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7 Aprile 2024
18:00

La Dunstan baby language: il vocabolario che traduce i versetti dei neonati 

Priscilla Dunstan è una cantante lirica australiana che ha messo la sua conoscenza delle frequenze e delle note a disposizione dei genitori, indagando il significato dei versi dei bebè di età compresa tra gli 0 e i 3 mesi. Ecco il vocabolario per comprendere i neonati.

A cura di Sophia Crotti
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La Dunstan baby language: il vocabolario che traduce i versetti dei neonati 
versi dei neonati

I neonati emettono tantissimi suoni, importantissimi per la stimolazione delle loro future capacità di linguaggio. I bebè tra gli 0 e i 3 mesi, spesso prima di scoppiare in pianto ripetono sempre lo stesso verso gutturale, probabilmente perché stanno cercando di comunicare qualcosa.

Mossa da questa curiosità Priscilla Dunstan, una cantante lirica e musicista australiana affascinata dalle frequenze e dai suoni ripetitivi provenienti dalla bocca dei bambini, ha deciso di cimentarsi in una ricerca dando vita a una specie di vocabolario dei bebè. Ha quindi raggruppato una serie di mamme e i loro bambini per testare il suo vocabolario. Secondo la ricercatrice i bimbi sono mossi nella produzione dei suoni nei primi mesi di vita da dei riflessi involontari, ognuno dei quali fa poi vocalizzare loro suoni diversi.

Non vi sono evidenze scientifiche che Dunstan sia riuscita nell’intento di tradurre un linguaggio forse più complesso di quello utilizzato nel Manoscritto Voynich, tuttavia molti genitori negli USA hanno confermato quanto affermato dal suo vocabolario “Dunstan baby language” divenuto famoso grazie alla partecipazione di Priscilla Dunstan nella trasmissione televisiva statunitense condotta da Oprah Winfrey.

Imparare questo linguaggio fatto di gesti e suoni può aiutare i genitori a comprendere il proprio bebè e ad aiutarlo. Vediamo quali parole ne fanno parte.

Neh: ho fame!

Proprio “neh” è l’onomatopea che indica che il piccolo è un po’ arrabbiato. Il piccolo produce questo suono perché le sue labbra, la sua lingua e il suo palato sono impegnati nel riflesso di suzione, prima che il bebè scoppi in pianto. Inoltre il piccolo potrebbe stringere fortemente i pugnetti.

Owh: ho sonno!

Molto simile a uno sbadiglio rumoroso, quando i bambini fanno “owh” significa che è arrivata l’ora di cullarli affinché si lascino andare a una miriade di sogni tra le braccia di Morfeo. Secondo la teoria del linguaggio Dunstan anche l'inclinazione della testa del bimbo da un lato o dall'altro significa che ha sonno.

Heh: sono a disagio!

Le pieghe del lenzuolo danno fastidio alla schiena del piccolo o forse qualche indumento è stretto, magari ha caldo oppure il pannolino è sporco. In ogni caso quando i bimbi iniziano a pronunciare il suono “Heh-heh-heh” significa che sono a disagio.

Secondo la teoria del linguaggio di Dunstan il suono sarebbe prodotto da un riflesso involontario messo in atto dal bimbo che prova dolore o prurito sulla pelle o che sta sudando. Il bimbo potrebbe anche manifestare degli scatti degli arti superiori.

Eair: ho la pancia gonfia!

Il bimbo che grida "Eair", diventa rosso in viso e sembra contrarre gambe e muscoli del volto sta solo manifestando la sua motilità intestinale. Il bebè ha mal di pancia e mal di stomaco, e lo manifesta con questo suono che proviene da una contrazione dell'intestino che tenta di gettare fuori l'aria che non è uscito ad espellere con un ruttino.

Eh: devo fare un ruttino!

Il suono "eh" dei neonati è la risposta gutturale alla presenza di un'enorme bolla d'aria intrappolata nel petto. Il piccolo cerca di fare un ruttino facendo fuoriuscire l'aria dalla bocca ma non ci riesce, per questo è bene aiutarlo dandogli qualche leggera pacca sulla schiena. Il bimbo potrebbe anche inarcare la schiena per spiegare che ha proprio bisogno di fare un ruttino.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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