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5 Marzo 2023
9:00

Che cos’è l’amniocentesi? Cosa c’è da sapere su un esame decisamente importante

L’amniocentesi è uno degli esami più affidabili per diagnosticare eventuali malattie genetiche o infettive presenti nel feto. Ecco in cosa consiste, a cosa serve, quando si deve fare e quali sono i possibili rischi per il piccolo.

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Che cos’è l’amniocentesi? Cosa c’è da sapere su un esame decisamente importante
Amniocentesi

L’amniocentesi è un esame diagnostico prenatale invasivo che attraverso l’aspirazione di un campione di liquido amniotico dall’utero può rivelare la presenza di anomalie genetiche (come la sindrome di Down) o patologie infettive nel feto (come la toxoplasmosi). Questo perché durante la gravidanza il liquido amniotico all’interno dell’utero protegge il feto e lo aiuta a nutrirsi, ma può essere anche molto utile per mostrare lo stato di salute del bimbo che si sta formando.

Trattandosi di una tecnica che prevede l’inserimento di un ago nel corpo materno per via addominale – da qui la dicitura di esame “invasivo” – l’amniocentesi comporta una certa dose di rischio per il feto, per quanto decisamente bassa.

A cosa serve l’amniocentesi?

Lo scopo dell'amniocentesi è analizzare il campione di liquido amniotico per valutare il cariotipo del feto, ossia il corredo genetico che determinerà le caratteristiche del bebè, e in questo modo individuare eventuali anomalie genetiche attraverso il conteggio e l'osservazione dei cromosomi del feto. Tra queste ci sono:

  • Trisomia 21 (Sindrome di Down): determinata da una coppia in eccesso del cromosoma 21 e che comporta un ritardo fisico e mentale, nonché lo sviluppo di certi tratti somatici tipici della malattia (es: occhi piccoli e inclinati, testa di dimensioni ridotte etc…).
  • Trisomia 13 (Sindrome di Patau): determinata da una coppia in eccesso del cromosoma 13 e caratterizzata da un grave ritardo cognitivo e di crescita.
  • Trisomia 18 (Sindrome di Edwards): determinata da una coppia in eccesso del cromosoma 18 e che provoca nel bambino evidenti malformazioni fisiche, nonché grossi problemi di funzionamento agli organi interni.
  • Fibrosi Cistica: scatenata da un gene mutato (gene CFTR), genera un muco denso che chiude i bronchi provoca gravi infezioni al sistema respiratorio, fiaccando progressivamente il tessuto polmonare.
  • Distrofia muscolare: malattie legate al cromosoma X che compromettono seriamente le funzioni dei muscoli e le capacità motorie di chi ne soffre.
  • Talassemia (o anemia mediterranea): una malattia ereditaria che altera la struttura di alcune catene dell’emoglobina, la proteina che permette al sangue di trasportare l’ossigeno all’interno dell’organismo. In base alla catena “difettata”, la talassemia può presentare conseguenze lievi (pallore, anemia) o più serie (crescita tardiva, ittero o frequenti coliche). Si tratta di una condizione meno grave di quelle precedentemente elencate.

In molti casi si ricorre all’amniocentesi anche per ricercare la presenza di eventuali malattie infettive trasmissibili dalla madre al feto come la toxoplasmosi o il citomegalovirus.

Quando fare l’amniocentesi

Poiché, come tutte le tecniche invasive, comporta un certo livello di rischio per il feto, anche se ridotto (circa l’1% dei casi), l’amniocentesi viene raccomandata solamente in determinate situazioni.

  • Quando l’età della madre supera i 35 anni d’età
  • Quando uno o entrambi i genitori risulta portatore di anomalie cromosomiche
  • Quando un precedente dual test effettuato sul sangue materno ha evidenziato un certo fattore di rischio per il nascituro
  • Quando un precedente esame ecografico ha evidenziato anomalie sospette
  • Quando la madre ha già partorito in precedenza figli affetti da malattie genetiche
  • Quando la madre è entrata a contatto con un virus potenzialmente pericoloso per il feto (come il citomegalovirus) e che potrebbe essere trasmesso durante la gravidanza

Per quanto riguarda le tempistiche da seguire per sottoporsi all’esame, stando alle linee guida della Società internazionale di ecografia ostetrica e ginecologica (Isuog), queste possono variare in base alle differenti esigenze e situazioni, anche se il range più frequente in genere va dalla 15esima alla 20esima settimana di gravidanza.

