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29 Giugno 2023
17:00

Test di Coombs in gravidanza: cos’è e a cosa serve

Il test di Coombs è un esame del sangue molto importante per capire se durante la gravidanza il sangue materno può sviluppare delle difese indesiderate nei confronti dei globuli rossi del feto. Scopriamo di che si tratta, quando deve essere eseguito e in che modo affrontarne i diversi esiti.

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Test di Coombs in gravidanza: cos’è e a cosa serve
test di coombs in gravidanza

Il test di Coombs in gravidanza – o test dell'antiglobulina – è una tipologia di esame del sangue che viene eseguito in periodi specifici (solitamente entro il primo trimestre e poi a 28W ma talvolta anche più spesso) della dolce attesa per ricercare la presenza del fattore Rh nel sangue materno.

Tale indagine risulta molto importante perché l'esito consente di stabilire la compatibilità o meno tra il gruppo sanguigno della futura mamma e quello del feto.

Questo esame – che prende il nome dall'immunologo inglese Robert Coombs che ne mise a punto la tecnica – viene eseguito anche fuori dal contesto della maternità e può essere di due tipi:

  • Il test di Coombs indiretto, che è quello eseguito in gravidanza e consiste nel rilevare gli anticorpi liberi – cioè slegati ai globuli rossi – all'interno del sangue delle pazienti.
  • Il test Coombs diretto, che invece consente d'individuare gli anticorpi attaccati ai globuli rossi per indagare eventuali anemie o condizioni come mononucleosi, lupus o la malattia emolitica del feto e de neonato (MEFN).

A cosa serve il test di Coombs in gravidanza

Il test dell'antiglobulina è ormai considerato un passaggio obbligato nel novero degli esami cui una donna in stato interessante deve necessariamente sottoporsi.

Il motivo è presto detto, ma necessita di una piccola introduzione riguardante il fattore Rh, ossia la sostanza ricercata dal Test di Coombs.

Questo fattore Rh è infatti un'antigene, una molecola situata sulla superficie dei globuli rossi e che può innescare una difesa immunitaria. Quando una persona è dotata del fattore Rh si dice che possiede un gruppo sanguigno con Rh positivo, in caso contrario si parla di Rh negativo.

Il "dialogo" tra gruppi sanguigni con diverso Rh risulta complicato e infatti anche quando qualcuno deve ricevere una trasfusione di sangue, prima occorre accertarsi che il sangue del donatore abbia un Rh compatibile con quello del paziente.

Lo stesso discorso si applica anche durante la gravidanza, dove non è detto che il gruppo sanguigno della madre abbia le stesse caratteristiche di quelle del futuro bebè. Quando la mamma possiede un gruppo sanguigno Rh negativo e il feto risulta Rh positivo (probabilmente perché ereditato dal padre), ad esempio, l'organismo materno potrebbe reagire in modo indesiderato alla gravidanza.

test di coombs

In caso d'incompatibilità infatti, al primo contatto di sangue madre-feto che durante la gestazione potrebbe avvenire (solitamente a causa di un aborto, del parto o di esami invasivi come l'amniocentesi) il sangue materno si sensibilizza e avvia tramite il sistema immunitario la produzione di anticorpi anti-Rh.

Si genera perciò una condizione secondo la quale  gli anticorpi materni finiscono per percepire i globuli rossi del piccolo come "estranei" e si attivano per distruggerli determinando situazioni anche molto gravi come l'anemia emolitica del feto o addirittura la sua morte: ciò però avviene raramente durante la prima gravidanza a meno che la madre non sia già sensibilizzata da precedenti trasfusioni.

Si capisce dunque quanto sia importante sottoporsi all'esame per tempo e avvalersi del parere di un medico per la lettura degli esiti del test.

Quando si fa il test di Coombs in gravidanza?

Proprio per la necessità di stabilire prontamente un'adeguata strategia in caso d'incompatibilità Rh, il Test di Coombs deve essere eseguito una prima volta entro il primo trimestre di gravidanza per poi essere ripetuto intorno alla 28esima settimana di gravidanza.

Il test di Coombs deve essere ripetuto più volte nel corso dei nove mesi di gravidanza

Esistono però dei casi particolari: se per esempio la madre presenta un fattore Rh negativo e benché il padre abbia un Rh positivo il test di Coombs appare negativo, l'esame deve essere ripetuto ogni mese per assicurarsi che il risultato rimanga sempre lo stesso.

In caso d'incompatibilità accertata poi, i medici prescrivono ricorrenti ripetizioni dei test per verificare l'esito dell'immunoprofilassi anti D che viene eseguita per scongiurare la risposta immunitaria degli anticorpi contro il sangue fetale.

Come si leggono i risultati del test di Coombs

L'esito del Test di Coombs non risulta d'immediata comprensione dunque è necessario rivolgersi ad un medico per la lettura corretta di ciò che viene evidenziato dall'esame.

Test di Coombs indiretto negativo

In questo caso non si evince alcuna incompatibilità, quindi la madre non ha sviluppato anticorpi in potenziale contrasto con il sangue del bimbo.

Va ricordato però che un solo test all'inizio della gravidanza non basta per stare tranquilli, poiché l'incompatibilità potrebbe emergere più avanti.

Test di Coombs indiretto positivo

L'esito positivo indica che la madre ha sviluppato anticorpi potenzialmente in contrasto con i globuli rossi del feto. Ciò però non significa che la situazione evolverà certamente in una malattia emolitica del feto.

A determinare la probabilità di complicanze, infatti, è la quantità di anticorpi prodotti dall'organismo materno. Se questi aumentano nel corso dei mesi, allora la situazione rischia di peggiorare. In caso contrario, la gravidanza può procedere senza intoppi.

È chiaro però che in caso di esito positivo risulta necessario un costante monitoraggio e, eventualmente, il ricorso ad alcune contromisure di tipo medico.

Cosa fare in caso di test di Coombs positivo

Come già spiegato, l'esito positivo del test non deve essere assolutamente letto come una condanna all'incolumità del feto.

Dopo l'accertata incompatibilità, infatti, la futura mamma viene sottoposta ad un trattamento d'immunoprofilassi anti-D, ossa una somministrazione di un siero a base di immunoglobulina Rh0(D) che in molti casi previene lo sviluppo degli anticorpi ostili.

L'immunoglobulina serve e rivestirei globuli rossi del feto entrati nel flusso sanguigno materno in modo da "mimetizzarli" ed evitare che gli anticorpi li aggrediscano

Questa iniezione viene eseguita più o meno dopo 28 settimane di gravidanza e viene replicata dopo ogni caso di sanguinamento vaginale o in seguito ad interventi invasivi (come l'amniocentesi o la villocentesi). L'ultima sessione di profilassi avviene poi entro le 72 ore immediatamente successive al parto se il gruppo del neonato risulta effettivamente incompatibile con quello della madre.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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