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26 Marzo 2023
18:00

Quali sono i nomi vietati dalla legge in Italia

Ci sono nomi vietati in Italia per legge, in quanto possono ledere la psicologia dei bambini che li portano. La norma parla in modo diretto riguardo ai limiti che devono rispettare i genitori. Se ci sono violazioni, è possibile che sia avviata una procedura per giudizio di rettificazione.

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Quali sono i nomi vietati dalla legge in Italia
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La scelta del nome per il proprio bambino è una delle fasi obbligate della vita di un genitore, ma spesso anche una delle più cariche di incertezze. Un nome, salvo eccezioni, è per sempre e per questo mamme e papà ne meditano le opportunità, anche stilando nei mesi di gestazione una lista dei preferiti.

Ma occhio, perché non è solo l’ispirazione a determinare come si chiamerà il proprio bambino, visto che la legge italiana mette qualche paletto. In realtà, molti paesi europei e fuori dal continente, salvo una maggiore tolleranza negli Stati Uniti, hanno fissato una serie di regole a cui i genitori devono attenersi, per tutela dell’emotività dei figli.

Sì, ci sono nomi vietati dalla legge in Italia e nel mondo, con un logico riferimento che accomuna tutti. In poche parole, lo Stato va a proteggere i bambini da scelte sconsiderate o discutibili fatte dai genitori. In questo modo si cerca di evitare eventuali imbarazzi e danni di natura psicologica.

Il Belpaese è molto attento sulla questione dei nomi e il riferimento legislativo è il Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 3 novembre 2000, con tutti i successivi aggiornamenti. Ma vediamo di seguito cosa dice lo Stato in merito e perché non si possono chiamare i propri figli in alcuni modi.

I nomi vietati in Italia

La legge italiana parla in modo trasparente sulla questione nomi. Il già citato DPR del 2000 fissa infatti delle regole ben precise all’art. 34 del Decreto. Ma, a differenza di quanto molti non credano, sono indicazioni generali e non una lista specifica.

In sunto:

  • Non si può dare al bambino lo stesso nome del padre vivente o del fratello e della sorella viventi
  • Non si può dare un cognome al posto del nome
  • Non si possono dare nomi ridicoli o vergognosi

In più, ai bambini aventi la cittadinanza italiana, possono essere dati nomi stranieri, ma solo espressi con le lettere dell’alfabeto italiano, con estensione a J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell'alfabeto della lingua di origine del nome.

Quali sono i nomi vietati dalla legge

In realtà, a dispetto di quanto non si legga in giro, nomi quali Benito e Adolfo, piuttosto carichi di rimandi storici, non sono considerati illegali. Il nome Benito, se non associato al cognome Mussolini, non è vietato. C’è confusione in merito, ma non ci sono rimandi legislativi che impediscano l’uso di questo nome.

Al contrario, è vietato, come detto, associare un nome ad un cognome storico, motivo per cui ai genitori è richiesto di non esagerare. Non sono infatti ammessi, a parte i già citati nomi e cognomi storici, anche quelli che fanno riferimento a personaggi letterari o di fantasia, come anche quelli di serie TV e cartoni animati.

Per riassumere, se il vostro cognome è Rossi, potete chiamare vostro figlio Benito Rossi, ma non Benito Mussolini Rossi, o vostra figlia Laura, ma non Laura Palmer Rossi, che rimanda al singolare personaggio della serie I Segreti di Twin Peaks.

Ma ancora, non sono ammessi nomi quali Doraemon o Goku, che riprendono rispettivamente le serie animate di Doraemon e Dragonball, ma neppure Moby Dick e Grande Gatsby. No anche a nomi quali Lucifero, Satana, Conte Dracula e Pollon, che non hanno un cognome ma possono creare imbarazzo nel bambino o la bambina che li porta.

Una parentesi a parte merita Ikea, che sembra essere un nome femminile che alcuni genitori hanno provato a dare alla propria figlia. No, affibbiare il nome di una multinazionale ai propri bimbi, non è molto ben visto dalla legge, che potrebbe far rientrare questa scelta tra i nomi “ridicoli o vergognosi” al primo comma del DPR n. 396 di cui abbiamo parlato.

Cosa succede in caso di violazione

La domanda sorge spontanea, che succede se un genitore va a registrare il proprio figlio con un nome che viola le norme? Il funzionario gli dirà dapprima bonariamente che sta rischiando di infrangere un divieto, ma se il soggetto è convinto e richiede ugualmente la registrazione, l’ufficiale redige l’atto di nascita, ma avvisa formalmente il Procuratore della Repubblica.

In questo caso si avvia la procedura per il giudizio di rettificazione, che porta l’istanza dinanzi al Tribunale competente. È il caso del 2008, quando la Corte d’Appello di Genova aveva imposto ad una coppia di cambiare il nome assegnato al figlio: Venerdì, come il servo di Robinson Crusoe, che poi è stato modificato in Gregorio.

Al contrario, nel 2012, la Cassazione aveva accolto il ricorso di una coppia che aveva chiamato la figlia Andrea. In questo caso, sebbene i nomi femminili e maschili per la legge vadano associati in modo da non creare imbarazzo di identità, la Corte aveva ammesso che Andrea poteva essere assegnato ad una bambina, in quanto riconosciuto come femminile a livello internazionale.

Lo stesso dicasi per Maria come secondo nome per un maschietto, ammesso e spesso adoperato.

Bibliografia
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