1 Marzo 2023
16:00

Non importa se etero o gay: i genitori crescono i figli nello stesso modo. Gli psicologi bacchettano i politici

Quasi 50 anni di studi confermano che le obiezioni contro le famiglie Lgbt sono fuffa. Gli Ordini degli Psicologi italiani sono costretti a intervenire periodicamente sul tema dell’omogenitorialità per smentire le dichiarazioni dei politici. «Non vi sono differenze sostanziali - sottolineano - fra le famiglie con genitori eterosessuali e quelle con genitori omosessuali rispetto alla crescita dei figli».

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Non importa se etero o gay: i genitori crescono i figli nello stesso modo. Gli psicologi bacchettano i politici
Famiglia Lgbt

«I bambini meritano di avere una mamma e un papà». «Crescere con genitori dello stesso sesso influenza l’identità sessuale dei figli». «Avere due mamme o due papà traumatizza i piccoli di casa». Affermazioni che – nonostante siano totalmente prive di alcun fondamento scientifico – continuano a trovare largo spazio sulle bocche di politici e figure istituzionali, oltre che su quelle della gente comune. Tanto che, periodicamente, psicologi, ricercatori e professori universitari sono chiamati a intervenire per rivendicare i risultati dei loro studi in materia di omogenitorialità.

L’ultima smentita alle obiezioni sulle famiglie arcobaleno è arrivata da sette Ordini regionali degli Psicologi della nostra Penisola, che, dalla cattedrale di San Marco fino alla vetta dell’Etna, ribadiscono, all’unisono, come non vi siano differenze nella crescita dei figli fra le famiglie con genitori eterosessuali e quelle con genitori omosessuali ed evidenziano anche l’assenza di correlazioni fra l'omosessualità dei genitori e l'orientamento sessuale dei figli.

Come i figli crescono non dipende dal tipo di famiglia in cui nascono, che sia una famiglia “tradizionale” o una famiglia con due mamme o due papà. «La letteratura scientifica, ormai consolidata» – scrivono gli psicologi – «evidenzia che non vi sono differenze sostanziali fra le famiglie con genitori eterosessuali e quelle con genitori omosessuali rispetto alla crescita dei figli».

Una conclusione lapidaria, che chiama in causa la maestra inoppugnabile della discipline: la scienza. E allora, perché è ancora urgente scomodare gli Ordini degli Psicologi per sottolinearlo?

Cosa dicono gli studi scientifici

Risale a 45 anni fa il primo studio scientifico – pubblicato sulla rivista Am J Psychiatry del 1978 – che per la prima volta ha smontato i cliché sulle famiglie omogenitoriali e "tradizionali". La ricerca, condotta da R. Green, aveva come fine quello di indagare l’influenza dell’orientamento sessuale dei genitori omosessuali sullo sviluppo dell’identità di genere dei figli. Il risultato? I figli gay di coppie omosessuali non sono di più di quelli che nascono da coppie eterosessuali.

32 anni dopo T.J. Biblarz e J. Stacey hanno addirittura ribaltato la prospettiva. Gli studiosi, analizzando i risultati di quasi un ventennio di ricerche, si sono chiesti se e in che modo l’orientamento sessuale dei genitori incide sui figli, arrivando a una risposta inaspettata. Ebbene sì, la famiglia omogenitoriale è diversa rispetto a quella eterogenitoriale, ma solo perché i figli di gay e lesbiche crescono meno condizionati dai modelli culturali sulla sessualità rispetto a chi ha una mamma e un papà.

Alla luce di analisi condotte nel 2010 fra coppie etero, gay e genitori single e pubblicate sul Journal of Marriage and Family, è emerso che quello che conta per crescere bene è la qualità delle cure genitoriali, e non il sesso o il numero di genitori. Insomma, i bambini non devono necessariamente crescere con un papà e una madre per essere felici.

In linea con il verdetto di quasi un cinquantennio di ricerche sono le più prestigiose e attendibili istituzioni internazionali e nazionali di psicologia. Uno su tutti, lAmerican Academy of Child and Adolescent Psychiatry (AACAP), che nel 2013 ha inderogabilmente dichiarato che:

La ricerca attuale mostra che i bambini con genitori gay e lesbiche non differiscono dai bambini con genitori eterosessuali nel loro sviluppo emotivo o nelle loro relazioni con coetanei e adulti. È importante che i genitori capiscano che è la qualità della relazione genitore/figlio e non l'orientamento sessuale del genitore che ha un effetto sullo sviluppo di un bambino (AACAP)

Come sottolinea l'AACAP, i figli di genitori lesbiche, gay o transgender:

  • Non hanno maggiori probabilità di essere gay rispetto ai bambini con genitori eterosessuali
  • Non hanno maggiori probabilità di essere abusati sessualmente
  • Non mostrano differenze nel pensare a se stessi come maschio o femmina (identità di genere)
  • Non mostrano differenze nei loro comportamenti maschili e femminili (comportamento di ruolo di genere)

Piuttosto, i problemi (e i traumi) nascono a causa del giudizio esterno della società, che punta il dito contro quello che non rientra nei canoni della tradizione. A essere oggetto di stigma dalla comunità non è tanto l’orientamento sessuale dei genitori, quanto, invece, la loro capacità, in quanto coppia omosessuale, di crescere adeguatamente dei figli.

