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7 Luglio 2023
17:00

Nessuno potrà mai descrivere quelle emozioni travolgenti davanti alle due lineette rosa: il test di gravidanza è finalmente positivo!

Ci affacciamo a guardare il test di gravidanza posizionato sul marmo del lavandino e sgraniamo gli occhi: il risultato è positivo. Si scioglie la tensione, e veniamo investite da un vortice di emozioni e sentimenti diversi, dalla gioia alla paura. Un istante in cui il cuore ha smesso per qualche secondo di battere e che rimarrà impresso nella nostra memoria in eterno.

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Nessuno potrà mai descrivere quelle emozioni travolgenti davanti alle due lineette rosa: il test di gravidanza è finalmente positivo!
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Il test di gravidanza è appoggiato sul bordo del lavandino. Ci molleggiamo come un pendolo sulle gambe, avanti e indietro, per ingannare l’attesa. Sfreghiamo le mani sudate contro i jeans, mentre teniamo gli occhi chiusi, nella convinzione, probabilmente ridicola, che il nostro desiderio si avvererà se speriamo intensamente che si realizzi. Allunghiamo il braccio tremante. Solleviamole le palpebre. Sullo stick sono apparse due lineette rosa. Due. Il risultato è inequivocabile: incinta. Una sensazione inesplicabile e travolgente al sapore di gioia e paura ci pervade mente e corpo: d’ora in avanti, dovremo ragionare per due. Non ci resta che uscire dal bagno, consapevoli che, chiusa quella porta, la nostra vita sarà inevitabilmente diversa.

Un misto di emozioni contrastanti

Si scioglie la tensione e, dalla punta dei piedi a quella dei capelli, siamo attraversate da un turbinio di emozioni diverse. Gioia, amore, soddisfazione, felicità, appagamento. Sentimenti romantici, che a volte si palesano in compagnia dei loro antagonisti: un pizzico di paura, un cucchiaio di terrore, un chilo di senso di inadeguatezza, una tazza di disorientamento. Le emozioni davanti a un test positivo non devono essere per forza tutte positive.

La reazione di una futura mamma ovviamente varia a seconda che si tratti di una gravidanza desiderata o inaspettata. Ma anche nel caso in cui quel test positivo sia il frutto di un rapporto volutamente non protetto e finalizzato alla gravidanza, il primo sentimento che s’impossessa di noi potrebbe non essere l’entusiasmo. La gioia immediata non è scontata. A volte, la felicità non è l’ospite esclusiva del banchetto emotivo che ha inizio in noi, il quale, anzi, è frequentato da emozioni diverse, contrastanti, ambivalenti. Accanto all’entusiasmo, entrano in scena l’ansia, la preoccupazione, la paura. Non ci sentiamo pronte. Ci colpevolizziamo perché ci riteniamo inadeguate o avventate. Non sappiamo come reagirà il partner o la famiglia. È un vortice emotivo che richiede del tempo per essere metabolizzato, razionalizzato, digerito.

Non siamo sbagliate se non sappiamo ancora cambiare un pannolino

Il figlio non arriva il giorno del test positivo, e non siamo sbagliate se non sappiamo ancora cambiare un pannolino, o se vogliamo prendere una decisione diversa da quella che, sappiamo, sosterrà il resto della famiglia. Ricordiamoci che, per quanto grande e fornita sia una libreria, non esporrà mai sui suoi scaffali il manuale del genitore perfetto, perché non esiste, e la fretta è una cattiva consigliera, che alimenta ansie inutili.

La paura è fisiologica, e, se controllata, è un sentimento positivo, che va a braccetto con la serenità. Timore per il futuro significa, infatti, anche previdenza, senso di responsabilità, lungimiranza. L’importante è domarla e non lasciarla libera di prendere il sopravvento sul resto.

Il giorno del test positivo è una linea spartiacque, tra un prima e un dopo. Tra la vita da donna e la vita da mamma. Tra la vita in funzione nostra e la vita in funzione di un esserino. Una data sul calendario, insomma, che difficilmente scorderemo.

Ogni stick racconta una storia

Francesca è sposata con Fabio da due mesi, e, da quando sono entrati nella casa nuova, sognano di allargare la famiglia. «Chissà – fantastica Francesca, sorridendo – come sarà avere un neonato per casa per Rex, abituato a catalizzare le attenzioni dei suoi padroni».

Martina stamattina si è svegliata con la nausea e, seduta sul water, ha scoperto con orrore che gli slip erano bianchi. Il test è nel cestino, e a lei batte il cuore all’impazzata: non sa come comunicarlo a sua madre e al suo nuovo datore di lavoro.

Laura è al terzo prelievo ovocitario, e da quattro anni è in cerca di un figlio con il suo partner. Ha perso il conto dei test effettuati, dei fallimenti, delle speranze diventate illusioni. Sta stringendo quel bastoncino con tanta forza che rischia di stritolarlo: è arrivato il giorno che aspettava da una vita.

Ogni test di gravidanza positivo racconta una storia diversa. Chi il figlio lo desiderava da anni, chi non lo stava cercando. Chi è rimasta incinta al primo tentativo, e chi è ricorso a tecniche mediche stressanti, dolorose e costose per coronare il sogno di genitorialità. Quella lineetta, che è uguale per tutte, nasconde vite e percorsi unici nel loro genere, perché sono i nostri.

Come utilizzare il test per l’annuncio della gravidanza

Sta a noi stabilire il destino del test di gravidanza positivo. In genere, una volta effettuato, lo si getta nella spazzatura. Tuttavia, alcune mamme conservano lo stick in una scatola come ricordo di quel giorno speciale oppure lo utilizzano per il lieto annuncio al partner, agli amici o ai parenti. In tal caso, il test di gravidanza positivo, esaurita la sua funzione diagnostica, diventa un mezzo per annunciare la gravidanza in modo semplice e originale.

Dopo averne attentamente avvolto il lato assorbente con una pellicola o semplicemente chiuso il cappuccio protettivo, lo mostrano al compagno, alla compagna, a un genitore o una sorella, di persona, attraverso una videochiamata o una fotografia. Oppure, lo incartano o lo inseriscono in una custodia, proponendolo come un pacco regalo ai familiari, ignari della lieta sorpresa.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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