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12 Marzo 2023
17:00

Cos’è il pointing e quando il bambino inizia a indicare

Il pointing è il gesto usato dal bambino già prima di iniziare a parlare per indicare qualcosa con il dito indice e il braccio teso. Un'azione con una funzione di richiesta dell'oggetto del desiderio e dichiarativa, che presuppone l'acquisizione di competenze motorie, cognitive e sociocomunicative da parte del piccolo. Se non compare entro i due anni di età è raccomandabile consultare un logopedista o un TNPEE.

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Cos’è il pointing e quando il bambino inizia a indicare
In collaborazione con la Dott.ssa Marta Isella
Terapista della Neuro e Psicomotricità
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«Mamma, guarda!». Fin dalla tenera età ai più piccoli piace indicare con il dito ciò che attira la loro attenzione. Un gesto spontaneo di stupore, che a volte diventa motivo di imbarazzo per il genitore, se il piccolo sta innocentemente indicando qualcosa di inappropriato. Ma quand’è che i bambini iniziano a usare il dito per indicare, praticando quello che, con il gergo tecnico, è chiamato “pointing”? Prima di iniziare a parlare!

Il pointing è il primo gesto comunicativo che si sviluppa nel bambino, in genere entro i primi due anni di vita. Si sviluppa prima della capacità locutoria e svolge un ruolo primario nell’acquisizione del linguaggio.

Che cos'è il pointing

Con il termine inglese pointing (dall'inglese to point, "indicare") s'intende il gesto del bambino di indicare con il dito indice. Non è un banale movimento: quando nostro figlio inizia a puntare qualcosa con il dito, significa che sta sviluppando le sue competenze motorie, cognitive e sociali.

«Il pointing – spiega a Wamily la dott.ssa Marta Isella, terapista della Neuro e Psicomotricità – è proprio l'azione di indicare con il dito indice allungato separato dalle altre dita della mano e il braccio teso».

All’inizio potrebbe non essere del tutto chiaro che il piccolo sta puntando un oggetto, ma non confondiamo il pointing con il reaching. Prima di imparare a indicare con il dito indice, il lattante potrebbe alzare semplicemente la manina in direzione di qualcosa per attirare l'attenzione, con un gesto che potrebbe risultare un po’ diverso da quello degli adulti: è il reaching. Solo in seguito il bambino acquisterà la capacità di indicare con il braccio e l’indice stesi e il resto delle dita piegate all’indietro, praticando il pointing.

«I bimbi – puntualizza la terapista – fanno tante altre cose anche prima del pointing, per esempio il reaching, cioè usano tutta la mano per indicare. In quest'ultimo caso non possiamo parlare di pointing: pointing è quando l'indice è isolato».

A che età il bambino inizia a indicare

I piccoli di casa iniziano a indicare con il dito generalmente entro i due anni di vita, prima di iniziare a parlare. Anzi, il pointing gioca un ruolo cruciale nell’acquisizione del linguaggio. Una fase, quella del pointing, imprescindibile nello sviluppo del bimbo, che si palesa di solito fra i 7 e i 15 mesi del piccolo: intorno all’anno di età (in media 11 mesi) nostro figlio inizierà a segnare con il dito un oggetto o un essere vivente.

«Il pointing – precisa la terapista Isella – emerge indicativamente intorno all'undicesimo mese di vita del bimbo, ma già verso i 7-8 mesi alcuni piccoli possono iniziare ad utilizzarlo e fino ai 2 anni viene considerato un momento in cui può emergere».

Indicare le cose consente al piccolo di catturare l’attenzione degli adulti direzionandola su ciò che a loro interessa in quel preciso istante.

puntamento

Cosa comunica con il pointing

Il pointing è una forma essenziale di comunicazione non verbale, che aiuta lo sviluppo del linguaggio. Attraverso il puntamento il bambino ci sta comunicando qualcosa. Ma cosa?