Una presa di posizione accorata, quella dell'AACAP, a favore delle famiglie gay, condivisa dall’American Psychological Association (APA), dall’American Psychoanalytic Association (APsaA) e dall’Associazione Italiana di Psicologia (AIP). In particolare, quest’ultima nel 2011 ha ribadito:

Ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare che i genitori forniscono loro, indipendentemente dal fatto che essi siano conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso (AIP)

Coppia Lgbt incinta

Le bufale della politica

Dal 1978 ad oggi, le ricerche sono andate tutte in un’unica direzione. Quella dell’uguaglianza fra eterogenitorialità e omogenitorialità. Eppure, i dettami scientifici – forti di quasi mezzo secolo di studi pubblicati su riviste autorevoli – non convincono chiunque.

I dettami scientifici, incredibilmente, non convincono chiunque

Nel 2016 l’Ordine degli Psicologi del Lazio era già intervenuto sulla questione dell’omogenitorialità, esponendosi pubblicamente. Era l’anno in cui fra gli scranni di Palazzo Madama si discuteva animatamente di Unioni civili e Stepchild adoption, di matrimoni gay sì e matrimoni gay no, di adozione (del figlio biologico del partner sì) e di adozione no, punti salienti all’interno del disegno di legge Cirinnà. È in questo ginepraio che aveva alzato la voce l’Ordine, spedendo ai senatori, alla Vigilia del rivoluzionario voto, un dossier di più di 70 studi, attinti dalla letteratura scientifica internazionale, a sostegno dell’omogenitorialità (o, meglio, a sostegno della tesi secondo cui non esistono connessioni fra disagi del minore e genere o orientamento sessuale dei genitori).

L’allora presidente dell’Ordine laziale degli Psicologi in persona aveva esortato a «rimanere focalizzati sulla tutela del minore e delle sue relazioni affettive» avvalendosi «di posizioni scientifiche, anziché personali o culturali», perché, in caso di bocciatura dell’adozione (nella forma della Stepchild), il figlio del genitore biologico sarebbe stato condannato a rimanere, per legge, orfano di un genitore.

L’ultimo intervento, in ordine di tempo, dell’Ordine degli psicologi del Lazio – insieme agli Ordini professionali di Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Campania, Abruzzo, Sicilia – risale allo scorso febbraio, quando gli psicologi hanno scritto una lettera indirizzata alla Ministra Eugenia Roccella, in risposta a sue affermazioni rilasciate in un'intervista tv su La 7. Il nuovo ingresso del Governo, a capo del Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, aveva dichiarato che «ogni bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà» perché «lo dicono tutti gli psicologi».

Un'affermazione ritenuta fuorviante e scientificamente scorretta dagli psicologi italiani, che sono scesi in campo per ribadire la scorrettezza dell’informazione:

Gli psicologi concordano quindi nel ritenere che le famiglie con genitori dello stesso sesso siano in grado di essere genitori in modo efficace, che i figli di queste coppie abbiano le stesse linee di sviluppo dei figli di coppie eterosessuali, e che, semmai, il fattore determinante nel benessere individuale e nella salute psicologica sia la capacità della società di non esporre le famiglie alla stigmatizzazione, al pregiudizio e alla discriminazione. Come professionisti della salute mentale e del benessere psicologico concordiamo nel riconoscere la famiglia funzionale come quella che sa offrire cura, sicurezza, protezione, sostegno, apertura alle diverse dimensioni dell’esistenza umana (Lettera di sette Ordini degli Psicologi all'on. Roccella)

Per trovare un antecedente storico è sufficiente girare all’indietro le lancette dell’orologio e tornare al 2014, anno in cui a essere categoricamente smentita dalla comunità scientifica fu l’allora Ministra della salute Beatrice Lorenzin, che in una trasmissione in onda su Rai 1 aveva dichiarato che «tutta la letteratura psichiatrica, da Freud in poi, riconosce l’importanza per il bambino di avere una figura paterna e materna per la formazione della propria personalità».

I pregiudizi sulle famiglie arcobaleno sono privi di evidenze scientifiche

Anche in quell’occasione, non si erano fatte attendere le risposte dell’Associazione Italiana di Psicologia e del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop), che avevano bacchettato l’esponente del Governo definendo quelle asserzioni prive di fondamento empirico.

Pregiudizi privi di evidenze scientifiche

La comunità scientifica, insomma, è concorde nel ritenere privi di evidenze scientifiche i pregiudizi sulle famiglie arcobaleno. Anzi, invita la collettività, inclusi i vertici dello Stato, a ponderare le parole e a non divulgare informazioni scorrette e ingannevoli.

Perché il rischio è che quelle parole e quella disinformazione diventino un’arma pericolosa puntata contro degli innocenti. L’ignoranza crea danni, fino a tradursi tante volte in ferite profonde sulla pelle di che, come unica "colpa", ha quella di ricevere l’amore di due persone dello stesso sesso.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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