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21 Settembre 2023
17:00

Mentre in Italia si difende la famiglia tradizionale, in Usa le aziende pagano la PMA ai dipendenti

Negli Stati Uniti sempre più compagnie inseriscono nel proprio welfare aziendale la copertura dei costi per i trattamenti di fertilità dei dipendenti. In Italia però la questione appare ancora complessa, benché l'aiuto della scienza potrebbe contribuire a quella lotta contro l'inverno demografico che tanto inquieta il nostro futuro.

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Mentre in Italia si difende la famiglia tradizionale, in Usa le aziende pagano la PMA ai dipendenti
lavoro pma

Da anni Italia il dibattito socio-politico sulla natalità appare impantanato su questioni come la maternità surrogata (già illegale nel nostro Paese) e la difesa delle cosiddette "famiglie tradizionali". In altre parti del mondo, invece, sono le stesse aziende a farsi promotrici di iniziative per sostenere le nuove nascite.

Se però fino a qualche anno fa la maggior parte delle politiche di welfare aziendale puntavano soprattutto a facilitare la conciliazione casa-lavoro (con orari flessibili e nidi aziendali) o a supportare economicamente i dipendenti con figli (bonus alla nascita, borse di studio etc…), ora in alcuni Paesi come Stati Uniti e Olanda appare molto diffusa la tendenza a coprire anche i costi per l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).

L'esempio degli States

Negli USA, fino a poco tempo, quello del pagamento dei trattamenti per la fertilità era un privilegio concesso solo a manager e dirigenti delle grandi multinazionali.

Ora invece, complice un mercato del lavoro in netta ripresa e dove le imprese faticano a trovare nuovi assunti a causa dell'elevato tasso di occupazione, per attrarre la forza lavoro più giovane la copertura delle spese per la fecondazione assistita sta diventando una voce sempre più presente nell'elenco dei benefit aziendali.

Negli Stati Uniti ora non sono solo i grandi dirigenti a poter avere un benefit per i programmi della fertilità

Come riportato dal Wall Street Journal infatti, nell'America post-pandemica anche bariste, cassiere, magazziniere e persino dipendenti part-time possono aspirare ad un contributo da parte del proprio datore di lavoro per congelare i propri ovuli o iniziare il percorso di PMA.

Apple, Amazon e Facebook sono senz'altro i nomi più noti tra le compagnie che hanno scelto di adottare questa politica, tuttavia anche le realtà meno titolate livello internazionale si stanno attrezzando per seguirne l'esempio.

Certo, si tratta di un impegno economicamente oneroso e che non può essere sostenuto da tutti, eppure la strada appare tracciata.

Adeguarsi all'evoluzione sociale

Una simile scelta trova la propria giustificazione nel fatto che nella società occidentale sono sempre di più le persone che, pur volendo diventare genitori, prima di compiere il passo decisivo preferiscono privilegiare la carriera, così da poter godere di una solida situazione economica e sociale quando verrà il momento di diventare padri o madri.

La natura però non segue i nostri desideri e, soprattutto per le donne, la possibilità di concepire cala drasticamente dopo i 35 anni. Ecco perché molte aziende ora vedono nelle tecniche di PMA il futuro per una genitorialità più "attempata" ma che comunque potrà realizzarsi nonostante i limiti imposti del nostro corpo.

E in Italia?

Il modello statunitense sta prendendo piede in Europa – benché al momento siano soprattutto banche e multinazionali a dotarsi di simili strumenti di welfare – e anche l'Italia non è esclusa dal processo, benché i grandi esempi si possano ancora contare sulla punta delle dita.

Tra questi c'è senz'altro Bending Spoon, S.P.A italiana dedicata allo sviluppo di applicazioni e dispositivi che prevede per i propri dipendenti un contributo iniziale di 10mila euro per sottoporsi a trattamenti per la fertilità o la crioconservazione degli ovuli.

Come detto però, simili realtà sono mosche bianche del settore, in quanto la stessa fecondazione assistita in Italia appare ancora un tema non pienamente accettato.

Tutt'ora infatti le tecniche di PMA vengono spesso viste con diffidenza, come se il ricorso alla moderna tecnologia non appartenesse alle strade "lecite" per fare figli e si finisse implicitamente per svilire la genitorialità ottenuta in modo "artificiale".

Prova di ciò è il fatto che al momento nel nostro Paese le tecniche di PMA sono ancora riservate ad una fetta molto ridotta della popolazione sia per i costi, sia per la legge vigente, in quanto l'ordinamento italiano esclude automaticamente tutti i single e le coppie omosessuali da questa possibilità.

Eppure in una nazione con un basso tasso di fecondità e un'età media per avere il primo figlio che continua ad innalzarsi, negarsi l'opportunità di avvalersi del progresso potrebbe risultare fatale. Non solo per una questione patriottica e di discendenza, ma per un fattore squisitamente socio-economico: se tra 50 anni avremo molti più anziani che giovani impiegati in attività produttive, chi sosterrà il sistema pensionistico e i servizi necessari per uno Stato di Diritto?

Forse è il caso d'iniziare a spogliarsi del pregiudizio e valutare la possibilità che anche sul fondo di una provetta potrebbe celarsi la gioia di un nuovo genitore e il futuro stesso del nostro Paese.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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