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11 Settembre 2023
11:00

Il cibo non deve trasformarsi in uno strumento di ricatto se vogliamo che i bimbi lo apprezzino

Un bimbo che non ne vuole sapere di mangiare frutta e verdura fa inevitabilmente preoccupare e innervosire noi genitori. Ricattarlo emotivamente o proponendo lui alternative, peggio un dolcetto a fine pasto, non è la soluzione. Anzi rischia di far credere al bimbo che sia giusto detestare alcune pietanze.

A cura di Sophia Crotti
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Il cibo non deve trasformarsi in uno strumento di ricatto se vogliamo che i bimbi lo apprezzino
In collaborazione con la Dott.ssa Elisabetta Lupi
Psicologa
cibo come ricatto

«Se non mangi la minestra salti giù dalla finestra» quanti di noi se lo sono sentiti dire, insieme a tante altre frasi sulla fortuna che avevamo a trovarci davanti un piatto fumante di broccoli. Punizioni, ricatti, promesse di un dolcetto a fine pasto, siamo sicuri che siano la soluzione davanti all'inappetenza dei nostri bimbi?

Il rapporto con il cibo

Un bimbo che non ne vuole sapere di addentare ciò che ha davanti e che noi gli abbiamo preparato con cura, inevitabilmente scatena una sensazione di frustrazione, preoccupazione e rabbia in noi genitori. Pensiamo nell'immediato a un capriccio, a una presa di posizione del piccolo davanti a una pietanza che non ha mai assaggiato ma magari ha un odore forte, come i broccoli. La strategia che viene spontaneo mettere in atto è dunque quella del rimprovero o peggio del ricatto, dobbiamo invece portare pazienza e indagare i motivi del rifiuto del cibo da parte dei bambini.

Il cibo non ha solo un significato nutrizionale per il bambino, innanzitutto la fame o l'assenza di appetito sono indicatori dello stato di salute del bambino. Un bimbo che non mangia potrebbe essere irritato, stanco o ammalato.

Fin dai primi tempi, poi, il piccolo instaura con chi lo nutre un rapporto affettivo molto stretto. Nutrirsi per il bambino significa essere curato, coccolato e protetto. Gli sguardi con i genitori, l'"aeoroplanino" con il cucchiaio, l'essere imboccato, sono tutti gesti che fanno vivere serenamente al piccolo il rapporto col cibo.

Da qui pare evidente che forzare i bambini a mangiare quando non vogliono con minacce e ricatti oppure all'opposto con la promessa dei premi può inficiare per sempre il rapporto del bambino col cibo, ma anche con i genitori.

Il cibo come ricatto

«Dai mangiane un altro pezzettino che poi andiamo al parco». Il ricatto ha sempre un effetto boomerang, e le sue conseguenze sono di gran lunga più dannose del motivo per cui decidiamo di metterlo in atto nell'educazione dei bambini. Innanzitutto i piccoli imparano che è manipolando gli altri che si ottiene quello che desiderano e, in secondo luogo modificano solo per un attimo il loro comportamento, per ottenere ciò che gli promettiamo, senza veramente capire il valore educativo del rimprovero.

cibo come ricatto

Esistono diversi tipi di ricatto a tavola, ognuno ha le sue ripercussioni:

