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15 Agosto 2023
12:30

Bambini e concerti: esporre i piccoli alla musica alta li danneggia? L’esperto: “Fare attenzione ma non vietarli”

Assistere a un concerto può creare danni all'udito di un bambino? Ne abbiamo parlato con il dott. Giuseppe Castellana, otorinolaringoiatra.

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Bambini e concerti: esporre i piccoli alla musica alta li danneggia? L’esperto: “Fare attenzione ma non vietarli”
Intervista a Dott. Giuseppe Castellana
Otorinolaringoiatra
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Estate, concerti negli stadi, canzoni urlate a squarciagola, lacrime ed emozioni sotto a un palcoscenico e a luci stroboscopiche. Tra giugno e agosto i canali social vengono puntualmente invasi da video e storie di concerti e grandi eventi musicali ripresi con lo smartphone e condivisi in rete. Tra i fiumi di fan scatenati davanti all’artista del cuore, si scorgono anche bambini e qualche neonato. Ma è salutare per i più piccoli (e per le loro orecchie) assistere a un concerto, durante il quale si sfiorano i 110 decibel? Ne abbiamo parlato con il dott. Giuseppe Castellana, otorinolaringoiatra.

«Durante i concerti i bambini, come gli adulti, possono essere soggetti a traumi acustici legati all’esposizione a forti stimoli sonori – risponde il dott. Castellana –. L’esposizione ripetuta a suoni superiori a 80 decibel, infatti, si traduce in un rischio di perdita uditiva dopo i 18 anni di 2-3 decibel sulle soglie più acute, quindi è importante prestare attenzione». Una soglia, quella di 80 decibel, che viene ampiamente superata durante concerti ed eventi di musica dal vivo, dove si rilevano fino a 110 decibel, intensità alla quale possono verificarsi danni all'udito anche solo dopo pochi minuti di esposizione.

Tenere alta la guardia e preoccuparsi dell’esposizione al suono non significa automaticamente vietare i concerti ai giovanissimi. «I concerti non vanno demonizzati, sono eventi di aggregazione e la musica è una cosa bellissima a cui sicuramente i bimbi possono partecipare – precisa l’esperto – . Non bisogna, quindi, facilitare l’insorgenza di una fobia per i suoni intensi. Piuttosto, è opportuno sensibilizzare i bambini ed educarli a una corretta esposizione e, durante un concerto, tenerli in punti più tranquilli e sicuri, dove l’esposizione a stimoli sonori è meno potente». Ha senso, quindi, prediligere uno spazio vasto e aperto e scegliere i posti a sedere delle tribune, qualora previsti, rispetto a quelli in piedi del “prato” o del “parterre” vicino alle casse, sia per motivi di spazio e sicurezza, sia per motivi uditivi.

Particolare riguardo, tuttavia, meritano i neonati e i piccoli di pochi mesi di vita, più sensibili agli stimoli esterni: per loro il biglietto del concerto è da stracciare. «Sarebbe preferibile evitare di portare un neonato a un concerto, – continua l’esperto – anche per i rischi legati all’affollamento e all’evento stesso. Se ci sono momenti di esposizione forte al suono, comunque, può essere una soluzione valida proteggere le orecchie con delle cuffie o dei tappi che, se ci si trova in un punto dell’arena dove la musica è forte, possono attutire il volume».

Diverso è il caso di fan con qualche anno in più, in grado di partecipare attivamente allo show musicale e di godersi lo spettacolo. Per loro i concerti sono un’occasione di sano divertimento che non ha senso vietare, pur mantenendo le adeguate accortezze riguardo all'esposizione sonora.

Nei bimbi il danno acustico si può manifestare anche con iperattività, disturbi del sonno, cognitivi e dell'apprendimento

L’orecchio di un bambino con un udito normofunzionante non è diverso da quello di un adulto. A cambiare è la risposta a un forte stimolo sonoro: se la musica alta scatena chiunque, nel caso dei bambini funziona come un energizzante. «Mentre in un adulto un danno acustico si manifesta con un acufene, cioè una sorta di fischio o ronzio che si avverte nelle orecchie, nel caso di bambini, oltre a un calo uditivo ed acufeni temporanei, può manifestarsi una sorta di iperattività, una certa irrequietezza, un comportamento più vivace, oltre a disturbi del sonno, cognitivi e dell'apprendimento, soprattutto in caso di un’esposizione cronica».

Esporre frequentemente i piccoli a suoni alti, tra l’altro, rischia di avere ripercussioni negative sull’udito in età adulta. «Il bambino che è stato esposto già da piccolo a suoni intensi è più a rischio in età adulta di sviluppare precocemente disturbi uditivi come un calo dell’udito sulle alte frequenze. In sostanza, se già c’è stato un danno iniziale, quando si arriva a 30/40 anni, anche a causa della degenerazione dettata dall’età, sarà più probabile soffrire di un calo uditivo rispetto a una persona che non ha mai avuto traumi acustici». «Se, però, si evitano posti eccessivamente rumorosi, anche con l'aiuto di tappi per le orecchie, e i bambini vengono sensibilizzati spiegando loro di  prestare attenzione ai forti rumori, il concerto non è assolutamente da vietare».

Oggi esistono App e siti che consentono di misurare in maniera rudimentale i decibel ovunque ci troviamo, che sia a un concerto, in strada o a casa. La soglia da non superare è quella di 70 decibel a lavoro e 80 decibel nella vita quotidiana, anche se, come spiega l’esperto, con l’aumento dell’inquinamento acustico oggi è facile oltrepassarlo, e ad un concerto o in discoteca si arriva rapidamente a 100-110 decibel. «Gli adolescenti quando tornano a casa dopo essere stati a ballare spesso avvertono la sensazione di orecchio ovattato, che in genere passa poco dopo, tuttavia, se il danno uditivo è ripetuto, la sensazione può persistere. A maggior ragione i bambini, essendo più piccoli, devono essere più protetti per evitare sintomi simili in età adulta».

Un sonoro “sì” ai concerti con i figli piccoli, quindi, purché non neonati e con qualche accortezza in più da parte dei genitori. E se è vero che, come scrisse Nietzsche, «La vita senza la musica sarebbe un errore», evitiamo di commettere uno sbaglio, e godiamoci la musica in famiglia, piccoli inclusi.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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