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31 Gennaio 2024
15:00

Natalità, la strana proposta della Ministra: «Bisogna comunicare la maternità in modo più attraente»

Per il ministro della Famiglia Eugenia Roccella dietro la crisi demografica c'è anche un fattore comunicativo e di priorità delle nuove generazioni, preoccupate dall'inconciliabilità con la carriera e il tempo per l'aperitivo. La povertà? Un falso problema: «facevamo più figli sotto le bombe».

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Natalità, la strana proposta della Ministra: «Bisogna comunicare la maternità in modo più attraente»
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Promuovere la genitorialità esaltandone il valore sociale e rendendola più attrattiva per i giovani. È questa la ricetta auspicata dalla Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella al convegno "Sostenere la natalità: le sfide per la comunicazione" tenutosi il 30 gennaio a Roma per parlare di maternità e dell'ormai annosa crisi della natalità, due temi reputati di grande importanza per l'agenda politica del governo.

«Il calo demografico è un problema che ha radici antiche ma nel mondo di oggi pone sfide nuove. Si tratta di rendere la genitorialità non solo conciliabile con la realizzazione professionale, ma anche attrattiva e compatibile con la vita sociale e relazionale» ha spiegato Roccella, la quale identifica nello scarso appeal della maternità uno dei principali motivi dietro il drastico crollo di nuovi nati del Belpaese.

Dopotutto, continua la Ministra, anche i genitori possono concedersi «il famoso spritz», bevanda simbolo della gozzoviglia delle nuove generazioni e colpevole di distrarre i ragazzi dalle cose veramente importanti della vita. Come fare figli, per l'appunto.

«La persona che diventa adulta è in grado ed è chiamata a generare, sia dal punto di vista biologico e fisico, sia dal punto di vista psicologico e culturale – spiega – Generatività è dunque un concetto che trascende la soddisfazione individuale e che si traduce in un’apertura dall’individuale al sociale-comunitario attraverso il prendersi cura delle nuove generazioni in uno slancio di speranza e apertura verso il futuro».

Da qui l'auspicio che l'Università possa diventare un luogo di riflessione per occuparsi di questa tendenza culturale, diffondendo maggiore informazione sulla fertilità e sull'alfabetizzazione sanitaria, e proporre un modello sociale in cui genitorialità e realizzazione personale (e professionale) non siano più concetti opposti ed incompatibili.

Insomma, per Roccella serve un bella operazione di marketing per far capire alle donne italiane che diventare madri è bello, non sottrae tempo all'aperitivo e, in fin dei conti, risponde ad un'esigenza a metà tra il dovere civico e l'istinto biologico.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che un restyling nell'approccio comunicativo potrebbe non scalfire un problema che, stando a tutte le più recenti indagini sociali e statistiche, appare ben più profondo e radicato per una generazione che fatica a trovare una stabilità economica prima dei 30 anni, non ottiene mutui senza garanti e non riesce più a conciliare i frenetici ritmi degli impegni lavorativi con la vita familiare.

Anche questo però potrebbe essere un falso problema, dice Roccella, la quale non appare molto convinta di questa visione secondo la quale i problemi della natalità italiana siano legati alla povertà, almeno a livello di grandi numeri nazionali.

«Sul piano individuale e di aree sociali è ovviamente legata anche a problemi economici, su cui il governo ha già cominciato ad intervenire, seppur con tutti i limiti di risorse che purtroppo abbiamo; ma in realtà la denatalità è una sorta di accompagnamento allo sviluppo: man mano che i Paesi escono fuori da condizioni di sottosviluppo decresce la natalità».

La prova di ciò, ha continuato la Ministra, è che «facevamo più figli sotto le bombe di quelli che facciamo adesso, che ci troviamo invece in una condizione di benessere e di welfare diffuso, articolato, anche se non in grado di dare tutte le risposte».

Dando uno sguardo più da vicino a questo sistema di welfare però, qualche malfidato potrebbe notare come gli incentivi a supporto delle famiglie (pur potenziati dall'esecutivo con i vari bonus e Assegni Unici) non solo non riescono a sopperire all'erosione del potere d'acquisto delle famiglie flagellate dall'inflazione, ma sembrano sempre più orientati a favorire i nuclei di chi ha già deciso di avere più di un figlio.

Un altro dato interessante potrebbe riguardare il fatto che attualmente meno del 30% dei bimbi sotto i 3 anni riesca a trovare un posto nei servizi educativi specifici per la prima infanzia (dati ISTAT), soprattutto se si vive nel Mezzogiorno d'Italia.

Un ostacolo non da poco per un genitore lavoratore che deve trascorre tutta la giornata fuori casa e che spesso si trova costretto a pagare baby-sitter o esibirsi in corse frenetiche per non abbandonare i figli sull'uscio dell'asilo. Non resta nemmeno il tempo per uno spritz.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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