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28 Febbraio 2024
11:00

Perché i neonati profumano?

L'odore dei neonati è ritenuto un vero e proprio profumo irresistibile e inconfondibile. Sono stati pubblicati diversi studi a riguardo, anche se non esiste una spiegazione unica e chiara di cosa lo produca. L'ipotesi più accreditata risiede nella vernice caseosa che riveste il feto nel grembo materno.

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Perché i neonati profumano?
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Se il profumo di neonato venisse imbottigliato e venduto in profumeria lo acquistereste? Se la risposta è positiva, non siete gli unici. Secondo uno studio pubblicato nel 2017, oltre il 93% dei genitori dichiara piacevole l’odore del figlio in fasce. Ma perché la pelle del neonato ha un profumo irresistibile? La risposta ad oggi non è chiara. Secondo una delle teorie più accreditate, l’odore delizioso deriva dal liquido amniotico e dalla cosiddetta vernice caseosa, la sostanza bianca che ricopre il neonato nel grembo materno durante la gravidanza. Nonostante alla nascita il piccolo venga lavato, rimarrebbero per settimane sulla sua pelle (specialmente sui capelli) le tracce delle sostanze odoranti. In più, è stata dimostrata un’associazione tra il profumo del neonato e una reazione neurologica nella mamma. Una cosa è certa: quella fragranza, un misto di morbidezza, latte, borotalco, è unica, inconfondibile e inimitabile.

Perché i neonati sono profumati?

Il profumo dei neonati probabilmente deriva dalla vernice caseosa, cioè da quel rivestimento  prodotto dalle ghiandole sebacee e da detriti cellulari che riveste la pelle del feto nell’utero e lo protegge dal liquido amniotico.

Uno studio del 2019 ha tuttavia in parte smentito la teoria, sostenendo che l’odore del neonato contenga elementi chimici diversi da quello del liquido amniotico.

Ad ogni modo, il profumo del piccolo ha un potere unico e straordinario, confermato dalla scienza. Già nel 1987 dei ricercatori avevano coinvolto delle mamme in una ricerca sull’odore dei bebè, scoprendo che il 90% di loro era in grado di identificare il figlio attraverso l’olfatto.

Gli effetti del profumo del neonato

Il profumo del figlio neonato è irresistibile come un piatto di carbonara fumante, un vassoio di sushi al salmone o un trancio di pizza margherita. A suggerirlo è uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology nel 2013, secondo il quale l’odore del piccolo innesca i percorsi della dopamina nelle mamme nella regione del cervello associata alle ricompense. È il medesimo percorso attivato dai profumi di cibi deliziosi: il profumo dei bebé accende i circuiti nervosi del piacere.

Non è stata l’unica scoperta sugli effetti del profumo del neonato sugli adulti e nello specifico sui genitori. All’interno di un lavoro sui segnali sociochimici nel comportamento umano, dei ricercatori israeliani del Weizmann Institute of Science hanno concluso che l’esposizione a una sostanza chimica – l’esadecanale, presente nel cuoio capelluto del neonato – riduce l’aggressività negli uomini, ma la aumenta nelle donne.

Quando smettono i profumare?

Dopo circa sei settimane dal parto il neonato inizia a perdere il profumo più intenso. In generale, comunque, più il piccolo cresce, più il suo odore diventa meno piacevole.

Secondo uno studio condotto dall’Università di Dresda, in Germania, insieme a quella di Wroclaw, in Polonia, e pubblicato sulla rivista Chemosensory Perception, è emerso come la gradevolezza del profumo del neonato cali con l’età. Alla ricerca hanno partecipato 235 genitori di età compresa tra i 21 e i 65 anni, che hanno risposto come segue:

  • Per i neonati il 93,7% dei genitori ha valutato l’odore del piccolo come gradevole
  • Per i bambini in età puberale la percentuale è scesa all’83,8%
  • In età postpuberale solo il 75,2% dei genitori ha valutato l’odore del figlio come piacevole

Quella fragranza inebriante paragonabile a un miscuglio di latte, borotalco e morbidezza, è destinata a svanire con il tempo.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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