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Il rituale per giocare insieme ai nostri figli, anche se non ci sentiamo a nostro agio a carponi sul tappeto

Il gioco è essenziale per l'educazione e la maturazione dei bimbi, che adorano potersi divertire con i genitori. Non tutti i genitori però sono predisposti al gioco infantile, niente paura, basterà seguire un preciso rituale con apertura e chiusura e fare uno dei giochi proposti in cui mamma o papà è solo supervisore.

18 Giugno 2023
9:00
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Il rituale per giocare insieme ai nostri figli, anche se non ci sentiamo a nostro agio a carponi sul tappeto
Pedagogista
rituale gioco
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Giocare con i bambini o far giocare i bambini? In ogni caso le famiglie di oggi sono sicuramente più propense a spendere del tempo insieme ai propri figli nel gioco. Fa parte dell'idea di famiglia affettiva, che educa attraverso la presenza, piuttosto che il precettorato. Nella famiglia che passa da normativa ad affettiva, vi è una transizione verso un modello educante attento ai bisogni del bambino. In questo articolo parleremo di uno di questi bisogni: il gioco.

Secondo il pedagogista e psicologo Vygotskij – meraviglioso studioso definito "Il Mozart della psicologia" – il gioco è ciò che il bambino elabora in risposta ai suoi bisogni cognitivi, affettivi e motivazionali. Pur essendo spontaneo nel bambino, il gioco per la sua caratteristica fortemente evolutiva si pone in cima alla classifica degli strumenti educativi a disposizione di insegnanti, educatori ma anche genitori.

In quest'ultimo caso, capita spesso di incontrare persone che non si raccontano come particolarmente affini al giocare con i bambini. Sentono di non avere le qualità, le attitudini e la spontaneità per intrattenersi con i propri figli, rivendicandosi un ruolo meno giocoso, ma pur sempre genitoriale. A queste persone non togliamo nulla in termini di genitorialità, anzi, è giusto ribadire che non si tratta di una qualità essenziale, ma di un accessorio sicuramente utile.

Con questo testo desidero avvicinarmi empaticamente e concretamente a quei genitori che così spesso si raccontano come "indietro" proprio perché non sentono di essere "pratici" con il gioco infantile. Nessuna paura, ci sono dei modi per sentirsi partecipi anche in questa importante evoluzione per i bambini. Come? Attraverso la costruzione di un rituale.

Un rituale per far giocare i bambini

I bambini non hanno necessariamente bisogno dei genitori per giocare. Capita spesso di sentire racconti di bambini che giocano da soli, senza che vengano intrattenuti. Questo può mettere a proprio agio quelli che all'idea di ingaggiarsi nel gioco con i propri figli si sentono un po' "fuori posto".

I bimbi vogliono essere coinvolti dai genitori

Ma come fare se, nonostante questo, sentiamo di volerne esserne comunque partecipi? I bambini sono disposti ad accettare qualunque modalità purché sentano di essere coinvolti, valorizzati e soprattutto che ci sia una reale volontà da parte dell'adulto di esserci per loro.

Si parte dall'inizio: dare un nome

Anzitutto anche l'adulto deve divertirsi, per cui sarebbe più coinvolgente se il rituale avesse un nome, anche semplice, purché identificabile, come ad esempio "Il gioco del papà / della mamma".

papà e figlio

Questo permette sia all'adulto che al bambino di evocare il rituale quando ne sente il desiderio, permettendogli di farne richiesta attiva, anziché esserne fruitore passivo. Dare un nome crea un contenitore per quel momento e lo codifica secondo quelle che saranno le regole che stabiliremo.

Scegliere il gioco e stabilirne le regole

Quando il momento gioco è stato evocato, è il momento di scegliere l'attività e trasmetterne le regole. In virtù del fatto che questo testo è principalmente pensato per tutti quei genitori che non sono completamente a proprio agio nel gioco infantile, si sceglieranno dei giochi in cui l'adulto possa essere supervisore, giudice, guida anziché parte integrante e attiva del gioco.

puzzle

Eccone alcuni esempi:

  • Infilare perline, bottoni oppure tubetti di pasta in un filo per fare una collana. In questo modo il bambino potrà sperimentarsi da solo e l'adulto potrà avere il ruolo di facilitatore quando si presenteranno momenti di difficoltà. Mi raccomando, senza mai sostituirsi al bambino. Non è importante il risultato, l'importante è il gioco.
  • Fare un puzzle
  • Trova le differenze nei disegni. Si può dividere a metà un foglio e disegnare la stessa scena a destra e a sinistra, ma con alcune piccole differenze nella posizione degli oggetti (in un disegno il quadro c'è e nell'altro non c'è oppure in un disegno il vaso è sul tavolo e nell'altro è sotto). Il bambino dovrà trovare le differenze e poi sottoporle all'adulto. A questo punto, il gioco si può anche capovolgere, facendo sì che sia l'adulto a trovare le differenze nei disegni del bambino.
  • Nascondere un oggetto nella stanza e trovarlo stando seduti. Il bambino deve trovarlo domandando se si trova dentro l’armadio, oppure sotto il divano ecc. Anche qui si possono poi cambiare i ruoli.
  • Formare un’immagine (o una lettera) usando stecchini o cannucce. Il bambino la osserva per qualche secondo e poi dovrà rifarla uguale. Ancora una volta si possono poi scambiare i ruoli.

Questi sono solo alcuni esempi di giochi in cui la distinzione dei ruoli permette all'adulto di essere a suo agio all'interno del gioco, strizzando l'occhio a quella parte del sé che ritiene di non essere bravo.

Feedback finale

Essendo un gioco strutturato, necessiterà di un momento di chiusura, in cui l'adulto, decretando la fine del gioco, aiuterà il bambino a sistemare e rimettere tutto in ordine. È molto importante che la chiusura del gioco sia chiara, così come è importante che lo sia l'apertura.

papà e bimba giocano

Questi giochi non solo sono divertenti, ma aiutano la maturazione di abilità cognitive, affettive, motivazionali, motorie. Non solo, permettono anche al bambino di abituarsi alle regole condivise, alla costruzione di un contesto che ha un inizio, uno svolgimento e una fine.

Sono molti i genitori che raccontano di non "essere in grado", quando invece, esattamente come per i bambini, non si tratta di essere capaci o meno, ma semplicemente di trovare la chiave giusta.

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Luca Frusciello
Pedagogista
Dopo gli studi superiori, mi laureo in Educazione Professionale. Mentre approfondisco le tematiche pedagogiche in percorsi universitari e formativi extra-universitari, progetto e realizzo interventi educativi finalizzati allo sviluppo globale della persona. Successivamente conseguo il titolo di Pedagogista Clinico® che aggiunge alla mia professionalità le basi scientifiche trasversali per interventi basati su metodi e tecniche proprie della disciplina, finalizzate alla comprensione dei processi che muovono l’individuo senza concentrarsi sui disturbi e le incapacità, ma attivando Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Attraverso modalità, metodi e tecniche esclusivamente educative mi rivolgo a persone di ogni età, concentrandomi sulle capacità individuali e sociali. Grazie ad un approccio non curativo né correttivo, si favorisce la persona nel trovare le proprie risorse adattive, agendo interventi educativi specialistici. Visione, questa, che permette di accogliere, analizzare e associare ogni orientamento verso l’evoluzione e il cambiamento.
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