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In attesa delle tanto annunciate soluzioni a sostegno delle famiglia italiane, il Governo che tanto si batte in difesa del cosiddetto modello "tradizionale" per il momento sembra maggiormente orientato verso un altro tipo di tradizione: quella dei tagli.
Nella recente bozza per la nuova legge di bilancio è infatti stata eliminata la diminuzione dell'aliquota IVA agevolata al 5% per i prodotti per l'infanzia e la tampon tax, portando così il latte in polvere, gli assorbenti, i tamponi e le coppette mestruali di nuovo al 10% .
In realtà Giorgia Meloni lo aveva annunciato già la scorsa settimana in seguito all'approvazione del disegno di legge per la legge di bilancio da parte del Consiglio dei Ministri:
«Purtroppo non confermiamo il taglio dell'Iva sui prodotti della prima infanzia, ma aggiungiamo altre tre misure per un miliardo di euro» aveva commentato la premier, ma ora la pubblicazione dei 91 articoli che compongono "l'embrione" della legge di bilancio 2024 hanno ufficializzato una manovra che oltre a pesare sul portafoglio dei consumatori, sembra sconfessare l'operato e le promesse dei mesi precedenti.
Se infatti era stato il governo Draghi il primo a intervenire sulla cosiddetta tampon tax, riducendo l'aliquota IVA dal 22% al 10% sugli assorbenti femminili, era stato proprio l'attuale esecutivo ad abbassare ulteriormente l'IVA al 5% per assorbenti e prodotti per la prima infanzia, dando finalmente seguito a quanto detto in campagna elettorale.
Il generale incremento dei prezzi aveva però depotenziato notevolmente la portata della misura, tanto che anche il Codacons – pur plaudendo all'iniziativa del governo – aveva pubblicato un report per mostrare come l'agevolazione introdotta non si traducesse più in un effettivo risparmio per i genitori che si trovavano ad acquistare prodotti come biberon, pannolini, latte in formula o seggiolini per auto.
Anziché incrementare la riduzione o calmierare il mercato però, il governo ha preferito optare per un colpo di spugna che ha riportato le lancette dell'orologio indietro di un anno. E a quanto pare, non si tratta dell'unica sbavatura di una legge che, almeno nelle anticipazioni, doveva presentarsi in "formato famiglia".
Partiamo ad esempio dall'annoso problema della mancanza di asili nido e scuole per l'infanzia. Il governo ha infatti promesso iscrizioni gratuite a partire dal secondo figlio grazie ad un contributo che oscilla tra i 2.100 e i 3.600 euro a famiglia, ma in molte realtà non ci sono strutture adeguate in grado di accogliere tutti questi bambini.
Per quanto riguarda invece la decontribuzione per tutte le lavoratrici madri con più di un figlio invece, lo sgravio non sembra riguardare proprio "tutte". La decontribuzione infatti presenta un tetto di 3.000 euro, si arresta al compimento dei dieci anni del figlio più piccolo ed è rivolta solo alle donne in possesso di un contratto di lavoro indeterminato.
Tagliate fuori quindi sia le madri con un piego precario, sia le casalinghe, che quando si parla di famiglie con molti figli rappresentano tutt'altro che una rarità statistica.
Per non parlare poi delle tante mamme che hanno contribuito al futuro del Paese mettendo al mondo soltanto un figlio. Per loro non è stato previsto nessun inventivo a parte quelli già esistenti, così come per gli anziani e le coppie senza figli, realtà sempre più numerose all'interno del tessuto sociale italiano ma che nell'Italia di "Dio, Patria e Famiglia" non sembrano rappresentare più una voce così rilevante.