Il gesto dell’indicare nel bambino ha due obiettivi fondamentali:

  • Richiedere l’oggetto del desiderio, come il ciuccio o il pane, indicandolo (come se stesse dicendo: "Voglio quello!"). La funzione richiestiva del pointing è la prima ad emergere e si verifica quando il piccolo chiede qualcosa all'adulto per soddisfare un suo bisogno personale (per esempio, desidera il pane in tavola, ma non sa come chiederlo perché ancora non parla, quindi lo indica). Inizialmente, quando è più piccolo, utilizza il reaching per indicare l'oggetto del desiderio, in seguito ricorre al dito e, quindi, al pointing;
  • Dichiarare l’oggetto di interesse, come un animale o un aeroplano, indicandolo (come se stesse dicendo: “Cos’è quello?”, “Guarda quello!”). La funzione dichiarativa si sviluppa intorno all'anno di vita del bambino, dopo quella richiestiva, quando il piccolo non è più focalizzato solo su di sé, ma vuole condividere ciò che ha attirato la sua attenzione con qualcun altro (per esempio, vede l'uccellino in cielo e lo indica per farlo vedere anche al genitore, riconoscendo che c'è qualcuno a cui far vedere l'animale).

«Il pointing – continua Isella – è un gesto che presuppone l'acquisizione, da parte del piccolo, di tre capacità: motoria, cognitiva e socio-comunicativa. Motoria perché con il pointing il bimbo mette in atto l'uso selettivo del dito indice, che è dissociato dall'uso delle altre dita, e stende il braccio; cognitiva perché se il piccolo utilizza il pointing significa che ha capito che questo gesto lo aiuta a ottenere qualcosa; socio-comunicativa perché il pointing ha due valenze, una richiestiva e l'altra dichiarativa. Lo step socio-comunicativo, dunque, parte come richiesta (che è già una funzione comunicativa) e arriva anche alla condivisione (con una funzione sociale)».

Quando il piccolo sta tentando di comunicarci qualcosa e intende accertarsi che il genitore lo stia guardando, potrebbe tendere la mano e, insieme, proferire qualche versolino (per esempio, “da!”). Il connubio fra pointing e versi è un primo chiaro segnale che annuncia che lo sviluppo del linguaggio è ormai vicino.

Il pointing è un’abilità universale che apre la strada allo sviluppo del linguaggio, aiutando i più piccoli a creare il loro vocabolario e a combinare le prime parole con i gesti. I piccoli che iniziano a ricorrere al pointing fin da piccoli tendono a imparare prima le parole, rispetto chi tarda a usare i gesti di puntamento.

Il gesto fornisce una finestra sui significati e sui concetti che i bambini nelle prime fasi dell'apprendimento linguistico non sono ancora in grado di trasmettere nel discorso (Cartmill, Demir & Goldin-Meadow, 2012)

Perciò l’atto di indicare qualcosa nel mondo esterno è un gesto fondamentale nella crescita del bambino, che non va assolutamente ostacolato o scoraggiato. Anzi, esisterebbe una continuità tra comunicazione gestuale e verbale. Prima i bambini iniziano a indicare, prima è facile che inizino a parlare e ad ampliare il loro vocabolario!

Quando preoccuparsi

Non esiste un’unica età, valida a livello universale, in cui i bambini iniziano inderogabilmente a indicare oggetti con il dito, ma in genere è un gesto che si manifesta fra i 7 e i 15 mesi di età. Se ciò non avviene entro i 2 anni, conviene rivolgersi a uno specialista.

«Se entro i 2 anni non si è ancora manifestata l'azione di pointing è utile chiedere una consulenza a un logopedista o a un terapista della neuro e psicomotricità (TNPEE) per capire il motivo del ritardo, per valutare se il bambino ha già sviluppato altri canali di comunicazione efficaci o per verificare se è presente qualche difficoltà nella parte motoria o – come accade più spesso – in quella comunicativa-sociale» spiega la dott.ssa Isella.

Se nostro figlio non inizia a indicare con il dito entro i 2 anni è raccomandabile consultare uno specialista

È importante monitorare il piccolo, accorgendoci se entro i 24 mesi non ha iniziato a puntare gli oggetti con l'indice. Insieme a ciò, va valutata nel tempo la funzione con cui il pargolo ricorre all’azione dell’indicare: oltre che un gesto di richiesta del ciuccio o del giochino, il pointing deve diventare un modo per il piccolo per condividere con gli adulti quello che lo incuriosisce e cattura la sua attenzione.

Oltre alla comparsa del pointing, è essenziale monitorarne l'uso nel tempo

«Non è da tenere sotto controllo solo lo sviluppo del pointing e del gesto d'indicare, ma anche l'uso con cui viene fatto: inizialmente va benissimo che il piccolo lo usi come gesto richiestivo, ma se nel tempo rimane esclusivamente come gesto richiestivo e il bimbo non lo usa mai in funzione dichiarativa e di condivisione con chi c'è attorno, allora dobbiamo insospettirci: è un campanello d'allarme» conclude la terapista Isella.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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