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14 Febbraio 2024
9:00

Come reagire alla prima “amicizia speciale” del bambino?

Il sentimento speciale che il bambino può provare verso un coetaneo durante l’infanzia non è definibile amore, ma si tratta piuttosto di un’amicizia intensa verso un pari. Capita che il genitore si trovi impreparato di fronte alle confessioni romantiche del figlio piccolo. Si consiglia di non sminuire il suo sentimento o al contrario enfatizzarlo e di non assillarlo con domande, lasciandogli lo spazio di esprimersi.

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Come reagire alla prima “amicizia speciale” del bambino?
Intervista a Dott. Antonio Viscardi
Psicologo Perinatale
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La regola del “primo amore non si scorda mai”, vale pure per la prima amicizia speciale? Comunque la si voglia chiamare – amicizia speciale, infatuazione, simpatia – quella particolare attenzione per un compagno di classe o di giochi alla scuola dell’infanzia o primaria a volte crea imbarazzo nel genitore, che si trova impreparato su come gestire quell’indefinibile sentimento del figlio. È una forma prematura di amore o un’amicizia intensa? Non è strano che il piccolo riveli di avere un/a “fidanzatino/a” o torni a casa da scuola con un disegno, una dedica affettuosa, una dichiarazione o una richiesta su un foglio di carta (come l’intramontabile «Ti vuoi mettere con me?», con l’opzione di scelta «» o «no») nella tasca dello zaino. Le reazioni più frequenti degli adulti vanno dalla raffica di domande al figlio, alla gustosa risata, fino al senso di spaesamento generale. Wamily ha chiesto al dott. Antonio Viscardi, psicologo perinatale, risposte e consigli per i genitori destabilizzati dai primi batticuore e dalle confessioni romantiche dei figli in età preadolescenziale.

Cosa affrontare la prima "amicizia speciale" del bambino

Se il piccolo racconta al genitore di avere una simpatia per un compagno/a a volte si ha difficoltà nel trovare le parole più corrette per rispondergli. La prima regola è evitare assolutamente di deriderlo, sminuire i suoi sentimenti o, al contrario, enfatizzarli.

«Innanzitutto se nostro figlio/a torna a casa e condivide con noi una confessione del genere, dobbiamo sentirci onorati – risponde il dott. Viscardi – perché vuol dire che si fida di noi al punto da non aver timore alcuno nel condividere i propri sentimenti». «Non ci sta solo informando di un accadimento della sua vita, ma ci sta mettendo nelle mani ciò che il suo animo da bambino sta provando – continua lo psicologo -. Per questo motivo dobbiamo essere quanto più accoglienti possibile e non cercare di sminuire o invalidare l’esperienza di nostro figlio/a».

Magari davanti alla rivelazione del figlio all’adulto scappa una risata nervosa dettata dall’imbarazzo o dalla sorpresa, che è assolutamente normale. È la prima volta che il genitore si rende effettivamente conto che il piccolo sta interagendo con i suoi coetanei nel contesto sociale dove trascorre del tempo (la scuola, il parco) e sta stabilendo dei rapporti d’affetto e amicizia con individui esterni alla sua famiglia.

«È assolutamente normale che un genitore provi imbarazzo e resti quantomeno sorpreso dal racconto del proprio figlio/a. Spesso l’imbarazzo è dettato dal fatto che ci si sente impreparati a rispondere alle domande dei nostri bambini sull’amore o sull’affettività più in generale. Non dobbiamo però eludere le domande, ma trovare il coraggio di dare risposte quando saranno i bambini chiederle. Mostrarci rispettosi verso ciò che provano è un modo di far capire loro che stiamo dando valore ai loro sentimenti».

I bambini si innamorano?

Il sentimento sperimentato alla scuola dell’infanzia e alla primaria per un compagno non è definibile una vera e propria «cotta», che generalmente si sperimenta verso l’età dello sviluppo. E allora, di che cosa si tratta?

