Diego Di Franco, il papà a tempo pieno che sta a casa con i figli mentre la moglie lavora

Diego Di Franco è uno stay-at-home dad. Quando nel 2019 è stato licenziato ha deciso, in accordo con la moglie Raffaella, di restare a casa con i figli mentre lei si dedica alla carriera. Ogni giorno corre a prendere i piccoli a scuola, stende il bucato e prepara la cena per la famiglia. Da anni combatte gli stereotipi sul suo profilo Instagram “Il meraviglioso mondo dei papà” e raccomanda: «Non chiamatemi mammo!».

19 Marzo 2023
9:45
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Diego Di Franco, il papà a tempo pieno che sta a casa con i figli mentre la moglie lavora
Intervista a Diego Di Franco
Papà a tempo pieno
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Un cespuglio di capelli color carota, una sorprendente dimestichezza nel maneggiare il microfono prima del “ciak, azione!” del videomaker, sulle labbra un sorriso radioso, in tasca le chiavi dell’appartamento di Buccinasco e nelle parole un accento che tradisce le origini napoletane. Diego Di Franco, 41 anni, è un papà che vive a Milano, che accompagna il figlio alla stadio a vedere il Napoli e che si definisce con orgoglio un «pastaro», un amante fedele della pastasciutta in tutte le sue salse. Il suo asso nella manica? È uno stay-at-home dad, cioè un papà a tempo pieno, che ha scelto, di comune accordo con la moglie, di rimanere a casa per gestire i figli e le faccende domestiche, mentre lei lavora e si dedica alla carriera. Un’organizzazione familiare fuori dalle righe, specie nel nostro Paese, ma che per Diego, sua moglie Raffaella, la piccola Eva e il giovane Enrico è la normalità. «Sono gli altri che la vedono come qualcosa di anormale – racconta Diego a Wamily – credo che il problema sia della società». Una quotidianità che da anni Diego racconta sul web, raccogliendo intorno a sé una community affiatata, gli amici del “Meraviglioso mondo dei papà”.

Una giornata tipo in casa Nugnes-Di Franco

La sveglia di Diego è sincronizzata con quella dei figli. La tabella di marcia prevede: colazione tutti e quattro insieme, un veloce passaggio al bagno per lavare i denti, sfilare il pigiama e indossare i vestiti della giornata, e, finalmente, dritti a scuola. «Porto prima il grande, poi la piccola al nido – spiega Diego – dopodiché torno a casa e mi occupo delle faccende domestiche, metto in ordine, rispondo a qualche email, e intorno alle 16 vado a prenderli a scuola. Ci sono giorni in cui porto Enrico a calcio o a catechismo, la piccola Eva fortunatamente è ancora piccola, dall’anno prossimo inizierà uno sport e saranno doppi salti mortali per me!». Mentre Enrico è a giocare con il pallone, Diego accompagna la dolce Eva alle giostrine oppure in biblioteca, fino a quando scocca l’ora della telefonata alla moglie: «Cosa vuoi mangiare per cena?» domanda Diego. Segue il consuetudinario battibecco sul piatto serale: le verdura di lei o la pastasciutta di lui? «A volte cucina mia moglie, perché se no facciamo una questione su cosa cucinare, e quando lei cucina, io lavo i piatti, mentre quando cucino io, i piatti spettano a lei… Ci alterniamo».

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Diego in uno dei suoi video sui social

Vietata la parola "mammo"!

Guai a chiamare Diego “mammo” o “superpapà”: lui – ci tiene a sottolinearlo – è un papà. La parola, da sé, dovrebbe bastare. «Il termine “mammo” è sessista a mio avviso, è come se si desse per scontato che determinate cose le sappia fare solo la mamma, significa mascolinizzare un termine femminile, offendendo non solo il papà (che ha un termine suo per indicare un uomo che si occupa di figli), ma anche la mamma – sottolinea il papà – È come quando si dice che una donna ha le palle: sembra che l’unico modo per farle un complimento sia accostarla agli uomini!».

