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18 Giugno 2023
11:00

Stefano e il suo rapporto con la piccola Ilary: “Ho lottato per non essere un papà single che vede la figlia solo nel weekend”

Stefano Pollari, 35 anni, e Ilary, 6 anni, sono uniti da un rapporto profondo e assoluto: «Per Ilary mi farei ammazzare, di lei non mi abituo mai. Ho lottato in tutti i modi per non essere quel papà separato che vede la figlia il venerdì e il sabato e, se va bene, la riporta la domenica mattina» racconta Stefano a Wamily.

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Stefano e il suo rapporto con la piccola Ilary: “Ho lottato per non essere un papà single che vede la figlia solo nel weekend”

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Dalla rovina alla rivincita, con al fianco sua figlia, Ilary, che a 6 anni è già una star online. Stefano Pollari, 35 anni, «romano de Roma», ha le idee chiare: la loro forza è la «genuinità». La fortuna ha iniziato a girare dalla sua parte dopo una drammatica disavventura giudiziaria. Vittima di un malinteso, dopo la nascita di Ilary ha scontato 21 giorni di carcere, prima di dimostrare la sua estraneità al reato. Ritrovatosi senza soldi, senza lavoro e con una relazione sentimentale al capolinea, Stefano si è aggrappato all’unica ragione di vita che gli rimaneva: la figlia Ilary. «È la mia vita», ci racconta, «quando la guardo m’innamoro».

Stefano, raccontaci di tua figlia Ilary…

Quando è nata Ilary ho subìto un’ingiustizia giudiziaria, ci hanno tolto il panificio di famiglia, e si sono innescate delle dinamiche sfortunate, una dietro l’altra. Mi son ritrovato senza soldi e senza lavoro, e mi sono lasciato con la mamma di Ilary. Non sapevo dove sbattere la testa ma, allo stesso tempo, non volevo essere un padre assente, pur non avendo grande disponibilità economica, né una casa o una macchina. In quel periodo mi appoggiavo a casa di mia nonna.

Già prima di perdere il forno pubblicavo video online. All’epoca, io recitavo la parte del papà single, del genitore separato. Tanti papà separati si rispecchiavano in me, e tante mamme single rivedevano in me i loro ex mariti. Intanto Ilary cresceva, era simpatichella ed è nata questa coppia papà-figlia.

Come si trova Ilary a scuola? E che rapporto ha con i compagni?

Quando lei passa nei corridoi, capita che qualche bimbo la chiami: “Ilary, Ilary”, ma devo dire che ha dei maestri bravissimi. A scuola, come nello sport viene trattata come tutti gli altri compagni, come è giusto che sia. Questo aiuta anche noi come famiglia, affinché rimanga sempre una “bambina”. Poi, sicuramente è vero che Ilary sembra molto più grande dell’età che ha. È sveglia per avere 6 anni. Io ci parlo come se stessi parlando con un adulto, forse perché è cresciuta in un contesto difficile.

Com’è il rapporto con tua figlia?

Lei viene prima di tutto per me. Quando persi il negozio, andavo a lavorare in un altro forno, la sera uscivo di casa alle 21 e rientravo la mattina alle 7, ma, anziché andare a dormire, correvo a prendere Ilary per portarla a scuola. La mamma lavora in aeroporto e non volevo mandasse i nonne o le sorelle, volevo stare io con lei. Forse le difficoltà ci hanno fortificato. Trascorro tanto tempo con lei, ci gioco. Non voglio che le ore insieme siano buttate via.

Cosa vi piace fare?

Anche le cose più semplici e banali: giocare a casa coi pupazzetti, andare alle giostre. Con i bambini fa subito amicizia, giocano insieme e si diverte.

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È difficile essere un papà single?

Dipende da caso a caso. Io con la mamma di Ilary ho lottato in tutti i modi, anche con gli avvocati, per non essere quel papà separato che vede la figlia il venerdì e il sabato se va bene, e la riporta la domenica mattina. Io le dissi: “Se mi levi la figlia, mi ammazzi”. Mi sono un po’ annullato per fare in modo che, dove non arrivava la mamma, arrivassi io. La mamma lavora 10 ore? Bene, ci sto io. Oggi, per esempio, vado a prenderla a scuola, ci sto fino alle 5, poi gliela riporto. Ieri, invece, l’ho vista poco perché la mamma era di riposo, sono andato a vederla giocare a pallavolo, e dopo me ne sono andato. A volte magari litigo con la mamma, ma ce la gestiamo abbastanza liberamente.

Come hai spiegato la vostra separazione a tua figlia?

Lei non ci ha mai visti insieme, e sa perfettamente che non siamo una coppia. Anzi, è talmente matura che evita di fare domande, non vuole metterci in difficoltà, è molto sveglia. Una volta però ci ha preso le mani e ha provato ad avvicinarcele… Io cerco di fare il massimo, di recente siamo anche andati a cena tutti a tre insieme per farla contenta. Magari quando sarà più grande le spiegherò meglio certe dinamiche. Non le ho mai voluto presentare una nuova ragazza per non crearle confusione.

Cosa significa per te la parola “rivincita”?

Quando mi hanno tolto il negozio, tutti quelli che mi stavano vicino, gli amici, chi veniva al forno quotidianamente, sono magicamente spariti. Ci siamo ritrovati improvvisamente senza un euro e senza persone accanto. In questo senso è una rivincita questa per me. E poi, è stata una rivincita anche per tutta quella gente che un tempo mi prendeva in giro in modo pesante.

Com’è il mondo del web?

Un po’ finto. Vado d’accordo con poche persone, è un mondo d’opportunismo, non ci sono amici veri. In più è pieno di leoni da tastiera, quelli che ti scrivono solo per insultarti…

Chi è per te tua figlia?

Sarà una risposta banale, ma è la vita mia. Faccio fatica a trovare le parole. Quando sei innamorato di una persona, provi la metà della metà dell’amore che provi per un figlio. Certo, sono due amori diversi, ma quando si dice: “Io mi farei ammazzare per quello”, poi non è vero, invece per mia figlia mi farei ammazzare veramente. Senza di lei non sono niente. Io ogni giorno la guardo e la fisso negli occhi come se fossi innamorato, di lei non mi abituo mai. Ora, per esempio, la vado a prendere a scuola e non vedo l'ora di vederla.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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