«Quello che provano i bambini più che “amore” è una forte amicizia verso un proprio pari, verso un proprio compagno di giochi – risponde lo psicologo Viscardi -. Per questo non dobbiamo rimanere stupiti se dovessero dirci di essere innamorati un giorno di un compagno dello stesso sesso e il giorno dopo di un altro compagno di sesso opposto. Questo accade proprio perché non è ancora interessata la sfera sessuale nel loro innamorarsi».

L’amicizia speciale, o simpatia, a 6 anni non è quindi paragonabile all’amore adulto in termini di intensità e significato.

«Seppur vero che già dai 3 anni in poi i bambini cercano l’amore al di fuori della propria famiglia è altresì vero che la prima cotta arriva intorno ai 10 anni, quando inizia a manifestarsi un maggiore interesse verso la sessualità – spiega lo psicologo -. Siamo in un’età in cui il turbinio di emozioni che si provano può essere difficile da decifrare e compito del genitore è proprio quello di fare da contenitore aiutando i propri bambini in questa fase di passaggio di sviluppo psicofisico».

Quando è giusto intervenire?

Tanti genitori rispondono alla “dichiarazione d’amore” del piccolo con una serie di domande. Tuttavia, la scelta migliore è porsi in ascolto del figlio.

«Più che fare domande, suggerirei di metterci in ascolto e lasciare che sia lui a condividere ciò che sente di dirci – risponde il dott. Viscardi -. Le domande potrebbero far sentire il bambino giudicato con il rischio di creare o aggiungere confusione a quella sua esperienza meravigliosa che sta provando».

Concesse sono invece domande sullo stato d’animo, come un semplice «come stai?».

«Volendo possiamo provare a chiedergli come si sente in quel momento e se gli va di descrivetelo» aggiunge lo psicologo.

Diverso è il caso in cui il figlio esprime la volontà di rimanere da solo con la persona per cui nutre una simpatia. A quel punto, è giusto intervenire con dei paletti.

«In questo caso come genitori possiamo mettere un confine ben definito – commenta l’esperto -. La tendenza dei nostri tempi è quella di pensare che un genitore debba comportarsi come un amico dei propri figli, ma questo rischia di creare confusione. I nostri bambini hanno bisogno di una guida e non di un compagno d’avventure».

Genitori gelosi

A volte nel genitore scatta la gelosia per quell’affetto dimostrato dal figlio per un compagno o una compagna di giochi o di banco. Anche se non si tratta di un sentimento maturo di amore, si percepisce il sentimento del figlio per qualcuno di esterno alla famiglia, che esula dal perimetro domestico e dell’amore familiare e, quindi, spaventa.

«Qui il discorso tocca altre dimensioni del rapporto con i propri figli – risponde il dott. Viscardi- Pensiamo che i nostri figli ci appartengano e ogni evento che ci ricorda quanto ciò non sia nemmeno vicino alla realtà ci può attivare e farci sentire a disagio. Vedere nostro figlio rivolgere altrove lo sguardo d’amore, che pensiamo essere un’esclusiva della nostra relazione, ci costringe a fare i conti con la nostra parte più egoista che non vorrebbe mai recidere il legame madre/padre e figlio».

La gelosia e il desiderio di un rapporto esclusivo dei genitori a volte si traducono in espressioni, pensieri o gesti disfunzionali dei piccoli.

«Non è giusto che i nostri figli ci vedano come loro fidanzati – continua lo psicologo -. I  bambini mettono in atto comportamenti imitando gli schemi relazionali degli adulti. Quando ci rivolgiamo a loro con appellativi come “amore di mamma” oppure quando usiamo frasi come “ti amo” al posto di un “ti voglio bene” stiamo noi stessi legittimando i nostri bambini a pensare che sia un’evoluzione naturale quella di poter un giorno sposare il proprio papà o la propria mamma».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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