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21 Luglio 2023
14:00

La fiaba de La bella e la bestia: trama, curiosità e cosa ci insegna

La Bella e la Bestia è una delle fiabe più note della tradizione letteraria. La versione più popolare della storia è stata scritta da Madame Villeneuve, anche se l’origine del romantico racconto è ricondotta ad Amore e Psiche di Apuleio. L’amore tra la figlia del mercante e la Bestia mostruosa è tanto forte da superare gli stereotipi e rompere un incantesimo.

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La fiaba de La bella e la bestia: trama, curiosità e cosa ci insegna
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Una fanciulla incantevole ed elegante che s’innamora di un essere mostruoso e burbero, dietro la cui corazza di arroganza e scortesia si nasconde in realtà un cuore d’oro (e un affascinante principe azzurro). Lo racconta una delle fiabe più note e apprezzate della tradizione letteraria, dal titolo la Bella e la Bestia. La versione più popolare fu pubblicata nel 1756, tuttavia alcuni ne attribuiscono l’origine alla romantica Amore e Psiche, una storia dello scrittore Apuleio, vissuto primi secoli dopo Cristo.

Storia della fiaba

La versione che conosciamo oggi della Bella e la Bestia è il frutto di una riduzione dell'opera di Madame Villeneuve pubblicata nel 1756 da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Prima di questa data, Giambattista Basile e Charles Perrault, l’autore del Gatto con gli stivali, ne avevano scritto una loro personale versione.

La Bella e la Bestia è una fiaba europea, la cui origine, tuttavia, pare essere più antica. Sarebbe da ricondurre ad Amore e Psiche, uno dei racconti più belli raccolti nelle Metamorfosi di Apuleio. Psiche, una fanciulla mortale di bellezza impareggiabile, si sposa con Amore senza conoscerne l’aspetto, poiché il marito si presenta a lei solo nella notte. Allo stesso modo, Bella s’innamora della Bestia, a prescindere dalle sembianze.

Trama

Bella era la figlia di un ricco mercante, che improvvisamente perse tutti i suoi averi e cadde in povertà. Un giorno, l’uomo seppe che una delle sue navi mercantili era riuscita ad arrivare al porto e, pensando di esser così rientrato in possesso delle sue ricchezze, chiese alle figlie che cosa avrebbero desiderato in dono. Le due sorelle di Bella, vanitose e antipatiche, pretesero vestiti e gioielli, mentre Bella chiese una rosa. Una volta arrivato in città, il mercante scoprì con dispiacere che il carico della nave era stato venduto per coprire i suoi debiti, e, sconsolato, si mise in cammino per tornare dalle figlie a mani vuote.

Durante il tragitto, fu travolto da una bufera di neve e decise di ripararsi in un castello apparentemente abbandonato. Nel giardino del palazzo, l’anziano mercante notò un magnifico roseto e pensò di cogliere il fiore per la figlia Bella, tuttavia, fu sorpreso dal proprietario del castello, una mostruosa Bestia, che gli rimproverò di aver ricambiato la sua generosa ospitalità con un tentativo di furto e sentenziò che per questo ora meritava la morte. Quando il mercante gli spiegò che il suo intento era quello di cogliere un fiore per la splendida figlia, la Bestia decise di risparmiargli temporaneamente la vita a patto che al suo posto il mercante portasse al castello la figlia.

Arrivato a casa, il mercante raccontò l’accaduto alle figlie, e Bella insistette per andare al castello, perché era stata lei a chiedere la rosa al padre. Bella fu ospitata così dalla Bestia, che inaspettatamente iniziò a trattarla con gentilezza e dolcezza e la circondò di ricchezze, abiti di classe e monili. La Bestia regalò alla fanciulla anche uno specchio magico, dal quale lei poteva vedere i suoi familiari.

Un giorno, contemplando lo specchio, Bella vide il padre malato e chiese alla Bestia di concederle un’uscita per trascorrere qualche giorno a casa. La Bestia acconsentì, raccomandandole di tornare entro una settimana, perché se no sarebbe morto di dolore. A causa della perfidia delle sorelle, invidiose della ricchezza di Bella, la fanciulla rientrò al castello con qualche giorno di ritardo, trovando la Bestia agonizzante dal dolore.

A quel punto, Bella lo pregò di non morire perché voleva sposarlo. Pronunciate quelle parole, la Bestia si trasformò in un bellissimo principe, che in passato era stato vittima dell’incantesimo di una strega. La maledizione si sarebbe sciolta solo quando una giovane avesse voluto sposarlo. Bella e il principe vissero felici per il resto della vita insieme al padre, mentre le due sorelle furono trasformate in statue, così che potessero assistere alla felicità altrui finché non si fossero pentite della loro cattiveria.

Cosa ci insegna?

La storia della Bella e la Bestia è stata oggetto di diverse interpretazioni. È una storia romantica, che racconta la forza di un amore che va oltre l’aspetto fisico e l’apparenza, tanto potente da rompere un incantesimo.

Nella vicenda emerge l’animalità, che è insita in ogni essere umano e che attraverso un sentimento sublime, come l’amore, può purificarsi.

La fiaba ha anche un valore iniziatico: la giovane Bella, dopo una serie di peripezie e difficoltà, diventa donna. Il suo viaggio di ritorno a casa per assistere il padre, sancisce un prima e un dopo nella storia. Quando Bella torna al castello, è ormai un’adulta con le idee chiare sul suo futuro con la Bestia.

Curiosità

La fiaba riscosse fin da subito un enorme successo, tanto che numerosissimi autori e artisti si cimentarono in sue rielaborazioni. Nell’Ottocento in Francia, Stati Uniti e Inghilterra furono stampate addirittura quasi 70 edizioni della Bella e la Bestia.

La vicenda piacque a tal punto da essere tradotta in musica, in opera teatrali e in pellicole cinematografiche. Nel 1920 fu distribuito il film muto La bella e la bestia, realizzato in Italia sotto la regia di Umberto Fracchia, mentre al 1991 risale l’omonimo film d’animazione Disney, il primo cartone ad essere candidato al premio Oscar come migliore film. Nel 2017 è uscito il remake con Emma Watson nei panni di Belle e Dan Stevens nel ruolo della Bestia.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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