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26 Marzo 2023
11:00

La sfida dei bambini “sfidanti”: cos’è il Disturbo oppositivo provocatorio (DOP)

Un bambino che sfida di continuo l'autorità dell'adulto non è necessariamente un bambino insolente o maleducato: possono esserci degli oggettivi di regolazione emotiva che gli impediscono di controllarsi. Si tratta del Disturbo oppositivo-provocatorio (DOP), una condizione che necessita molta pazienza e l'aiuto di un esperto.

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La sfida dei bambini “sfidanti”: cos’è il Disturbo oppositivo provocatorio (DOP)
Psicologa e psicoterapeuta
Bambino oppositivo (Disturbo Oppositivo Provocatorio)

Capita spesso nella vita di un genitore e ancora di più di un insegnante di imbattersi in bambini o ragazzini sfidanti, oppositivi, che mettono alla prova l’adulto per la difficoltà a relazionarsi in modo positivo, a far rispettare delle regole e la propria posizione di autorevolezza. Talvolta si tratta di fasi di passaggio nello sviluppo di un bambino, dovute a un periodo di vita particolarmente
stressante, a condizioni di vita difficili ma magari transitorie che, pur causando delle difficoltà nella gestione delle relazioni, non interferiscono in modo clinicamente significativo con la vita familiare e scolastica.

Esistono però delle situazioni più complesse, in cui gli atteggiamenti sfidanti, provocatori e oppositivi del bambino sono la manifestazione di un serio problema nella regolazione delle
emozioni e del comportamento. Questo porta a manifestazioni comportamentali esplosive, a un’interferenza decisiva nella vita e ad una sofferenza personale così importanti da essere inquadrati dai clinici come veri e propri “disturbi”.

Ad oggi uno dei due principali manuali di riferimento sui disturbi mentali (DSM-5 Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder; APA,2013) racchiude questi disturbi nella categoria dei Disturbi da comportamento dirompente. Questa racchiude una serie di quadri che condividono problemi nell’autocontrollo emotivo e comportamentale con condotte che spesso violano i diritti degli altri e/o mettono in contrasto con le regole sociali e le figure di autorità.

Tra questi disturbi troviamo il Disturbo Oppositivo-Provocatorio.

Come si manifesta il Disturbo oppositivo-provocatorio?

Di seguito una serie di indicatori riscontrabili in un bambino "oppositivo":

– Umore collerico/irritabile:

  • Si arrabbia spesso
  • È permaloso o facilmente contrariato
  • È spesso risentito, rancoroso

– Comportamento polemico/provocatorio:

  • Litiga con autorità e adulti
  • Sfida o si rifiuta di rispettare regole e richieste
  • Irrita deliberatamente gli altri
  • Spesso accusa gli altri per il proprio comportamento o i propri errori

– Vendicatività:

  •  Assume comportamenti vendicativi o dispettosi

Manifestazioni di questo disturbo possono insorgere precocemente, anche prima degli 8 anni di età, e diventare ancora più evidenti nel periodo della Scuola Secondaria di I grado. È possibile che siano presenti in un solo contesto di vita (ad esempio la famiglia) tuttavia possono pervadere più contesti e rendere il quadro più problematico.

La scienza ritiene che il DOP sia un disturbo a base neurobiologica oltre che psicologica

Naturalmente non basta notare solo alcuni di questi comportamenti con una frequenza sporadica nel proprio figlio o in uno studente per pensare alla presenza di un disturbo conclamato. È sempre fondamentale una valutazione accurata da parte di un clinico esperto che, insieme alla famiglia e alla scuola valuta se questi comportamenti sono presenti oltremisura, sono persistenti (almeno 6 mesi) e causano una compromissione sociale significativa.

Ad oggi si pensa che il DOP sia un disturbo a base neurobiologica oltre che psicologica: questo significa che caratteristiche neurobiologiche e di temperamento del bambino possono creare una difficoltà di base nello sviluppo dei meccanismi di regolazione di emozioni e comportamento, rendendo più probabili risposte “esplosive” a determinati stimoli.

