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8 Gennaio 2024
14:00

Sempre più giovani chattano con bot di intelligenza artificiale per cercare supporto psicologico

Tanti giovani cercano nell’intelligenza artificiale conforto e supporto psicologico quando si sentono soli o tristi. Una psicoterapeuta ha però messo in guardia dai rischi del fenomeno: «Non è così che risponderebbe un essere umano».

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Sempre più giovani chattano con bot di intelligenza artificiale per cercare supporto psicologico
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I giovani ricorrono a piattaforme che utilizzano l’intelligenza artificiale, come Character.ai, per cercare supporto psicologico. Tra i personaggi virtuali più richiesti per chattare sulla piattaforma online si trova, accanto a Harry Potter, Elon Musk, Beyoncé, Super Mario, e Vladimir Putin, una figura chiamata Psychologistlo psicologo»), un “terapeuta” computerizzato animato dall’intelligenza artificiale e creato per rispondere ai disagi degli utenti. Da quando il bot è stato introdotto, poco più di un anno fa, gli sono stati inviati circa 78 milioni di messaggi (18 milioni negli ultimi due mesi). Si tratta di numeri considerevoli per Character.ai, una piattaforma con un’utenza giovane con un’età media compresa tra i 16 e i 30 anni. È forse l’ennesima dimostrazione dell’emergenza psicologica che riguarda le nuove generazioni?

È prematuro rispondere, anche se diversi inizi lo suggeriscono. Su Character.ai – che utilizza lo stesso tipo di tecnologia IA di ChatGPT – chiunque ha la possibilità di creare chatbot basati su persone immaginarie o reali. Psychologist ad esempio è stato creato da Blazeman98, nickname di Sam Zaia, un utente 30enne originario della Nuova Zelanda, che nella vita è uno studente di psicologia. «Non ho mai voluto che diventasse popolare, non ho mai pensato che altre persone lo cercassero o lo usassero come uno strumento – ha spiegato il creatore di Psychologist, come riporta Yahoo!news –. Poi ho iniziato a ricevere molti messaggi da persone che dicevano che ne erano stati colpiti in modo davvero positivo e che lo utilizzavano come fonte di conforto». Blazeman98 ha dichiarato di aver addestrato il bot utilizzando i principi di psicologia e modellando le risposte che fornisce alle condizioni di salute mentale più comuni, come depressione e ansia. Lo ha creato innanzitutto per avere «qualcuno o qualcosa» con cui parlare quando i suoi amici erano occupati e lui aveva bisogno di sfogarsi, siccome le sedute da un terapista erano troppo costaste per lui. Sam è rimasto sorpreso dal successo di Psychologist, tanto che attualmente sta lavorando a un progetto di ricerca post laurea sulla tendenza emergente della terapia con intelligenza artificiale e sul perché attrae i giovani. «Parlare tramite SMS è potenzialmente meno scoraggiante che prendere il telefono o avere una conversazione faccia a faccia» ha commentato Sam.

A evidenziare il successo tra gli adolescenti e i giovani adulti degli aiutanti virtuali della salute mentale è un secondo elemento: Psychologist non è l’unico chatbot di Character.ai che viene utilizzato come supporto psicologico. Sono quasi 500 i robot presenti sulla piattaforma indicati con il nome “Terapia”, “Terapeuta”, “Psichiatra”, “Psicologo” in grado di rispondere agli utenti in diverse lingue. Nonostante all’inizio di ogni conversazione compaia di default un avviso che recita “Ricorda, tutto ciò che dicono i personaggi è inventato”, i robot della salute mentale continuano a spopolare: il robot “Terapista” ha ricevuto 12 milioni di messaggi mentre al bot “Ti senti bene?” Ne sono stati inviati oltre 16 milioni.

Tuttavia, il fenomeno solleva molteplici criticità perché il bot in questione non è riconosciuto come strumento valido ed è stato creato da un utente non autorevole. Sulla questione è intervenuta una psicoterapeuta, Theresa Plewman, che ne ha messo in discussione l’efficacia e, dopo averlo sperimentato, ha concluso che il bot non è un terapista competente. «Il bot ha molto da dire e fa rapidamente supposizioni, come darmi consigli sulla depressione quando dico che mi sento triste – ha spiegato Plewman –. Non è così che risponderebbe un essere umano». Secondo la psicoterapeuta il numero di giovani che utilizzano il bot è preoccupante perché può essere indicativo di un alto tasso di disturbi psicologici tra le nuove generazioni e, al tempo stesso, di una mancanza di risorse pubbliche per gestire i disagi legati alla salute mentale.

Character.ai è intervenuta per ribadire che le conversazioni con i loro bot non hanno efficacia terapeutica. «Siamo felici di vedere che le persone trovano grande supporto e connessione attraverso i personaggi che loro e la comunità creano, ma gli utenti dovrebbero consultare professionisti certificati nel campo per consigli e indicazioni legittimi» ha dichiarato un portavoce dell’azienda.

Si tratta, comunque, di un segnale che contribuisce ad evidenziare un disagio sociale, quello della salute mentale, che colpisce particolarmente le fasce più basse della popolazione. Se guardiamo al panorama europeo, sono 9 milioni i ragazzi tra i 10 e i 19 anni che solo nel nostro continente soffrono di problemi legati alla salute mentale. I dati raccolti nel report del 12 ottobre 2023 dalla Child Helpline International, rete che raccoglie le richieste d'aiuto provenienti dalla linee di tutto il mondo, parlano chiaro: solo nel 2022 hanno alzato la cornetta per chiedere aiuto 12 milioni e 638.633 minori. I problemi che manifestavano erano per la maggior parte stati di ansia, depressione o compromissione della salute mentale, seguiti da violenze subite.

Anche se i bot di Character.ai sono creati da privati e sono privi di certificazione medica, non significa che l’intelligenza artificiale non sia d’aiuto per i disagi mentali. L’anno scorso un servizio di intelligenza artificiale, Limbic Access, è diventato il primo chatbot per la salute mentale a ottenere una certificazione di dispositivo medico da parte del governo del Regno Unito. Ora è utilizzato in molti trust del servizio sanitario nazionale per classificare i pazienti.

Fonti
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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