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11 Ottobre 2023
9:00

Cacciati di casa dopo il coming out trovano rifugio a Casa Arcobaleno. La coordinatrice: “Qui una porta aperta c’è”

Casa Arcobaleno, progetto di Spazio Aperto Servizi nato nel 2019 in collaborazione con il Comune di Milano, è l’unica realtà in Lombardia ad ospitare giovani discriminati dalle famiglie di origine per l’orientamento sessuale, l’identità di genere o per il percorso di transizione avviato. La coordinatrice: "Il rifiuto da parte della famiglia è un trauma profondo. Servono più Case Arcobaleno sul territorio"

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Cacciati di casa dopo il coming out trovano rifugio a Casa Arcobaleno. La coordinatrice: “Qui una porta aperta c’è”
Intervista a Simonetta Varvaro
Coordinatrice Casa Arcobaleno
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Il coming out con la famiglia è come un lancio ad alta quota, carico di tensione e adrenalina. La speranza è quella di un atterraggio dolce e sicuro, con il paracadute saldo sulle spalle e la terra accogliente sotto ai piedi. A spaventare è il rischio di un salto nel vuoto e di un impatto violento, rovinoso e disincantato con la realtà. Come è accaduto a Luca (nome di fantasia), giovane ragazzo trans costretto a scappare dalla sua famiglia che non ne accettava l’identità di genere e la volontà di intraprendere un percorso di transizione. Era il 2020, piena pandemia, quando Luca si è schiantato contro il muro di casa sua, una parete granitica di disapprovazione, rabbia e intolleranza covata da chi l'aveva cresciuto. «Capita che, ad un tratto, apri gli occhi e ti rendi conto che sì, quella è la tua famiglia, ma non per questo deve essere per forza un bell’ambiente – ricorda Luca –. In quelle ore, durante il litigio, ho capito che non stavo bene, non mi sentivo accettato, capito o apprezzato. Poi mi è stato detto di lasciare le chiavi e andarmene». Sono seguiti mesi di disorientamento senza soldi in tasca e senza un tetto sulla testa, vissuti con la valigia in mano, aperta e richiusa a casa di un’amica, nell’abitazione del padre (fino ad allora assente) all’estero, nell’appartamento di una coppia di Milano che aveva letto la sua storia su Facebook e si era offerta di accoglierlo. Ad un certo punto, la fortuna ha trovato il suo numero di cellulare. «Stavo facendo colazione quando ho ricevuto la chiamata di Casa Arcobaleno – continua Luca – mi aspettavano per un colloquio ed io, finalmente, ero in Italia». Casa Arcobaleno, progetto di Spazio Aperto Servizi nato nel 2019 in collaborazione con il Comune di Milano, è l’unica realtà in Lombardia ad ospitare giovani discriminati dalle famiglie di origine per l’orientamento sessuale, l’identità di genere o per il percorso di transizione avviato. Attualmente sono in totale 12 i posti letto e quattro gli appartamenti attivi, dove fino ad oggi sono stati accolti 30 ragazzi poco più che maggiorenni. Nel rifugio meneghino per i giovani adulti sbattuti fuori casa dopo il coming out, i quadri, le coperte e perfino i cuscini sul divano hanno i colori della bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Lgbt. «Qui mi trovo benissimo, ho preso contatti per iniziare la terapia, – è la testimonianza di Luca – gli altri si rivolgono a me al maschile e usano il nome scelto da me, facendomelo vivere  come una cosa normale e non più come una mia follia. Sento di poter respirare, finalmente». Wamily ne ha parlato con la Coordinatrice di Casa Arcobaleno, la dott.ssa Simonetta Varvaro.

Qual è la condizione psicologica dei ragazzi quando arrivano a Casa Arcobaleno?

Le persone che accogliamo hanno vissuti molto faticosi alle spalle, nonostante la giovane età. La famiglia, che dovrebbe rappresentare il porto sicuro, non li accetta per quello che sono. Si  ritrovano quindi soli e disorientati, con un grande vuoto affettivo, talvolta schiacciati da un senso di  colpa che non dovrebbe esistere.

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Uno degli alloggi di Casa Arcobaleno, a Milano

Come vengono aiutati?

Oltre all’accoglienza abitativa, hanno a disposizione  un’equipe mista e multidisciplinare che fornisce loro supporto educativo e legale, ma anche sostegno emotivo e psicologico, per poter elaborare la propria storia personale e l’esperienza di  abbandono che hanno vissuto. È importante che i ragazzi e le ragazze si sentano accolti e capiti per ritrovare la fiducia in sé stessi e ripartire. La squadra d’intervento è composta da una coordinatrice, educatori e una psicologa, inoltre al bisogno vengono attivati altri professionisti, come legali, medici, psichiatri, mediatori familiari. Le persone accolte vengono supportate anche nell’organizzazione della quotidianità della casa, nel fare la spesa, cucinare, riordinare e pulire… Dopotutto si tratta di giovani che spesso si  trovano a vivere fuori casa per la prima volta. Successivamente inizia il vero e proprio accompagnamento all’autonomia economica e sociale attraverso il completamento del ciclo di studi o l’individuazione di percorsi di formazione professionale ed eventuali inserimenti lavorativi.

