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6 Marzo 2023
11:00

“Matrigna” e “patrigno”: due parole da cancellare dal dizionario italiano

Esiste una rassegna di nomi terribili per identificare i membri di un nucleo familiare che si costruisce giorno dopo giorno. I divorzi e le separazioni portano con loro grossi cambiamenti anche e soprattutto per i più piccoli. Spesso l’amore si moltiplica e i bimbi ricevono affetto anche dai nuovi compagni dei loro genitori, ma come possono chiamarli? Non esiste un termine coniato dai nostri dizionari, serve lasciare parlare l’amore.

A cura di Sophia Crotti
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“Matrigna” e “patrigno”: due parole da cancellare dal dizionario italiano
famiglia allargata

Gli ultimi dati ISTAT, risalenti al 2020, raccontano che in Italia si sono separate quasi 80.000 coppie e hanno divorziato quasi 70.000 coniugi. Numeri in calo rispetto all’anno precedente, solo perché in continuo calo sono anche i matrimoni e le unioni civili.

Il quadro è molto chiaro: più di 150.000 famiglie nel 2020 in Italia hanno visto cambiare il proprio nucleo, che spesso si è  allargato.

In molti casi separazioni e divorzi non sono sinonimi di dolore e rancore, ma di accettazione del fatto che entrino in gioco nuove figure: i compagni di mamma e papà.

Queste persone innanzitutto non hanno un nome che le definisca. Secondo il vocabolario italiano si dovrebbero accontentare dell'appellativo di matrigna o patrigno.

Inoltre non hanno sempre vita facile, si inseriscono in contesti già formati, magari scatenando i fastidi dell’ex-marito o dell’ex-moglie e quelli dei figli che, presi dal dolore e dalla rabbia, potrebbero rifiutarli.  Devono comprendere le linee educative decise dai genitori biologici ed entrare in punta di piedi, facendosi rispettare, ma anche imparando quando è bene fare un passo indietro.

Per aiutare sia noi stessi che i nostri bimbi, che stanno comunque vivendo una situazione traumatica, potremmo metterci a un tavolo con tutte le persone che d'ora in avanti si prenderanno cura di loro e discutere sulle modalità di affidamento che preferiamo e i metodi educativi da mantenere.

L'importante è essere consapevoli che se lo si vuole non si smetterà mai di essere genitori, anche se in famiglia si aggiungono nuove persone o se non si condivide ogni giorno lo stesso tetto.

La storia del nome per il compagno di mamma o papà

La lingua italiana non aiuta di certo: nel 2023 ancora non esiste un termine che definisca il compagno o la compagna di mamma e papà. O meglio esistono “matrigna” e “patrigno” che, oltre a sembrare dispregiativi, ci catapultano scopa e straccio alla mano, davanti a Lady Tremaine, la tremenda matrigna di Cenerentola.

Non se la passano certo meglio con il nome i bimbi, che per i compagni di mamma e papà potranno essere al massimo “figliastri”. Tra di loro questi bambini, poi saranno “fratellastri” e “sorellastre”, magari invidiosi e crudeli come Anastasia e Genoveffa.

famiglia allargata

Questi termini, però, non nascono con un’intenzione dispregiativa, lo sono diventati col tempo. Infatti il termine matrigna, che ha nella sua radice mater, madre, è stato coniato dal termine latino privignus, ossia "figlio di primo letto". Che altri non era che appunto il figliastro, come a evidenziare la differenza tra la madre biologica e quella “adottiva”.

Nel 2023 ancora non esiste un nome che definisca il compagno o la compagna di mamma e papà

Il dizionario Treccani, riporta tra i neologismi del 2018 una parola che, almeno al suono, è meno dispregiativa, configlio, da cui poi deriverebbero commadre e compadre. Questi termini nascono sulla falsariga di consuocero e consuocera, quindi una persona che svolge lo stesso ruolo di un’altra già esistente. Ma, nonostante i passi avanti, non sembrano comunque essere le soluzioni migliori.

Il nome burocratico dei compagni di mamma e papà

Il burocratese, anche in questo caso non abbandona il suo gergo molto freddo, parlando di genitore sociale o terzo genitore. Termini che minano un po’ il rapporto umano: il terzo genitore sembra essersi così classificato in una gara podistica di affetto, mentre l’attributo sociale fa pensare che poi tra le mura domestiche, lontani dalla società tutta, il legame venga meno.

A livello legale i compagni di mamma e papà non hanno alcun dovere nei confronti dei figli non biologici e, dunque, neanche diritti

Ma perché stupirsi? A livello legale, effettivamente, il compagno della mamma o del papà non ha alcun dovere nei confronti del bambino, neanche dopo il matrimonio. Non deve mantenerlo, occuparsi della sua educazione, della sua istruzione o della sua crescita. O meglio, non deve farlo per forza. Perché quando non si hanno doveri, a mancare sono anche i diritti.

C’è un vuoto normativo per il quale viene meno l’unico interesse della legge: la tutela del più fragile che in questo caso è il minore. Chi tutela il rapporto tra il bambino e il compagno della sua mamma biologica se per esempio i due si lasciano dopo 8 anni di relazione, vissuta tutti e 3 sotto lo stesso tetto? Nessuno. Forse nessuno pensa che non vedere mai più una persona che ti ha cresciuto per 8 anni sia un trauma per il piccolo.

Lo stesso vale per le famiglie omogenitoriali, dove esiste un immenso vuoto normativo per la tutela del rapporto tra il bimbo e il genitore non biologico, che però allo stesso identico modo del genitore biologico lo ha voluto, desiderato, aspettato, amato e cresciuto.

I compagni di mamma e papà esistono

La lingua e l’assenza di un nome sono solo lo specchio di una società che si evolve e muta ogni giorno e di leggi che non stanno al passo, sono lente a cambiare e si fanno obsolete.

Perché quando non esiste un nome per definire qualcuno o qualcosa, è come se questo qualcuno o qualcosa non esistesse.

bambina e papà

Basta entrare in una delle case di quei 150.000 italiani di cui parla l’Istat, per capire che i compagni di mamma o papà esistono eccome e hanno un ruolo fondamentale per i figli, ai quali poco importa della biologia. Li portano a scuola, a danza, a basket, cucinano loro la colazione e la cena e rimboccano le loro coperte la sera. Senza doverlo fare per forza, ma perché spinti dall’amore di un legame che è la base di ogni tipo di famiglia.

Quando non esiste un nome per definire qualcuno o qualcosa, è come se questo qualcuno o qualcosa non esistesse.

Allora dovremmo applicarci per trovare un nome e delle leggi per queste figure, che giocano un ruolo essenziale nella crescita dei bambini. Nell’attesa non ci resta che ascoltare i nostri bimbi e lasciare che siano liberi di chiamare chi si prende cura di loro come vogliono.

L’importante è essere sempre sinceri dicendo loro come sono nati e da chi, rispondendo a tutti i loro perché. Impareranno che famiglia è libertà, anche quella di chiamare chi non ha il loro stesso patrimonio genetico “mamma”, o “papà”.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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