Questi fattori neurobiologici interagiscono con aspetti psicologici e ambientali (stile educativo, stress sociali, condizioni familiari e socio economiche). Come nella maggior parte dei disturbi psicopatologici è dall’interazione tra una vulnerabilità neurobiologica di base e il modo in cui l’ambiente intorno a noi e le esperienze di vita ci influenzano che si determina lo sviluppo o meno di un disturbo come il DOP.

bambino oppositivo

Un esempio di come nella vita quotidiana si manifesta questa complessa interazione di variabili sono i cicli interpersonali che spesso si vengono a creare nelle famiglie di bambini oppositivi: di fronte a manifestazioni esplosive o provocatorie del bambino si attivano inevitabilmente anche nell’adulto reazioni emotive personali (ad es. senso di impotenza, scarsa autoefficacia); nel
tentativo di ristabilire un equilibrio, l’adulto potrebbe rispondere quindi a sua volta con rabbia, punizioni o atteggiamenti chiamati “coercitivi”; questo tipo di risposte non fanno altro che
aumentare l’attivazione emotiva del bambino che è portato ad “alzare il tiro” e manifestare in modo ancora più intenso le proprie emozioni. Di qui l’innescarsi di un’escalation che porta
entrambi a un livello di stress sempre più elevato, senza una reale risoluzione del conflitto.

Questi cicli possiamo ritrovarli nelle interazioni con i pari o con gli insegnanti. Non a caso una delle conseguenze più gravi del disturbo è proprio quella dell’isolamento sociale e del rifiuto da parte dei compagni.

Cosa possono fare i genitori e le persone vicine ai bambini con queste difficoltà?

Riconoscere prima di tutto i “comportamenti problema” come una difficoltà e non come un intenzionale atto di sfida del bambino. Come abbiamo detto esiste un problema nella regolazione emotiva che riduce le strategie a disposizione del bambino per fronteggiare situazioni che altri affronterebbero con più autocontrollo e che aumenta l’intensità con cui emozioni comuni si
manifestano. Ad esempio la richiesta da parte di un genitore di smettere di giocare e iniziare a fare i compiti potrebbe irritare qualsiasi bambino ma in assenza di capacità di autocontrollo può scatenare una reazione di rabbia esplosiva.

Questo è fondamentale perché etichettare un bambino come intenzionalmente “cattivo” anche solo nella nostra rappresentazione mentale può essere il primo motore di innesco di cicli interpersonali come quello descritto sopra che non fanno altro che mantenere e aggravare il problema.

Ricordare inoltre che dietro quella maschera di intrepido provocatore polemico che sembra non curarsi di niente e nessuno c’è un bambino che è costantemente sotto stress e soffre delle proprie difficoltà di adattamento e regolazione, del rifiuto da parte degli altri e delle etichette che vediamo spesso trasformarsi in “profezie che si autoavverano”.

Infine, cercare aiuto. Siamo umani, anche per gli adulti con le migliori intenzioni e con manuali alla mano può essere difficile mantenere calma e lucidità per intervenire in modo oculato in quanto la sensazione di impotenza, mancanza di rispetto, sfida…sono tutti trigger delle nostre emozioni di rabbia, irritazione e sconforto.

I clinici esperti in questo settore ci aiutano proprio a diventare attenti osservatori, a prevenire le situazioni di innesco dei comportamenti difficili e a intervenire con strategie personalizzate in modo da promuovere il rinforzo positivo e non cadere nei cicli che alimentano i comportamenti disfunzionali.

Esistono inoltre dei protocolli di intervento mirati sia per genitori e insegnanti che per i bambini: ne è un esempio il Coping Power Program (Lochman, Wells 2002) che prevede sessioni di gruppo per i bambini e sessioni dedicate al parent training con i genitori.

In qualsiasi intervento attivato è fondamentale la collaborazione di rete tra tutti i soggetti coinvolti: famiglia, scuola e bambino dovrebbero essere una squadra che collabora insieme.

L’obiettivo non è tanto quello di “spegnere” alcuni aspetti del bambino ma la crescita personale: sviluppare competenze relazionali e di regolazione che nel tempo aiutino il bambino a ridurre le
condotte esplosive e disfunzionali e gli adulti a recuperare la propria funzione educativa, con nuove risorse che permettano di interagire con lui in modo costruttivo.

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