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15 Maggio 2023
15:30

Ritorno alla Natalità: la sfida (im)possibile di un Paese alla ricerca del proprio futuro

Il drastico crollo delle nascite in Italia rappresenta un problema serio per una società sempre più vecchia e che in futuro disporrà di meno forza-lavoro. Ma come mai gli italiani non vogliono più diventare genitori? Trovare la giusta risposta a questa domanda rimane il compito più arduo per una politica che non sempre sembra disposta a guardare in faccia la realtà.

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Ritorno alla Natalità: la sfida (im)possibile di un Paese alla ricerca del proprio futuro
Denatalità

In Italia non si fanno più figli. Non si tratta esattamente di una news, anche perché nelle ultime settimane la crisi delle culle vuote sembra essersi ritagliata un ampio spazio all'interno del dibattito pubblico e mediatico, complici gli impietosi dati statici che hanno fotografato un Paese dove ogni anno un pezzetto di popolazione viene a perdersi nel saldo negativo tra nascite e decessi.

Nel 2022 abbiamo infatti assistito per la prima volta nella Storia ad un numero di nuovi nati inferiori ai 400.000, un record poco invidiabile che però rispecchia un trend in costante diminuzione da decenni.

Insomma, "l'inverno sta arrivando" direbbe Ned Stark de Il Trono di Spade, anche se purtroppo l'inverno, perlomeno quello demografico, sembra già una realtà con cui fare i conti e che un domani potrebbe ridurre drasticamente il numero di forza-lavoro necessaria a supportare l'apparato statale e il sistema pensionistico.

Ma quali sono le motivazioni dietro questo scenario così che preoccupa – e non poco – gli esperti? Per capirlo può essere utile intraprendere un'indagine a ritroso, partendo dall'effetto per arrivare alla causa (e chissà, magari anche a qualche possibile soluzione).

Perché si fanno pochi figli?

In Italia molti giovani preferiscono non diventare genitori. Ci sono però anche tantissimi uomini e donne che vogliono avere figli, ma ne fanno meno di quelli che vorrebbero, come dimostra il netto divario tra il numero medio di figli per donna (1,25) e il numero medio di figli desiderati (oltre i due secondo i dati ISTAT ed Eurostat).

Ciò significa che nonostante un generale cambiamento del sistema di valori maggiormente orientato verso l'individualismo e l'autodeterminazione rispetto a qualche decennio fa, le nuove generazioni hanno mantenuto la volontà di "mettere su famiglia".

Quello che manca sono evidentemente le condizioni per poter coronare questo desiderio.

Come affrontiamo il problema?

I governi spesso pensano che bonus e incentivi possano invertire la tendenza.

In Corea del Sud si è arrivati a dare oltre 10.000 dollari per ogni nuovo nato e anche l'Italia, almeno stando agli annunci dell'attuale Governo, sembra intenzionata a garantire vantaggi fiscali e sostegni di tipo economico alle famiglie con figli, soprattutto quelle più numerose.

Ma siamo davvero sicuri che sia la strada più adatta da seguire? Non fraintendiamoci, qualche soldo in tasca in più non fa mai male, soprattutto in questi tempi di crisi perpetua. Il calo delle nascita italiane appare però ben più complesso per poter essere risolto con una semplice sforbiciata agli oneri fiscali.

Guardare la luna e non il dito

Pensiamo solo all'estrema difficoltà di conciliare gli impegni lavorativi con la cura dei figli, soprattutto quando sono più piccoli.

In questo caso l'assenza di orari flessibili (sia sul posto di lavoro che delle scuole, dove spesso il tempo pieno non è previsto), la generale diffidenza verso lo smart working e la scarsa capillarità di nidi e scuole d'infanzia sul territorio possono giocare un ruolo ben più rilevante nella scelta di diventare genitori o di mettere al mondo un figlio (o a volte il secondo figlio, per chi uno ce l'ha già).

Tale problema s'intreccia poi con l'annosa questione del gender gap che in Italia non sembra voler mai passare di moda.

Ancora oggi la maggior parte dei compiti d'assistenza ai figli sembra dover spettare alla componente femminile della coppia.

Retaggio di una tradizione dura a morire? Forse, anche se l'attuale forma del congedo parentale non aiuta granché a favorire una risolutiva inversione di tendenza, visto che la bassa percentuale di retribuzione prevista per i mesi d'assenza sul posto di lavoro (80% solo per il primo mese, poi al 30% dell'ultima busta paga) incoraggia le famiglie a "lasciare a casa" solamente il membro della coppia con il salario più basso e che, guarda caso, di solito è proprio la donna.

Va da sé che la possibilità di astenersi dalle mansioni lavorative per un tempo prolungato spesso diventa un ostacolo per le prospettive di carriera della donna, trasformando così la maternità in una scelta che rischia di pesare come un macigno sulle future possibilità di emancipazione sociale ed economica.

Rimandare la nascita dei figli fino al raggiungimento di una stabilità soddisfacente sembra quindi la strada più logica per molti giovani che prima o poi desiderano comunque diventare genitori.

La Natura però non segue i tempi della nostra società e spesso quando ci si decide a compiere il fatidico passo può esser già troppo tardi, dal momento che dopo i 35 anni la fertilità media di una donna inizia a subire un calo consistente (nell'uomo accade dopo i 45 anni).

Certo, la Procreazione Medicalmente Assistita potrebbe rivelarsi un alleato prezioso in un Paese che invecchia e ha un bisogno disperato di nuove nascite, ma anche qui le tante restrizioni apportate dalle leggi attuali pongono ostacoli tali da rendere il ricorso a queste pratiche una strada difficilmente percorribile, almeno in Italia.

Le criticità sono dunque molte e variegate e purtroppo non esiste una formula magica in grado di risolvere la situazione senza attuare cambiamenti profondi e strutturali.

La speranza è che ora che la politica ha finalmente iniziato ad occuparsi del problema si possa inaugurare una nuova stagione di adeguamenti e provvedimenti mirati a risolvere i veri problemi delle famiglie, senza slogan o ricette stantie inadeguate per una per una società in continua evoluzione.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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