Come scorre la giornata a Casa Arcobaleno?

Le persone accolte condividono spazi e storie, fanno la spesa, le pulizie, studiano o lavorano a seconda dal proprio percorso, cucinano e mangiano insieme, guardano la tv, escono come tutti i  ragazzi e le ragazze della loro età.

Dopo il percorso, i giovani accolti riescono a ricucire i rapporti con la famiglia d’origine?

Diverse persone accolte sono riuscite a ricreare una relazione nuova con la famiglia. Tre persone sono anche tornate a vivere con i propri genitori, mentre alcuni strappi sono così forti e profondi che, nonostante i tentativi, non si è riusciti a ricostruire una relazione positiva.

Quanto incide nell’accettazione dell’omosessualità la provenienza culturale, geografica e sociale dei giovani ospiti e delle loro famiglie?

Sicuramente in molti casi la provenienza può influire, ma il fenomeno è più trasversale di quello che si può immaginare.

Le richieste d’aiuto sono aumentate o diminuite negli anni?

Stando alle segnalazioni ricevute in quest’ultimi mesi, la sensazione è che la richiesta di aiuto sia  sempre presente e, in certi momenti, anche crescente.

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Uno degli alloggi di Casa Arcobaleno, a Milano

Non è vero, quindi, che la nostra società sta diventando più inclusiva?

La risposta a questa domanda mi sento di trovarla più che in una percezione individuale e soggettiva in un dato e cioè quello fornito da ILGA-Europe che, nella sua classifica 2023, mette l’Italia al 33esimo posto su 49 Paesi, graduatoria costruita a partire da un insieme di indicatori, tra cui rientrano  le categorie “uguaglianza e non discriminazione” e “riconoscimento legate al genere”. La nostra spinta è quella di continuare a rispondere ai bisogni delle persone già discriminate ma anche contribuire a sensibilizzare per promuovere una società più inclusiva.

Anche i genitori e familiari di questi ragazzi vengono coinvolti e seguiti nel percorso?

L’equipe supporta ogni persona accolta anche nella gestione della relazione con la famiglia d’origine, con la quale, laddove possibile, si cerca di trovare un canale di dialogo, ma questo non sempre accade.

Quanto rimangono negli alloggi?

Dipende dal progetto personale di ciascuno. Abbiamo accolto persone  per un solo mese, altre per poco più di anno. La media è tra gli 8 e i 12 mesi, ma davvero i percorsi sono molto diversi.

Come si entra a Casa Arcobaleno?

Le segnalazioni possono essere inoltrate dalle persone coinvolte oppure da conoscenti e amici. Dopo i primi contatti e una prima fase di conoscenza, segue un appuntamento telefonico tra la persona e l’équipe di Casa Arcobaleno per valutare l’urgenza e concordare un incontro per un successivo inserimento. A volte la segnalazione arriva dal Rainbow Desk, lo sportello del Comune di Milano che offre ascolto e accoglienza alle persone LGBTQIA+, che funziona come filtro per possibili richieste di inserimento in Casa Arcobaleno.

Quanto è importante avere una famiglia inclusiva, che accetta serenamente l’omosessualità del figlio?

Il supporto della propria famiglia è determinante per la crescita di ciascuno, indipendentemente  dall’orientamento sessuale o l’identità di genere. Significa essere e sentirsi riconosciuti. Il rifiuto da parte delle persone più care è un trauma profondo da elaborare che molto spesso impatta sullo sviluppo della propria personalità.

Cosa direbbe a un adolescente che, in questo momento, ha paura a fare coming out con amici e famiglia?

Il primo messaggio è: non avere paura di essere se stessi, non aver paura di essere soli, anche di  fronte alla più grande difficoltà, una porta aperta c’è. Detto questo i messaggi sarebbero molti e diversi perché ogni persona ha storia e vissuti differenti e  allo stesso tempo amici e famiglie con tempi e modi diversi di comprensione, elaborazione, reazione. Il coming out può essere un momento delicatissimo e a fronte di forti paure può essere utile chiedere  aiuto a professionisti che possano accompagnare a tirare fuori le risorse per affrontarlo.

Servirebbero più Case Arcobaleno sul territorio?

Sì, e non soltanto sul territorio milanese, ma anche a livello nazionale. Arrivano richieste di aiuto da parti di Italia in cui non sono presenti strutture di accoglienza per persone LGTBQIA+ discriminate. Stiamo portando avanti molte riflessioni su altre tipologie di risposte ai bisogni della comunità LGBTQIA+ anche pensando a chi non è giovanissimo, la strada dei diritti è ancora lunga.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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