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Chi non sa leggere la sua scrittura non è un asino di natura, ha solo bisogno degli strumenti giusti

"Asino di natura chi non sa leggere la sua scrittura" era una frase umiliante che veniva detta in classe dalle maestre, o a casa dai genitori quando il piccolo non riusciva a leggere una frase scritta da lui. Se il piccolo ha difficoltà a leggere, scrivere o comprendere, l'unica cosa da fare è impegnarsi affinché con la giusta diagnosi abbia gli strumenti per imparare come gli altri.

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Chi non sa leggere la sua scrittura non è un asino di natura, ha solo bisogno degli strumenti giusti
Bimba a scuola
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La maestra ci chiama alla cattedra per dirci che è stanca di dover correggere le nostre verifiche che sembrano scritte in geroglifico e ci chiede di leggerle quella parola che proprio non è riuscita a comprendere. Ecco che le nostre guance si fanno paonazze, il cuore batte all’impazzata e niente, anche sforzandoci proprio non riusciamo a comprendere cosa abbiamo scritto noi. E lei ci incalza con un bel «Asino di natura chi non sa leggere la sua scrittura». Di certo questa scena è impressa nella memoria di tanti di noi, che si sono sentiti sbagliati, quando in realtà capita a tutti di scrivere frettolosamente e non riuscire a ricordare quello che avevamo scritto.

La frase oltre a umiliare i bambini, è un metodo educativo inaccettabile e che per di più non aiuta di certo il piccolo a imparare a scrivere meglio, veniva detta in tempi in cui i disturbi specifici dell’apprendimento non erano ancora molto conosciuti.

Gli insegnanti non avevano delle linee guida da seguire,  le diagnosi erano poche eppure erano già tantissimi i bimbi, fatti passare per negligenti o, peggio, per somari, che non riuscivano ad associare le lettere scritte a quelle da pronunciare a voce, perché soffrivano di un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA).

Tutti possono leggere la propria scrittura, con i giusti strumenti

Se portiamo gli occhiali e ci chiedono di leggere un testo senza, anche scritto da noi, non ne siamo in grado, le lettere si confonderanno, il foglio si farà opaco e noi staremo in silenzio. Lo stesso vale per i bambini e i ragazzi con un disturbo specifico dell’apprendimento che, innanzitutto, non è una patologia, piuttosto un disturbo del neurosviluppo. Un bimbo dislessico, disgrafico o disortografico, nella fase dello sviluppo, appunto, quindi quella in cui i suoi coetanei imparano una cosa nuova, a scrivere o a leggere, mostra delle difficoltà a imparare. Questo perché con le strategie messe in atto dai suoi compagni di classe, da suo fratello maggiore o dagli amici, lui proprio non riesce.

La scuola che, come specifica specifica l’articolo 34 della Costituzione, deve garantire a tutti il diritto di studio, ha il dovere non certo di far sentire diverso o sbagliato l’alunno, ma di rendere i suoi banchi, i suoi testi, le sue lezioni accessibili a tutti. I bimbi non sono somari e neanche meno bravi, hanno semplicemente bisogno di strategie diverse per imparare quello che la maggior parte dei loro compagni impara secondo un metodo utilizzato da sempre.

bimba che scrive

Per questo nel 2010 è stata emanata la legge n.170 che specificava le nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. All’articolo 7 si legge l’importanza dell’introduzione di nuovi strumenti chiamati compensativi. Tecnologie informatiche, utili per scrivere o fare i compiti, tabelle o calcolatrici per fare i calcoli, l’utilizzo dello stampato maiuscolo al posto dell’obbligo del corsivo, modalità di verifica delle competenze specifiche per ogni studente.

