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7 Marzo 2023
10:00

FIVET: cos’è la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione e come funziona

La FIVET è una tecnica di fecondazione assistita di secondo livello che prevede il prelievo degli ovociti femminili e la fecondazione in vitro con gli spermatozoi maschili, isolati dallo sperma precedentemente eiaculato. Gli embrioni ottenuti vengono trasferiti nell’utero materno nella speranza che s’impiantino, dando il via alla gravidanza. La pratica made in UK vanta ottimi risultati, tanto da aver insignito il suo inventore del Nobel della Medicina.

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FIVET: cos’è la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione e come funziona
Fivet fecondazione assistita

La FIVET (acronimo di Fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione) è una tecnica medica di procreazione assistita di secondo livello a cui ricorrono più coppie in cerca di un figlio. Consiste nel prelievo di ovuli dalla paziente per fecondarli in vitro (cioè in una provetta di laboratorio), anziché in vivo (all’interno del corpo femminile), prima di effettuare il transfer embrionario, ovvero di reintrodurli nell’utero della donna sotto forma di embrioni. La speranza è che gli ovuli s’impiantino e che a due settimane dal transfer il test di gravidanza sia positivo, che spunti quindi la seconda lineetta, quella che annuncia la cicogna in arrivo.

La Fivet, utilizzata dalla fine degli anni Settanta, ha rivoluzionato la storia della procreazione assistita, segnando una di quelle tappe che hanno inciso profondamente sul lavoro dei medici e sulle aspettative delle coppie che sognano la dolce attesa. Ma non è l’unica tecnica di fecondazione in vitro (o FIV o IVF) esistente nel panorama della procreazione medicalmente assistita.

Il rischio è di confonderla con la più recente metodica dell’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI), una tecnica di fecondazione in vitro anch'essa di secondo livello che sta prendendo sempre più piede poiché aumenta le possibilità di fertilizzazione degli ovociti.

Sia la Fivet che l’ICSI favoriscono l’unione dei gameti in laboratorio e prevedono il transfer dell’embrione nell’utero. Ma se nella Fivet il contatto fra l’ovocita e gli spermatozoi, pur essendo in vitro, è spontaneo, con la tecnica ICSI invece, lo spermatozoo è iniettato direttamente all'interno dell'ovocita attraverso una piccola cannula che buca la zona pellucida.

Come funziona la Fivet

La fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (Fivet) è la prima tecnica di fecondazione in vitro, cioè in laboratorio, sviluppata nella storia della medicina.

Elaborata in Gran Bretagna da Patrick Steptoe e Robert Edwards, la Fivet diede i suoi frutti per la prima volta nel 1978, quando fu concepita Louise Brown, entrata nei libri di medicina come la prima persona al mondo nata attraverso il metodo artificiale della fecondazione in vitro. Un traguardo grazie al quale nel 2010 Edwards fu insignito di un Nobel postumo per la Medicina.

Nella pratica, il percorso della Fivet prevede più fasi. Dopo la compilazione dei moduli e una visita di controllo per identificare eventuali infezioni in corso nella paziente, il processo di procreazione artificiale entra nel vivo. Passiamo in rassegna una a una le fasi della fecondazione in vitro:

Stimolazione ovarica

Per un periodo di tempo che varia dai 10 ai 14 giorni, la paziente si sottopone quotidianamente a iniezioni nella pancia per la stimolazione ovarica, autonomamente o chiedendo l’aiuto di qualcuno in casa. L'obiettivo è quello di far maturare contemporaneamente più follicoli, per avere così la produzione di un numero alto di ovuli maturi rispetto al normale ciclo della donna, in cui solitamente un solo follicolo arriva a maturazione.

Follow-up della stimolazione ovarica

Per monitorare la risposta alla stimolazione ovarica, nel periodo della stimolazione ovarica la paziente effettua più di un’ecografia di controllo e un prelievo di sangue (estradiolo).

Induzione all'ovulazione

A seguito nel monitoraggio follicolare in cui si registra la crescita contemporanea e costante di più follicoli, il ginecologo valuta il momento giusto in cui effettuare l'induzione all'ovulazione con l'obiettivo di avere un elevato numero di ovuli maturi da ottenere attraverso il prelievo ovocitario (o pick-up). L'induzione avviene attraverso la somministrazione di un'iniezione sottocutanea nella pancia in un giorno preciso e a un orario esatto indicato dal ginecologo, che corrispondono esattamente a 35-36 ore prima l'appuntamento per il pick-up.

Pick-up

Si procede con l’estrazione degli ovuli dall’utero circa 35-36 ore prima dell’ovulazione. Il prelievo degli ovociti avviene in circa 20 minuti per via transvaginale e dietro sedazione della paziente. Il procedimento è accompagnato da un costante monitoraggio ecografico.

