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21 Marzo 2024
14:00

I bambini che si abbuffano sono più esposti al rischio di disturbi alimentari?

Secondo studio anglo-olandese le abbuffate e il "binge-eating" in età pre-scolare potrebbero essere collegato ad una maggiore probabilità di sviluppare disturbi alimentari nei 10 anni successivi. Una dieta equilibrati e una corretta routine dei pasti potrebbe invece aiutare i più piccoli a costruire un rapporto sano con il cibo.

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I bambini che si abbuffano sono più esposti al rischio di disturbi alimentari?
I bambini che si abbuffano sono più esposti al rischio di disturbi alimentari?

Per le nostre nonne, i bambini che mangiavano con voracità erano una gioia per gli occhi e per il cuore, poiché si pensava che quella tenera ingordigia fosse sintomo di un creatura destinata a crescere sana e forte. Oggi però sappiamo che l'abbondanza non è necessariamente sinonimo di benessere: anzi, quando simili comportamenti riguardano i bimbi, potrebbe essere il caso per i genitori di riconsiderare le abitudini alimentari dei piccoli.

Un ulteriore campanello d'allarme in tal senso è arrivato da uno studio pubblicato a febbraio 2024 su The Lancet Child & Adolescent Health. In questo paper, i ricercatori hanno preso in considerazione i dati di un sondaggio che ha coinvolto 3.670 bambini e bambine di Regno Unito Paesi Bassi allo scopo di scoprire una possibile correlazione tra i tratti dell'appetito nella prima infanzia e la probabilità di sviluppare sintomi di disturbi alimentari fino ai 10 anni successivi.

Lo studio

Da quanto emerso, l'elevata reattività alla vista e all'odore del cibo da parte di bambini di 4/5 anni risulta un comportamento che spesso viene associato ad una maggiore probabilità (oscillante tra il 16% e il 47% in base ai casi) di sviluppare sintomi di disturbi alimentari tra i 12 e i 14 anni.

Tali sintomi sono stati identificati come l'impulso irrefrenabile ad abbuffarsi durante i pasti, il bisogno di mangiare in risposta ad un input emotivo (fame emotiva) o il continuo ricorso a diete estreme e non strutturate per arginare nel breve periodo il consumo di cibo (restrained eating)

Il team ha anche scoperto che un ritmo più lento nel mangiare e la sensazione di sazietà più rapida nella prima infanzia potrebbero invece predisporre i piccoli ad un minor rischio di problemi nell'alimentazione. La capacità di sentirsi pieni più rapidamente e più a lungo è stata, ad esempio, ricondotta a probabilità più basse di scorpacciate incontrollate o compensatorie.

«Benché il nostro studio non possa dimostrare la causalità, i nostri risultati suggeriscono come la reattività ai segnali alimentari possa rappresentare un fattore di rischio predisponente per l'insorgenza di sintomi di disturbi alimentari in adolescenza – ha spiegato Dr.ssa Ivonne Derks, co-autrice principale della ricerca – Tuttavia, un'alta reattività al cibo è anche un comportamento normale e molto comune e dovrebbe essere visto solo come uno dei tanti possibili fattori di rischio piuttosto che qualcosa che dovrebbe preoccupare i genitori»

Un'altro interessante elemento rilevato dal sondaggio ha riguardato poi quell'atteggiamento schizzinoso che generazioni e generazioni di genitori hanno sempre cercato di contrastare nei propri figli.

Stando alle informazioni raccolte infatti, i soggetti che durante la prima infanzia si erano dimostrati più selettivi e sembravano trarre minor godimento dal cibo risultavano meno esposti all'insorgere di disturbi alimentari successivi in adolescenza, con buona pace di nonni e nonne da sempre angustiati dai nipoti poco attratti dai piaceri dello stomaco.

I criteri della ricerca

Tutti questi aspetti riguardanti l'appetito sono stati valutati in base alle risposte al questionario dei genitori quando i bambini avevano quattro o cinque anni. I sintomi dei disturbi alimentari sono stati poi auto-segnalati dagli adolescenti stessi all'età di 12-14 anni, età durante la quale è più comune che i sintomi dei disturbi alimentari inizino a manifestarsi.

«Mentre il ruolo dell'appetito nello sviluppo dell'obesità è stato studiato per molti decenni, questo è il primo studio ad esaminare in modo completo il ruolo dei tratti dell'appetito nello sviluppo dei sintomi dei disturbi alimentari – ha affermato Clare Llewellyn, l'altra coordinatrice della ricerca – I disturbi alimentari possono essere più difficili da trattare con efficacia una volta che si sviluppano e quindi sarebbe meglio prevenirli prima che si verifichino».

Come aiutare i bambini a maturare un sano rapporto con il cibo

Sviluppare e testare strategie di prevenzione può essere uno sforzo utile, anche se in alcuni casi le componenti psico-patologiche possono rendere inevitabile l'insorgenza di determinati problemi alimentari.

Secondo gli studiosi però, la costruzione di ambiente alimentare sano e l'adozione di strategie di alimentazione reattive da parte dei genitori possono aiutare molto a ridurre il rischio di sviluppare DCA (disturbi del comportamento alimentare).

  • Alimentazione reattiva: fornire pasti e spuntini nutrizionalmente equilibrati a orari regolari e lasciare che sia il bambino a decidere quanto mangiare. Questo approccio aiuta a sviluppare la capacità del bambino di ascoltare e rispondere ai segnali interni di fame e sazietà.
  • Modello positivo: i genitori dovrebbero cercare di essere un esempio positivo nel modo in cui si rapportano al cibo. Mangiare una varietà di cibi sani, trattare il cibo come fonte di nutrimento e piacere, e non parlare negativamente del proprio corpo o di quello degli altri.
  • Limitare le restrizioni alimentari: evitare di imporre restrizioni alimentari severe, a meno che non siano per motivi medici. Insegnare invece l'equilibrio e la moderazione, incoraggiando una relazione sana con tutti i tipi di cibo.
  • Evitare di usare il cibo come ricompensa o punizione: questo è un comportamento più comune di quanto si possa pensare e può creare una relazione malsana con il cibo, dove alcuni cibi vengono visti come "buoni" o "cattivi" e che rischia di trasformare il momento del nutrimento in uno strumento emotivo piuttosto che una fonte di sostentamento
  • Educare sulla varietà e l'equilibrio alimentare: i genitori possono insegnare l'importanza di una dieta equilibrata che includa una varietà di cibi fin dai primi anni di vita del bambino, spiegando come diversi cibi contribuiscano alla nostra salute in modi diversi.
  • Evitare commenti negativi sul corpo: meglio evitare di fare commenti negativi sul proprio corpo o su quello del bambino. Meglio promuovere l'apprezzamento per ciò che il corpo può fare piuttosto che come appare
  • Incoraggiare l'attività fisica per piacere: promuovere l'attività fisica non come mezzo per controllare il peso, ma come qualcosa da godere e che fa stare bene, contribuendo a sviluppare un rapporto positivo con il proprio corpo.
Fonti
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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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