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5 Aprile 2023
18:00

Perché mio figlio ride quando lo sgrido?

Il bimbo ride davanti a un nostro rimprovero e allora ci arrabbiamo perché questa ci sembra un'enorme mancanza di rispetto. Non è così, il piccolo con questa reazione sta semplicemente "scappando" da una situazione che non sa gestire. Noi genitori dobbiamo mantenere la calma e lasciare che col tempo il piccolo impari il giusto approccio.

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Perché mio figlio ride quando lo sgrido?
Pedagogista
Bimba che ride al rimprovero

"Cosa vuole che le dica? È naturale che poi lo metto in castigo e urlo. Quando l'ho sgridato si è messo a fare lo stupido, ha iniziato a ridermi in faccia e prendermi in giro! Non ci ho visto più!". Succede più volte di quanto ci si immagini. Mentre stiamo sgridando il bambino, lui si mette a ridere, ci viene da indurire la pena, per fargli capire che quello che sta facendo è inaccettabile, anche più del motivo stesso del rimprovero. Perché succede questo? Cosa porta un bambino a "riderci in faccia" e cosa possiamo fare quando accade? È mancanza di rispetto o altro? Queste sono alcune domande frequenti a cui proveremo dare una visione diversa dal solito.

Il bimbo ride e io mi arrabbio ancora di più

Anzitutto, quando abbiamo a che fare con l'educare, il primo punto su cui riflettere è sempre questo: qual è il mio atteggiamento? Prima di concentrarsi sui motivi che possono portare un bambino a fare quel che fa, siamo chiamati a riflettere sul nostro stato d'animo, a ragionare su quello che noi, in qualità di punti di riferimento, stiamo mettendo in gioco. La "rivoluzione copernicana" sta, e deve stare, in questo: il centro siamo noi adulti.

Noi adulti dobbiamo sempre interrogarci su qual è il nostro atteggiamento nei confronti del bambino

Sì, perché la relazione educativa è asimmetrica, è una relazione impari, in cui noi siamo gli adulti e lui è il bambino, in cui noi siamo l'educatore (genitore, maestro di scuola, coach della squadra…) e lui è l'educando (figlio, alunno, membro della squadra). Dire che il centro è l'adulto non significa in alcun modo escludere i bisogni del bambino dal nostro focus, non significa in alcun modo standardizzare l'educazione. Dire questo, ci pone di fronte a una grande, intensa responsabilità: quella di dover riflettere costantemente su ciò che stiamo trasmettendo con il nostro atteggiamento.

rimprovero

Non potendo nasconderci dietro al "È fatto così", siamo chiamati a chiederci "Cosa, delle mie reazioni, dei miei atteggiamenti, trasmetto? Che esempio ho dato?" Spesso mi trovo a dire ai genitori "Appena sentite a livello viscerale che state per vomitare una reazione su vostro figlio, dovete fermarvi, respirare e aspettare, perché dalla vostra reazione nascerà un insegnamento: insegnerete come si reagisce quando la tensione sale". Troppo spesso i genitori si sentono giudicati. Questo succede quando si fa leva sul senso di colpa per aver commesso un errore con i propri figli. È bene specificare che non c'è colpa ma responsabilità, non c'è errore ma consapevolezza. Il punto non è essere genitori perfetti, ma genitori consapevoli.

Come reagire a un bambino che ci ride in faccia?

"Allora cosa posso fare se lui dovesse fare così?". Lavoriamo sull'attitudine a non reagire, ma agire intenzionalmente. Se il bambino a un nostro rimprovero ride, allora è evidente che non permette a quella spiacevole sensazione di squalifica di accedere e di stazionarsi dentro di sé. Non la tollera e per evitarla reagisce. Le reazioni dei bambini possono essere molteplici quando non permettono a quella sensazione mortificante di squalifica di esistere: fughe, provocatorietà (tra cui lo scherno, come in questo caso), oppositività, aggressioni (a volte fisiche, altre verbali).

Un bambino che ride davanti a un rimprovero non è irrispettoso, semplicemente non sa come gestire la situazione

Se il modus operandi è questo, la prima cosa da fare è rompere il meccanismo. Aggiungere reattività ad altra reattività, porterà ad aumentare la temperatura emotiva di quel momento, quindi la prima cosa da fare è ascoltarsi per capire se stiamo mantenendo la gestione della situazione o ci stiamo lasciando andare al nervosismo.

genitori esausti

Se sentiamo che ci stiamo facendo prendere dal nervosismo, ammettiamo a noi stessi che siamo in difficoltà e mettiamo la situazione in pausa, così da ristabilire le priorità del momento. Un aiuto può essere concentrarsi sul fatto che la reazione del bambino non è una questione di "rispetto" – comunemente inteso -, non ha nulla a che vedere con la lesione della nostra autorità, ma ha unicamente a che fare con il fatto che abbiamo di fronte un bambino non in grado di gestire la situazione: motivo per cui siamo tenuti a insegnarglielo noi.

Dirgli che non si fa, non funziona

Parto dal presupposto che chiunque sia interessato a questo tema, abbia già provato a far valere la propria autorità senza, però, successo. Ripetiamo che aumentare la tensione non permette al bambino di rendere quel momento accessibile alle sue capacità emotive.

Stabiliamo un contatto autorevole fatto di calma e accessibilità

Mettiamoci, perciò, in gioco e stabiliamo un contatto autorevole, fatto di calma e accessibilità. Prendiamoci un time out se sentiamo che non siamo in grado di agire con consapevolezza e dichiariamolo al bambino. "In questo momento sono arrabbiato. Ho bisogno di prendermi un momento per calmarmi. Dopo potremo parlare di quello che è successo".

Bimbo e papà

In questo time out però, non possiamo pensare di andare via, perché il bambino, che ha già dimostrato di essere in difficoltà, potrebbe vivere in modo eccessivamente intenso quella situazione. Rimanere insieme significa squalificare il suo comportamento, ma continuare ad accogliere la relazione con lui.

Non esistono ricette pronte

Purtroppo o per fortuna non esiste una formula passepartout valida in ogni occasione e che funzioni per tutti, così come non esiste una ricetta che risolva la difficoltà sul momento. L'educazione gioca su altri campi e una delle sue regole fondamentali è: il tempo. Educare ha un tempo per nessuno uguale, per tutti diverso. Questo è quello che rende la sfida unica e irripetibile. Faticosa, sì, ma ne vale la pena!

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Luca Frusciello
Pedagogista
Dopo gli studi superiori, mi laureo in Educazione Professionale. Mentre approfondisco le tematiche pedagogiche in percorsi universitari e formativi extra-universitari, progetto e realizzo interventi educativi finalizzati allo sviluppo globale della persona. Successivamente conseguo il titolo di Pedagogista Clinico® che aggiunge alla mia professionalità le basi scientifiche trasversali per interventi basati su metodi e tecniche proprie della disciplina, finalizzate alla comprensione dei processi che muovono l’individuo senza concentrarsi sui disturbi e le incapacità, ma attivando Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Attraverso modalità, metodi e tecniche esclusivamente educative mi rivolgo a persone di ogni età, concentrandomi sulle capacità individuali e sociali. Grazie ad un approccio non curativo né correttivo, si favorisce la persona nel trovare le proprie risorse adattive, agendo interventi educativi specialistici. Visione, questa, che permette di accogliere, analizzare e associare ogni orientamento verso l’evoluzione e il cambiamento.
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