Parallelamente all’estrazione degli ovociti della donna, è effettuato, se richiesto, il prelievo degli spermatozoi dal partner maschile. In caso di valori ottimali dello sperma, l’estrazione è eseguita tramite masturbazione. Questo passaggio può avvenire anche in precedenza: in tal caso, gli spermatozoi sono crioconservati per essere devitrificati al momento della fecondazione.

Se l’uomo soffre di azoospermia, cioè di assenza di spermatozoi nel liquido seminale, le cellule gametiche maschili sono aspirate per via testicolare (TESA), per via microchirurgica dall’epididimo (MESA), per via percutanea dall’epididimo (PESA) oppure sono estratte per via testicolare (TESE).

Fecondazione in vitro

Gli ovuli e gli spermatozoi del partner maschile della coppia (fecondazione omologa) o di un donatore esterno (fecondazione eterologa) sono uniti in vitro, cioè in laboratorio.

È a questo punto del processo che distinguiamo chiaramente la fecondazione in vitro tradizionale (FIVET) da quella tramite iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI), che abbiamo citato all’inizio. In base alla tecnica di fecondazione in vitro scelta, sono seguite due procedure diverse:

  • Nel caso della FIVET, ciascuno degli ovuli estratti è depositato in gocce di seme. Così, tutti gli spermatozoi tenteranno di penetrare l’ovulo ma, esattamente come avviene in maniera naturale nel corpo della donna, sarà solo uno a riuscire a entrare e a fecondarlo;
  • Nel caso dell’ICSI, uno specifico spermatozoo (precedentemente selezionato in base alla forma, alla dimensione e alla motilità) è inserito in ogni ovulo maturo. In questo modo, la fecondazione dell’ovulo è completamente guidata (o artificiale).

Coltura embrionaria

Dopo la fecondazione, segue la fase di sviluppo degli embrioni all’interno di incubatori, un processo che dura fino a 5-6 giorni.

Transfer dell’embrione

Gli embrioni migliori (da uno a tre, a seconda dei casi) sono trasferiti all’interno dell’utero della paziente per via vaginale, mediante una cannula.

Nel caso in cui sia trasferito più di un embrione, aumenta la probabilità di una gravidanza gemellare, quindi più a rischio.

Vitrificazione degli embrioni restanti

Gli embrioni di qualità che non sono stati scelti per essere introdotti nell’utero, non sono gettati nel cestino. Anzi, sono sottoposti a un processo di vitrificazione (o crioconservazione o criopreservazione), cioè sono conservati per essere riutilizzati in un transfer successivo, cosicché non si debba ripartire dalla stimolazione ovarica.

Test di gravidanza

A circa 10-12 giorni dal transfer (in base al giorno dello sviluppo embrionario in cui ha effettuato il transfer), la paziente ha il via libera per eseguire un test di gravidanza. Se il risultato è positivo, programmerà un’ecografia di controllo un paio di settimane più tardi circa.

Il percorso di una coppia che sceglie di sottoporsi alla FIVET è impegnativo sia da un punto di vista fisico ed emotivo, che economico. Nelle cliniche private la pratica di fecondazione in vitro ha un costo, in media, che va dai 3.000 agli 8.000 euro. Oltre ai centri privati, però, esistono centri di fecondazione assistita pubblici e convenzionati.

Procreazione in laboratorio

Quando è indicata la fecondazione in vitro

La fecondazione in vitro è indicata in caso di infertilità o problemi genetici. Nello specifico, le indicazioni per procedere con la FIVET sono:

Nel caso della donna:

  • Lesioni o ostruzioni alle tube di Falloppio (o salpingi)
  • Assenza di una o di entrambe le tube
  • Anomalie al collo dell’utero o fibromi uterini, cioè tumori benigni della parete dell’utero
  • Alterazione dell’ovulazione o menopausa precoce
  • Endometriosi
  • Più inseminazioni artificiali (IA) fallite

Nel caso dell’uomo:

  • Infertilità di grado moderato, che consiste in una quantità ridotta e in una pessima qualità dello sperma

La FIVET è consigliata anche quando entrambi i componenti della coppia sono affetti da malattie genetiche o sono portatori sani di patologie.

Come prepararsi alla fecondazione in vitro

Per aumentare le probabilità di riuscita della fecondazione in vitro e per ridurre i rischi connessi alla salute, esistono una serie di buone pratiche da seguire. Più o meno, sono le stesse accortezze da mettere in atto durante una gravidanza naturale:

  • Evitare alcol e fumo
  • Ridurre il consumo di caffè
  • Praticare attività fisica
  • Attenersi a una dieta sana e variegata
  • Controllare l’eventuale aumento di peso
  • Assumere 0,4 mg (400 mcg) di acido folico al giorno
  • Bere circa 2 litri d’acqua al giorno

Dopo la procedura di FIVET

Quando l'iter di FIVET è concluso, la paziente torna alla vita di tutti i giorni, con la consapevolezza che potrebbe riscontrare qualche effetto collaterale:

  • Perdite di liquido trasparente o ematico immediatamente dopo il trasferimento dell’embrione, causate dalla medicazione della cervice
  • Gonfiore della mammella
  • Sensazione di pesantezza addominale o di pressione sulle ovaie
  • Costipazione

In caso di reazioni avverse come febbre, sangue nelle urine o perdite ematiche dalla vagina, i professionisti raccomandano di contattare immediatamente il medico di riferimento.