La parola "mammo" è offensiva sia per le mamme che per i papà

Per Diego quella che ha costruito con la sua famiglia è una normalità. All’inizio, quando ha iniziato a pubblicare le foto con i figli sui social, rigorosamente scattate dalla moglie Raffaella, la gente credeva che Diego fosse un papà single, divorziato o addirittura vedovo. Sarebbe stato troppo irrealistico pensare a un papà-casalingo, che ha tanto tempo da dedicare quotidianamente ai piccoli, fuori e dentro casa. E, invece, era proprio così. «C’è chi pensa sia poco virile, o addirittura una volta mi hanno chiamato “effemminato” e mi hanno accusato di essere “sotto lo schiaffo della moglie”, come si dice dalle mie parti, cioè pensano che mia moglie mi comandi». In realtà, la storia di Diego come papà a tempo pieno è iniziata da poco. Era il 2019 quando fu licenziato dal lavoro e decise di rimanere lui a casa coi figli, anziché la moglie, che lavora a Milano. Oggi, grazie alla community che ha radunato intorno a sé raccontando la sua anomala quotidianità da stay-at-home dad, Diego è diventato anche un content creator e ha scritto un libro per narrare la sua storia, “Il meraviglioso mondo dei papà”.

Diego Di Franco
Diego, la moglie Raffaella, e i figli Enrico, 9 anni, ed Eva, 3 anni

La vera domanda è: chi dei due, fra Diego e Raffaella, è nelle chat di classe e di allenamento dei figli? «I gruppi Whatsapp sono una delle cose più complicate da gestire per un genitore. Noi ce li siamo divisi. In realtà sarebbe più logico che ci fossi io in tutti i gruppi, il problema è che le mamme quando creano i gruppi inseriscono solo le altre mamme, perciò prima che la comunicazione arrivi a me deve passare da mia moglie, è complicato».

Tra leoni da tastiera e domande incredule della gente: perché essere un papà a tempo pieno è anomalo?

Se in rete, sotto ai post di Diego, a volte spunta qualche commento di un hater o di un leone da tastiera – l’ultimo è di chi lo rimprovera di «normalizzare una fusione di ruoli che non è normale» – nella vita di tutti i giorni in pochi si permettono di commentare. Al massimo, sono stupiti. «Abbiamo una casetta al mare in Campania e in estate, verso giugno, io scendo da solo con i bambini. Gli amichetti dei miei figli vedendo che la mamma è assente a volte si avvicinano e mi chiedono: “Ma la mamma non ce l’hanno?”. Io rispondo con la verità, cioè che la mamma sta lavorando e, quindi, me ne occupo io, oppure domando, a mia volta: “Tuo papà dov’è? Al lavoro? La mamma di Eva ed Enrico è al lavoro e sono io a occuparmi di loro”».

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La rivoluzione di Diego: i figli

La vera novità per Diego non è stato imparare a selezionare correttamente i rifiuti e a diventare, come si qualifica con orgoglio lui, «cintura nera nella raccolta differenziata», né diventare un lavapiatti provetto, che si rilassa ad ascoltare la musica fra un bicchiere da pulire e un cucchiaino da sgrassare. La scoperta per lui risiede nei figli: il tempo con loro è un regalo prezioso. «Da quando ho iniziato a stare a casa, mi sono accorto di tutte le cose che mi ero perso con il primo figlio, quando lavoravo, e che nessuno mi darà più indietro: le prime paroline, i primi passi, un qualsiasi gesto. La seconda figlia, Eva, me la sono goduta di più fin dal primo istante, anche perché mia moglie ha avuto dei problemi post parto, durante il cesareo le hanno forato la vescica e non aveva tanta possibilità di muoversi… Quando la piccola era appena nata, l'allattavo con il sondino per far sì che non si disabituasse al seno».

Da quando è rimasto a casa si è reso conto di cosa si è perso prima

Nascondino, puzzle, fumetteria. Una giornata con i figli non è mai noiosa per Diego. «Vivendo i figli a tempo pieno mi sono reso conto che può diventare difficile anche fare uno shampoo, stare in bagno, lavarsi i denti. Un bambino che ti chiama anche 20.000 volte al giorno, perfino di notte, a lungo andare potrebbe sembrare qualcosa che ti esaurisce un pochino, ma io non potrei farne a meno. Cioè, sono esaurito, ma sono contento».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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