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20 Ottobre 2023
11:00

10 errori da non fare se il bambino dice sempre no

A volte il genitore, frustrato dai continui “no” del figlio, commette inconsapevolmente errori che si rivelano controproducenti, come cedere ai capricci, arrabbiarsi o ignorare i suoi "sì". Ecco cosa non fare se il bambino dice sempre di “no” con un atteggiamento oppositivo.

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10 errori da non fare se il bambino dice sempre no
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«No, no, e no!». Come si risponde a un “piccolo Brontolo” che dice sempre di no, non ne vuole sapere di seguire le nostre raccomandazioni e si oppone a qualsiasi richiesta che arriva “dall’alto”? A volte diventa frustrante per il genitore gestire la fase oppositiva dei figli, che generalmente si manifesta tra i 18 mesi e i 3 anni del bambino (tanto è vero che viene altrimenti chiamata la fase dei “terribili due” anni) e tende a scomparire con l’età. Si tratta di una tappa evolutiva che si verifica perché il piccolo non si sente completamente compreso e ha in realtà bisogno del genitore. A volte invece, i figli abusano dei “no” quando stanno testando i limiti e imparando il potere della parola. In ogni caso, è facile per il genitore commettere errori, avvilito dai continui rifiuti del piccolo, e inconsapevolmente avere reazioni che rischiano di avere effetti controproducenti. Vediamo i dieci errori da evitare quando il bambino dice sempre di no.

Dargli un’unica opzione di scelta

Se il genitore, quando pone una domanda al figlio, non gli offre alternative, è facile che lui risponda con una delle poche parole che conosce, una delle più semplici e a cui si è particolarmente affezionato: “no”. Magari accompagna il rifiuto con un sorriso divertito e compiaciuto, sicuro che la sua reazione oppositiva indispettirà l’adulto. Per evitare che ciò accada, è utile offrirgli più opzioni di scelta. Anziché chiedere al bimbo: “Vuoi il riso?”, è meglio domandargli: “Vuoi la pasta o il riso?”. Si tratta di una domanda che, tra l’altro, responsabilizza il piccolo, che si sentirà più importante perché avrà il potere di esprimere la sua preferenza e decidere cosa mangiare.

Dire di “no”

Se il genitore per primo è abituato a rispondere di “no”, è impensabile che si aspetti che il figlio, invece, risponda di “sì”. Ricordiamoci che i piccoli sono delle piccole “spugne” che assorbono gli atteggiamenti degli adulti, li osservano e imparano per imitazione. A volte dire di no è un comportamento appreso.

Imporre la volontà con la forza

Dai, su, esci dalla vasca, è tardi ed è già pronta la cena!” grida l’adulto. “No” risponde, a pugni stretti, il bambino. Tragedia: urla, sculacciate, minacce. La violenza, fisica e verbale, non è mai la soluzione, anche se a volte è complicato mantenere il sangue freddo, autocontrollarsi e non esplodere di rabbia. Ma ragioniamo: quanto è allettante la richiesta di uscire dall’acqua calda di una vasca popolata di buffe paperelle, bolle di sapone e getti d’acqua? Veramente poco, probabilmente. È utile, dunque, assumere il punto di vista del piccolo. Anziché ordinargli con un comando autoritario di concludere tempestivamente il suo sguazzare nella vasca del bagno, ha più senso dimostrarci empatici e comprensivi nei suoi confronti. Magari funzionerà rispondere al suo “no” con una frase del tipo: “Capisco perché non vuoi uscire dalla vasca: ci stiamo divertendo da pazzi a giocare in acqua! Ma se esci ora, possiamo fare uno spuntino e leggere una storia prima di andare a dormire”.

Essere prevenuti

Accade frequentemente che il genitore dia per scontato che la risposta del piccolo sarà “no” prima ancora di avanzare la sua richiesta, perché magari quell’alimento, quel vestito, quell’invito il bimbo l’ha già rifiutato la volta precedente. Tuttavia, si tratta di un atteggiamento da evitare. Dimostrarsi tesi e prevenuti prima di porre la domanda non aiuta. Anziché partire in quarta con minacce e ricatti, del tipo “Non andiamo al parco finché non finisci quello che hai nel piatto”, è preferibile iniziare con un: “Appena finisci di mangiare, possiamo andare al parco”.

Cedere ai capricci

A volte si cede ai capricci per stanchezza e sfinimento. È comprensibile. Tuttavia, se ogni volta si molla la presa e si cede a qualsiasi “no” del bimbo, si rischia di abituarlo ad averla vinta a prescindere e a non accettare i “no” e i divieti costruttivi. Cedere ai capricci in qualsiasi situazione e occasione significa insegnare al piccolo che piangendo riuscirà sempre ad ottenere quel che desidera.

Spiegare perché è "sì"

"Vai a lavarti i denti". "No!". "Fila in bagno! Se non li lavi, i denti marciranno. Curarseli è importante per prevenire le carie e…". Quando un genitore vuole insegnare qualcosa a un bambino in un momento carico di tensione, caratterizzato da capricci e rifiuti, rischia di ottenere l’effetto contrario. Aspettiamo che passino la crisi, il capriccio, la ripetizione meccanica di “no”. L’insegnamento va trasmesso nella quotidianità, quando sia l’adulto che il piccolo sono in una situazione di quiete, che predispone all’ascolto.

Fare richieste confuse

Accade a volte che il piccolo risponda di “no” o ignori la richiesta del genitore semplicemente perché la domanda non era chiara. È opportuno chiedersi, allora, come noi genitori abbiamo posto la domanda al bambino: era un comando comprensibile o una domanda? Il piccolo ci chiede puntualmente di ripeterla?

Sottolineare i suoi “no”

Più si enfatizza il "no" del figlio, più lui probabilmente sarà felice di proseguire con i suoi rifiuti. La regola d’oro è ignorare e non dare peso ai suoi “no” melodrammatici. A lungo andare probabilmente si stancherà di scuotere la testa ad ogni richiesta.

Ignorare i suoi “sì”

Già è raro che il bambino ci risponda con un’affermazione, se in più la lasciamo passare in sordina e non valorizziamo quel prezioso “sì”, è finita, o quasi. Quando il piccolo ci risponde annuendo, è meglio sfruttare l’occasione ed elogiarlo. Magari si lamenta pure, ma alla fine obbedisce e fa comunque quello che gli abbiamo richiesto. È utile quindi lodarlo per il suo “sì”, ignorando eventuali proteste e borbottii contrariati.

Arrabbiarsi durante i pasti

Infuriarsi quando si mangia non è mai una buona idea. Il pasto a tavola è un momento importante nella routine familiare e se viene consumato in un clima disteso ha dei benefici sull’equilibrio domestico. Senza dubbio però non è facile mantenere i nervi saldi quando il piccolo continua a respingere il piatto che ha davanti e a rifiutare qualsiasi portata che gli viene offerta (e che magari il genitore ha preparato con cura e dedizione). Urge, quindi, trovare una valida strategia perché reagire con improperi e grida non serve alcunché. Perché non offrirgli un’alternativa sana che rientra nei suoi gusti? A forza di riproporgliela ad ogni pasto il bimbo probabilmente si stancherà di mangiare la stessa cosa e sarà più disposto ad assaggiare piatti nuovi, quelli previsti dal “menù del giorno” in famiglia.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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