Quella dell’attesa è forse la fase più dura e snervante del trattamento di fertilità. Ma è importante non cedere all’ansia, bruciando le tappe e sottoponendosi a un test in anticipo che potrebbe risultare un falso positivo o un falso negativo.

Rischi della FIVET

La comunità scientifica è concorde nel ritenere il trattamento di FIVET sicuro. Il maggiore fattore di rischio per chi opta per la fecondazione in vitro rimane quello dell’età. Tuttavia, la procedura di PMA presenta dei rischi, quali:

  • Infezioni;
  • Emorragie;
  • Sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS), che si verifica quando le ovaie reagiscono in modo eccessivo ai farmaci utilizzati durante la FIV;
  • Effetti collaterali indotti dai farmaci assunti durante il trattamento, come il mal di testa e le vampate di calore;
  • Gravidanza extrauterina, in cui l'embrione si impianta nelle tube di Falloppio, anziché nell'utero.

Inoltre, la fecondazione in vitro aumenta la possibilità di una gravidanza gemellare, dal momento che può essere trasferito più di un embrione all’interno dell’utero della paziente. Secondo il Ministero della Salute, nel 2019 in Italia la percentuale di parti multipli sul totale delle gravidanze ottenute tramite PMA è stata del 9,3%: in pratica, quasi 10 mamme su 100 che si sono sottoposte a un trattamento di procreazione assistita hanno partorito due o tre gemelli.

Il parto multiplo comporta ulteriori rischi per la mamma e i nascituri, per esempio:

  • Anemia e forti emorragie;
  • Diabete gestazionale;
  • Ipertensione, preeclampsia (gestosi) o eclampsia durante la gravidanza;
  • Necessità di un taglio cesareo;
  • Neonato sottopeso;
  • Rischio di parto prematuro.
Fecondazione assistita Fivet

Probabilità di successo della fecondazione in vitro

Guardando i numeri, le probabilità di concepimento per chi in Italia si sottopone a un trattamento di procreazione medicalmente assistita di secondo livello (per esempio la FIVET) è in media del 25%, come riporta il resoconto del Ministero della Salute del 2019. Un dato che ovviamente cresce all’aumentare dei tentativi della coppia.

In Inghilterra i risultati sono più incoraggianti: secondo il sistema sanitario britannico, la percentuale di riuscita della fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (e nascita del neonato vivo) è del 32% per le donne under 35. Una percentuale più alta rispetto ai tentativi di concepimento in modo naturale.

Al di là dei numeri, l’età dei partner gioca un ruolo fondamentale, incidendo notevolmente sulla riuscita del trattamento. Nonostante le tecniche di procreazione assistita offrano la possibilità di concepimento a chi era convinto di non poter avere figli, le percentuali di successo dopo i 40 anni sono limitate: per le donne over 44 le probabilità di riuscita calano addirittura al 4%.

E se la FIVET non funziona?

Ci siamo sottoposti al trattamento di procreazione assistita, carichi di paure e di speranze, sotto gli occhi meschini di una società ancora troppo giudicante. Eppure, la FIVET non ha funzionato. Esausti, sprofondiamo negli abissi della sofferenza e della rabbia, consapevoli che ci toccherà fare i conti con quella realtà dal sapore così amaro. Colpevolizziamo noi, il nostro partner, il medico che ci ha seguiti, senza trovare pace. Come ci si rialza dall’ennesima delusione?

Reagire chiudendoci in noi non ci aiuterà. Piuttosto, è una buona soluzione affidarci a uno psicologo o a uno psicoterapeuta e farci seguire nel percorso di accettazione dell’esito negativo del trattamento.

Se la cicogna non è arrivata al primo ciclo di trattamento, non è detto che non arrivi dopo. Anzi, ogni tentativo successivo di FIVET aumenta le probabilità totali di gravidanza.

Non siamo soli: la condizione di infertilità e di difficoltà nella procreazione naturale riguarda il 15% delle coppie italiane, come ha precisato l'Istituto Superiore di Sanità. Condividere la nostra esperienza con chi ci è già passato o sta affrontando il nostro stesso percorso può trasmetterci forza e coraggio.

Prendiamoci del tempo per noi, trascorriamo delle giornate con il nostro partner e con chi ci ama. Compriamo i biglietti di quel concerto che abbiamo rimandato, rileggiamo quel libro che ci aveva emozionato, organizziamo una cena romantica o un viaggio d’avventura. Riscoprire se stessi è il primo passo per ripartire e l’affetto dei cari è un balsamo per lenire le nostre ferite.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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