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1 Giugno 2023
14:00

A Milano c’è una casa che accoglie i giovani rifiutati dalla famiglia dopo il coming out

Casa Arcobaleno ospita ragazzi e ragazze respinti dalla famiglia d’origine per il loro orientamento sessuale, per l’identità di genere o per il percorso di transizione avviato. Un rifugio in espansione per la comunità Lgbtqia+, che Chiara Ferragni ha raccontato e supportato nella docuserie e nelle stories di Instagram.

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A Milano c’è una casa che accoglie i giovani rifiutati dalla famiglia dopo il coming out
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La porta di Casa Arcobaleno è sempre aperta per quei giovani che, discriminati per l’orientamento sessuale, l’identità di genere o il percorso di transizione avviato, sono costretti a fuggire dalla famiglia di origine. Vittime di emarginazione, discriminazione e, a volte, violenza da parte di genitori, fratelli, sorelle e familiari, trovano rifugio tra le mura degli appartamenti messi a disposizione dalla cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi con il supporto del Comune di Milano. Uno spazio inclusivo in cui sentirsi protetti, accettati e liberi di esprimersi, su cui Chiara Ferragni ha acceso i riflettori in uno degli episodi della nuova stagione della docuserie “The Ferragnez” e nelle stories di Instagram. L’imprenditrice digitale, infatti, ha visitato Casa Arcobaleno e ha invitato i suoi follower a partecipare alla raccolta fondi per la ristrutturazione di quattro nuovi appartamenti destinati ai giovani respinti dalla casa dei genitori.

«In piena adolescenza ho fatto coming out e da quel momento sono iniziate le intimidazioni – si legge tra le testimonianze condivise dalla cooperativa – le violenze fisiche e verbali da parte dei miei genitori: sono finito in pronto soccorso, ero terrorizzato dalle domande dei medici e mi chiedevano, piangendo, cosa avessi che non andava». È la voce di uno dei giovani ospitati in Casa Arcobaleno e aiutati da Spazio Aperto Servizi, una cooperativa sociale che da più di 30 anni funziona da cassa di risonanza per i bisogni delle persone in difficoltà, occupandosi di accoglienza abitativa e servizi socio-sanitari, educativi ed assistenziali.

Casa Arcobaleno ha aperto i battenti nel 2019 ed è l’unico luogo a Milano e in Lombardia che accoglie ragazzi e ragazze discriminati perché gay, trans o perché non si identificano in un genere. Non è solo un tetto sotto il quale vivere e dormire, ma è uno spazio che, con il lavoro di educatori, psicologi ed operatori, aiuta quei giovani, spaventati e traumatizzati, ad inserirsi pienamente in società, a trovare fiducia nell’altro e ad esprimersi liberamente, senza l’ansia di essere etichettati o disprezzati per i gusti sessuali. Chi ha trovato un impiego soddisfacente, chi si è finalmente iscritto alla scuola di specializzazione dei sogni, chi ha potuto inserire nel curriculum il suo nuovo nome, e non più quello di nascita.

«Ho avuto la possibilità di conoscere quattro giovani ragazzi e ragazze accolti negli appartamenti di Casa Arcobaleno – ha raccontato Ferragni nelle storie su Instagram – ascoltare le loro storie e vivere insieme a loro le difficoltà che hanno quotidianamente nell’inserirsi nella nostra società».

Oggi Casa Arcobaleno, che al momento della sua apertura contava tre posti letto, ha a disposizione 4 case per una capienza massima di dodici posti letto e punta ad ingrandirsi ulteriormente, per accogliere sempre più giovani sbattuti in strada dopo il loro coming out. Neomaggiorenni e ventenni che sono stati allontanati dalla mamma e dal papà o sono stati costretti a scappare di casa perché non erano al sicuro, e che trovano così un’alternativa a quella dei dormitori pubblici. Tra le mura Lgbtqia+ friendly giovani soli e spaesati trovano l’accoglienza che è venuta loro meno e la possibilità di trasformare le loro storie di dolore e sofferenza in racconti di rivincita e rinascita.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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