C’è chi ha bisogno di un supporto senza il quale non riuscirebbe a fare cose che ai suoi compagni sembrano semplici

Questi sono gli strumenti che gli insegnanti devono impegnarsi ad utilizzare, spiegando ai compagni di classe dei bimbi con DSA, che potrebbero dire “ah va beh ma con la calcolatrice siamo capaci tutti”, magari proprio con la metafora degli occhiali, che c’è chi ha bisogno di un supporto senza il quale non riuscirebbe a fare cose che a loro sembrano semplici, e questo perché siamo tutti unici e diversi. Il bimbo avrà anche un PDP, redatto dai suoi insegnanti, quindi un piano di apprendimento personalizzato con le migliori strategie per far fronte al suo specifico disturbo:

Disgrafia

Un bambino disgrafico oltre a scrivere in modo complesso da decifrare, a fare degli errori, impugnerà male la penna, questo perché il disturbo è strettamente collegato a un deficit motorio. La diagnosi di solito viene effettuata alla fine della seconda elementare, da un team di esperti. Il piccolo scriverà molto lentamente, avrà forte stress e ansia all'idea di dover fare un dettato o scrivere qualcosa alla lavagna. Per questo i supporti tecnologici possono venirgli in soccorso anche nel prendere appunti.

Disortografia

Diversa dalla disgrafia, poiché in questo caso il bimbo non scriverà male, ma avrà difficoltà nel passaggio dal fonema al grafema, quindi per esempio non distinguerà l'articolo separato dal nome, ma scriverà tutto attaccato, userà doppie dove non deve o al contrario non le metterà affatto, oppure sostituirà una lettera con un'altra.

Dislessia

Difficoltà a leggere, ad imparare l'alfabeto e lettere che si sovrappongono, sono il segnale evidente del fatto che il piccolo potrebbe essere dislessico. Questo disturbo prevede due tipologie di deficit, uno nella competenza meta-fonologica e uno nei processi visivo-percettivi.

I numeri nelle scuole in continuo aumento

L'ultimo sondaggio svolto dal Miur in Italia ha coinvolto gli alunni dalle classi terze della scuola primaria alla quinta della scuola superiore, dimostrando che per l’annata scolastica 2020-21, 326.548 erano gli studenti e le studentesse con una diagnosi di DSA.

Nello specifico 198.128 alunni presentavano dislessia, 99.769 disgrafia, 117.849 disortografia e 108.577 discalculia. Numeri in aumento dagli anni precedenti, questo proprio grazie alla maggior consapevolezza e all’aumento delle diagnosi.

A fronte di quasi 300.000 studenti con DSA, solo il 10% degli atenei italiani ha redatto delle linee guida specifiche

Nonostante questo una ricerca svolta tra gli atenei italiani ha dimostrato che se i ragazzi sembrano essere seguiti fino alla scuola superiore, lo stesso non vale all’università. La maggior parte degli Atenei italiani (86%) pubblica sul proprio sito internet informazioni relative alle misure e alle azioni che ciascuno di essi mette in campo e fornisce ausili tecnologici, tutoraggio, mediazione e specifici colloqui con i docenti e  affiancamento durante le prove d’esame. Però solo il 10% degli atenei ha effettivamente redatto delle linee guida per gli alunni con DSA, sottovalutando totalmente il problema.

Il supporto, non l’umiliazione come metodo educativo

Beffeggiare un ragazzino che non sa leggere qualcosa che ha scritto dicendogli che è un asino, è in primo luogo umiliante, e in secondo luogo inutile per la sua educazione. Ridicolizzare non insegna certo al piccolo a fare attenzione a tracciare lettere seguendo le righe.

insegnante e bimbo a scuola

Proprio per questo non bisogna più dire "Asino di natura chi non sa leggere la sua scrittura", piuttosto accorgersi che il bimbo ha delle difficoltà e applicarsi affinché possa fare specifiche visite ed avere una diagnosi. Tenendo sempre a mente che DSA non è sinonimo di deficit intellettivo, ma una discrepanza tra l'abilità in una competenza specifica e l'intelligenza generale.

DSA non è sinonimo di deficit intellettivo, ma una discrepanza tra una competenza specifica e l'intelligenza generale

Solo così il bimbo avrà accesso agli strumenti compensativi che gli permetteranno di vivere la scuola e i compiti a casa come un'opportunità e non come un incubo. E se anche oggi, per fortuna quasi più nessuno paragona ad un asino un bambino che fatica ad apprendere, non mettere in atto tutte le strategie possibili affinché tutti i bambini possano scrivere, leggere, imparare e concentrarsi, equivale a pensarlo ancora. E se ancora abbiamo questa forma mentis vuol dire che non stiamo facendo l'unica cosa che i bimbi meritano: che gli adulti di oggi diano il massimo per educare al meglio i grandi di domani.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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