In base al momento della gravidanza in cui si esegue l'esame, possiamo distinguere tre tipologie di amniocentesi:

  • Amniocentesi del II trimestre, eseguita tra la 15esima e 20esima settimana.
  • Amniocentesi tardiva, eseguita oltre la 24esima settimana nei casi in cui sia necessario un prelievo di liquido amniotico per rilevare lo stadio di maturità fetale, valutare la maturità polmonare del feto o constatare lo stato di gravità dell’immunizzazione materno-fetale (quando il sistema immunitario materno si “rivolta” contro il feto, aggredendolo)

Come si svolge l’amniocentesi

Il test diagnostico prevede il prelievo di un campione di liquido amniotico che viene ottenuto inserendo un ago nel pancione per raggiungere l’utero. Per diminuire al minimo il rischio d’inconvenienti, prima di effettuare il prelievo l'operazione controlla la posizione della placenta (per non attraversarla con l’ago) e il battito cardiaco del feto.

L’intero esame dura pochi minuti e viene eseguito sotto costante monitoraggio ecografico.

L’amniocentesi è dolorosa?

Benché il test comporti l’introduzione di un ago nell’addome, l’amniocentesi non è considerato un esame più doloroso di un normale prelievo di sangue.

Quali sono rischi?

La seppur bassa percentuale di pericolo – meno dell’1%, come già spiegato – riguarda la possibilità di rottura delle membrane amniocoriali (che custodiscono feto e liquido amniotico) e perdita o lesione fetale. Anche il parto prematuro rientra nella casistica, anche se con incidenza molto lieve (sempre sotto l’1%).

Esame in gravidanza: villocentesi

Risultati e accuratezza

L’amniocentesi è considerato uno dei metodi diagnostici più affidabili per monitorare la salute del feto (accuratezza superiore al 99% dei casi) e normalmente i risultati dei test più rapidi – come la conta dei cromosomi – sono disponibili già pochi giorni dopo l’esame, mentre per le analisi più approfondite potrebbero occorrere anche una o due settimane.

Quando l’esame risulta negativo significa che il campione di liquido amniotico non ha presentato alcuna irregolarità rilevante. Se invece l’esito è positivo, allora il genitore o i genitori vengono subito informati delle anomalie riscontrate e delle loro implicazioni.

Alternative all'amniocentesi

Benché l’amniocentesi sia tutt’ora una delle tecniche di diagnosi prenatale più praticate, la sua componente invasiva talvolta rende preferibile il ricorso ad altre metodologie di screening prenatale, come il già citato dual test o la traslucenza nucale, che però possono solamente illustrare le probabilità di rischio, e non consentire una diagnosi vera e propria (come invece fa l’amniocentesi).

Rimane importante dunque sottoporsi a tutti gli esami prenatali raccomandati per ogni trimestre in modo da avere sotto controllo la situazione e intervenire tempestivamente in caso di complicanze o sviluppi sospetti.

Quanto può costare un’amniocentesi?

L’esame di amniocentesi risulta gratuito per la sanità pubblica “solo per le donne che, indipendentemente dalla loro età, hanno un rischio elevato, rilevato attraverso il test combinato o dovuto a condizioni familiari” (fonte: Ministero della Salute).

Nel resto dei casi, l’amniocentesi ha un costo che si aggira tra i 700 e i 1000 euro, con cifre variano in base alle diverse strutture ed esigenze delle pazienti.

Come scegliere tra villocentesi e amniocentesi

Entrambi gli esami sono invasivi, servono a valutare lo stato del corredo genetico fetale e comportano una (piccola) percentuale di rischio: dunque quando preferire un metodo rispetto all’altro?

Nella scelta tra amniocentesi e villocentesi sono due i principali criteri di scelta: tempistiche e, soprattutto, pareri dei medici

Di solito la discriminante più comune è il tempo entro quale sottoporsi al test. La villocentesi, che permette di prelevare un certo quantitativo di tessuto placentare, si effettua prima rispetto all’amniocentesi, tra la decima e la 13esima settimana, dunque appare preferibile nei casi in cui emergono prima i sospetti relative a possibili complicanze o malattie genetiche. L’amniocentesi però risulta più affidabile perché riduce al minimo i casi dubbi.

Ad ogni modo è sempre bene che sia un medico competente a valutare la strategia migliore.

Cosa fare se l’esito dell’amniocentesi è positivo?

Sapere che il figlio che stiamo aspettando con trepidazione nascerà con difficoltà sia a livello fisico che cognitivo può farci crollare il mondo addosso. In questi casi è fondamentale il supporto psicologico di chi ci sta intorno o di uno specialista per poter gestire le emozioni e ponderare con lucidità tutte le strade percorribili, senza giudizi o sensi di colpa. Non esiste un'unica via: qualsiasi scelta sarà quella più adatta a voi.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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