 2021 ha ottenuto l'adozione una coppia su sei che l'avevano richiesta

Lo squilibrio tra domanda e risposta positiva si verifica pure nel caso delle adozioni internazionali, che negli ultimi anni stanno subendo un calo significativo. Nel 2021 sono state 2.020 le richieste di adozione di un minore nato all’estero e 598 i piccoli arrivati nelle famiglie italiane destinatarie. Sulla base dei dati del 2017 (il tempo medio per adottare un giovane straniero è addirittura di 4 anni e 4 mesi) desumiamo che ad essere accontentato è stato meno di una coppia su 4 di quelle che avevano inoltrato la richiesta più di quattro anni prima.

Adozione élite

Perché è difficile adottare

Il percorso di adozione è tortuoso, tempestato di cavilli burocratici, emotivamente impegnativo, con una sfilza di requisiti da soddisfare. Tanto che, nonostante le case famiglia siano piene di bambini in attesa di adozione, i genitori che riescono a completare l’iter e a chiamare «figlio» il minore costituiscono una vera e propria élite.

Burocrazia

Dallo stato coniugale (un matrimonio eterosessuale), alla stabilità economica (da dimostrare attraverso la presentazione delle buste paga), dall’età anagrafica (superiore di 18 anni e inferiore di 45 rispetto a quella del piccolo da adottare) alla dichiarazione del Tribunale dello stato di adottabilità del bambino in questione, fino ai colloqui con gli assistenti sociali, che sanciscono o meno l’idoneità dei coniugi.

In caso di adozione internazionale, le autorità dello Stato d’origine del minore, oltre ad averne dichiarato lo stato di abbandono, devono aver confermato che l’adozione internazionale è nell’interesse del futuro figlio adottivo, il quale, se ha più di 12 anni, è chiamato a esprimere il proprio parere. Quello delle lungaggini burocratiche è un tasto dolente. Nel 2014 l’Onu annunciava che per trovare una casa a tutti i giovani adottabili al mondo, le domande di adozione sarebbero dovute aumentare sessanta volte tanto.

Costo

Se l’adozione nazionale è a costo zero (dal momento che non sono coinvolti i privati ma le istituzioni del territorio), quella internazionale è estremamente onerosa. Si parla di un ammontare totale di spese, fra pratiche e viaggi nel paese di origine del piccolo, che va dai 20.000 ai 40.000 euro. Nonostante sia un percorso gravoso per le tasche dei genitori, l’Italia vanta uno dei più alti numeri di adozioni internazionali a livello mondiale.

Adozione attesa

Tempi di attesa

I coniugi che optano per l’adozione nazionale aspettano, in media, dai 12 ai 14 mesi prima di abbracciare il figlio. Un lasso di tempo relativamente breve, se confrontato al periodo di attesa di un minore straniero, che si dilata fino in media a 4 anni e 4 mesi.

Rischio giuridico per le adozioni nazionali

Perché – soprattutto in passato – un così alto numero di coppie sceglieva di intraprendere l’iter dell’adozione internazionale, anziché nazionale, visti i vantaggi in termini economici e di tempo offerti da quest’ultima? E per quale motivo i minori stranieri che effettivamente arrivavano nelle case degli italiani erano numericamente superiori ai connazionali, nonostante l’alta domanda di bambini italiani?

In effetti, nell'ormai lontano 2001 le richieste di adozioni fuori dai confini dell’Italia sono state 7.887 e gli arrivi effettivi la metà, pari a 3.915, un dato decisamente incoraggiante. Nello stesso anno, sono stati solo 1.945 i minori italiani adottati (di cui 655 in casi particolari), a fronte di ben 13.580 domande (679 speciali).

Il motivo dello scarso numero di adozioni tra i confini dello Stato non è uno solo. Oltre al fatto che la scelta è personale, è da considerare il numero di giovani adottabili: i minori italiani adottabili sono molti di meno rispetto a quelli stranieri, essendo molti i Paesi di provenienza di questi ultimi.

Il rischio giuridico penalizza le adozioni nazionali

Un altro motivo della carenza di adozioni nazionali, rispetto alle richieste, risiede nel cosiddetto rischio giuridico: un bambino italiano potrebbe ritornare alla famiglia di origine (o anche a un parente fino al quarto grado) nel periodo di collocamento provvisorio (cioè nel periodo di tempo in cui è già stato assegnato alla famiglia adottiva ma non è stato ancora emanato il Decreto di Affidamento Pre-Adottivo).

Ad ogni modo, precisiamo che negli ultimi anni il trend delle adozioni straniere si è invertito: dal 2012 le adozioni internazionali sono in costante calo.

Coppie gay e single: adozione off limits

Quest’anno la legge 184 (modificata dalla legge 149 del 2001), quella che regolamenta l’adozione nel Belpaese, compie 40 anni. Dal 1983 ad oggi la nostra società si è evoluta, e quelle norme, che risultano ormai superate e non al passo con i tempi, non hanno saputo reggere i suoi ritmi.

La legge precisa che l’adozione in Italia è concessa esclusivamente a coppie eterosessuali sposate, escludendo, indirettamente, qualsiasi tipo di famiglia che non rientri nei canoni di quella tradizionale. Ai coniugi omosessuali, anche se uniti civilmente, è negata l’adozione, così come ai single.

Adozione gay

Due categorie – quella delle coppie gay e dei single – tagliate fuori ed etichettate come «non famiglia» perfino nel caso dell’adozione, che, oltre a essere una modalità di diventare genitori diversa da quella del concepimento, permette innanzitutto dare a un bambino una famiglia che voglia accoglierlo e amarlo.

Ai single è concessa l'adozione solo nel caso di un bambino non sano

Ai single è consentito il privilegio dell’adozione solo in casi particolari, per esempio se il minore in questione è affetto dalla sindrome di Down, presenta disagi psichici, è legato all’adottante fino al sesto grado di parentela.

Mentre la burocrazia procede a rilento e le leggi ristagnano, milioni di minori rimangono in stato di abbandono.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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