  • il cibo come ricatto emotivo: «L'ho preparato per te, se non lo mangi allora non mi vuoi bene» il bambino ascoltando questa frase non fa altro che sviluppare un forte senso di colpa, oltre a collegare l'affetto dei genitori al suo comportarsi in maniera diligente. Non vi è cosa più sbagliata, l'affetto non si guadagna e soprattutto i genitori non vogliono più o meno bene ai figli a seconda del loro comportamento.
  • il cibo come metro di giudizio del comportamento: «Mangia su, fai il bravo. Guarda tuo fratello come è bravo, non fa le storie che fai tu». Il bambino non deve pensare che è bravo se mangia e cattivo se non lo fa. Sta imparando a regolare i propri istinti, a volte è semplicemente sazio, altre non si sente bene. Una frase del genere inoltre alimenta la gelosia tra fratelli.
  • il cibo come premio: il ricatto del dolce è uno dei più utilizzati dai genitori, per far mangiare ai bimbi frutta e verdura. «Dai mangia le carotine, appena le finisci ho un bel dolcetto per te». Questa frase fa vivere al piccolo il pasto come una punizione, come il dovere prima del piacere, rappresentato invece dal dolcetto. Quindi il bambino avrà la conferma che la verdura che c'è nel suo piatto non è buona, fa bene a detestarla, si può fare lo sforzo di mangiarla solo se c'è una ricompensa finale. Inoltre in un attimo ci troveremo ad avere la dispensa piena di dolci, perché il bambino imparerà a ribaltare la situazione a suo vantaggio, desiderando sempre nuovi dolci e evitando sempre più frutta e verdura.

A tavola si educano i bambini

Stare insieme a tavola non significa solo mangiare, significa anche relazionarsi ed educare i nostri bambini ad essere delle buone forchette. Se i piccoli fanno i capricci e non ne vogliono sapere di mangiare certe pietanze dobbiamo cercare di abituarli a forme, consistenze e sapori che possono trovare sgradevoli, concedendo alternative ma fino a un certo punto.

Non è educativo che i genitori stiano totalmente ai desideri dei bambini, non possono così piccoli pensare di scegliere che se non mangeranno le carote allora mangeranno la pasta al pomodoro perché a loro piace di più. Ciò si traduce per i bimbi nel veder avvalorata la loro tesi: se i miei genitori mi cucinano la pasta visto che le carote non mi piacciono, le carote non sono davvero buone. In secondo luogo, pensare di poter decidere già così piccoli cosa è bene mangiare e cosa no, fa perdere ai genitori il loro ruolo di guide per i bimbi.

felicità a tavola

Al contempo non possiamo neanche pensare di forzare i bambini con ricatti o violenza a mangiare ciò che detestano, dobbiamo munirci di pazienza e ripresentare il piatto ai bimbi più volte, oppure in alternativa frullare la verdura, o cercare di prepararla con altri ingredienti in modo che sia meno amara e più gradevole. Un'altra opzione è quella di coinvolgere i bimbi nella preparazione delle verdure, saranno più propensi a mangiarle.

In ultimo, ma non per importanza, dobbiamo dimostrare ai bambini che le pietanze che portiamo in tavola e che diciamo loro fare bene alla salute, siamo noi i primi a mangiarle. Come possiamo pretendere che nostro figlio adori gli spinaci, se i primi a storcere il naso davanti alle verdure siamo noi?

Il parere della psicologa Elisabetta Lupi

Il ricatto emotivo sul cibo è una stategia che andrebbe il più possibile evitata. Dire al proprio figlio: "se non lo mangi significa che non mi vuoi bene" oppure "se non lo mangi sei un bambino cattivo" rappresenta una di quelle frasi che emotivamente può causare confusione e sconforto nei più  piccoli.

Diciamo ai bambini: sarai sempre bravissimo per i tuoi genitori, ma se vuoi crescere sano e forte devi mangiare!

Il sentirsi invece, amati o apprezzati se mangeranno o meno il cibo nel piatto instaura difficoltà nel bambino di percepirsi come adeguato o degno di essere amato e inevitabilmente si domanderanno: "quindi sono apprezzato solo se mangio e quando non mi va invece? Quando la fame non c'è allora forse non mi vogliono cosi bene oppure faccio schifo!?"

Questo, nel caso di bambini molto sensibili, potrebbe causare insicurezze che nel tempo potrebbero diventare vere è proprie difficoltà emotive. Cerchiamo di modificare il nostro lessico familiare utilizzando: "sarai sempre un bravo bambino per i tuoi genitori, ma se vuoi crescere sano e forte devi mangiare!"

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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