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17 Maggio 2023
17:00

L’adozione nazionale raccontata passo passo da chi la vive in prima persona

Lisa e Giorgio ci hanno raccontato il loro iter adottivo fatto di gioie e dolori, tra cui il lutto biologico e l'accettazione. L'adozione nazionale va vista come un'opportunità per il nostro Paese che però non è ancora prontissimo ad accoglierla. Ci si interessa delle tempistiche, dei cavilli legali, delle criticità solo quando si adotta e questo rende tutto più difficile.

A cura di Sophia Crotti
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L’adozione nazionale raccontata passo passo da chi la vive in prima persona
Adozione nazionale famiglia

Il percorso della genitorialità di Lisa e Giorgio è iniziata qualche anno fa, quando hanno sentito il desiderio di allargare la famiglia. Sognavano un bambino che tardava ad arrivare e in questo tempo di attesa, che gli è sembrato infinito, si sono interrogati su quanto fosse forte il loro desiderio di diventare genitori.

Un anno e mezzo dopo ecco la risposta: non potendo avere un figlio nato dalla pancia, sarebbero diventati genitori adottivi. In particolare la loro strada è stata quella dell’adozione nazionale, più rapida, ma non meno difficoltosa del percorso di chi opta per l’adozione internazionale.

Hanno dovuto fare i conti con il rischio giuridico e con un pargoletto di appena due mesi, che è arrivato tra le loro braccia dall’oggi al domani.

«Devi capire come gestire il “libretto di istruzioni” del tuo bambino in meno di un minuto. Perché sì Martino era tra le nostre braccia ma non era nato da noi, aveva avuto una mamma e poi un team che lo aveva accudito in un certo modo. Non abbiamo avuto i canonici 9 mesi di gravidanza, ma pochi minuti per diventare davvero genitori».

Lisa ci ha parlato anche delle difficoltà che si incontrano tutti i giorni nel racconto dell'adozione ai bambini: le linee guida del Miur per spiegare l’adozione a scuola, non seguono un protocollo gestito e condiviso, sono lasciate a discrezione dell'istituto.

Prima di adottare un bambino

«Ci tengo a precisare che quando consegni le carte per l’adozione e inizi ad aspettare, nessuno ti spiega nulla, gli assistenti sociali ti formano, certo, ma alla fine sono lì per “valutarti” e tu devi essere pronto, ma non sai come muoverti». Ci spiega Giorgio, dicendoci che è fondamentale iniziare un percorso pre adottivo, perché ti permette di conoscere altre coppie che opteranno per l’adozione, perché offre dei corsi organizzati, che ti preparano a tutto quello che incontrerai lungo il percorso.

Associazione per l'adozione

Il loro rammarico è che in Italia le persone si interessano a ciò che accade nel mondo delle adozioni solo una volta che vi sono dentro, ma sono molto felici di aver scelto un'associazione che li ha preparati e che ancora frequentano:«Abbiamo fatto un percorso che è stato molto formativo per noi come coppia, grazie all'associazione, abbiamo capito di essere bilanciati, pronti, che c’era una fortissima comunione di intenti. Abbiamo toccato temi spinosi, capito che genitori volevamo essere e quale figlio eravamo disposti ad accogliere» dice Lisa.

L’iter adottivo per l’adozione nazionale

In Italia esistono circa 1500 minori adottabili, dunque in stato di abbandono, all’anno e l’adozione nazionale, non ha tempistiche, i bimbi possono arrivare nell’immediato, non appena la famiglia è stata valutata positivamente e il tribunale ha firmato tutte le carte.

«Il nostro percorso è stato limpido, senza intoppi», ci spiega Giorgio.

Loro due, una volta deciso che l’adozione sarebbe stata la loro strada, hanno inviato la propria disponibilità ad adottare al tribunale del proprio comune di residenza. A questo punto sono stati contattati dai servizi sociali e hanno con loro iniziato il percorso di valutazione. Ottenuto l’ok dal tribunale, sono stati contattati poiché erano stati abbinati a un bambino, Martino.

Il rischio giuridico è la possibilità che i genitori del ragazzo adottato e i suoi parenti fino al sesto grado tornino e facciano ricorso

L’adozione nazionale fa i conti, però, con una grossa criticità, che in alcuno casi disincentiva
le coppie a optare per questa strada, il rischio giuridico. Consiste nella possibilità che i
genitori biologici del bimbo e i suoi parenti fino al sesto grado facciano ricorso per
poter riavere il bambino con loro. «Tu lo sai, fin dal primo giorno che esiste la possibilità
del rischio giuridico e vieni informato di quanto, nel tuo specifico caso, questo rischio sia alto o basso. Per noi, che abbiamo adottato Martino, il rischio giuridico era minimo»

Giorgio e Lisa non hanno fatto in tempo ad alzare la cornetta per rispondere alla chiamata
dei servizi sociali, che già erano in viaggio verso il comune di provenienza del loro piccolo.
Quando lo hanno raggiunto sono stati con lui il tempo che gli è stato dato per capire
quali fossero le esigenze del bimbo, che fino a quel momento era stato cresciuto da altri.
«Gli assistenti sociali, quando ci hanno preparati all’incontro ci hanno detto di essere pronti
al peggio, perché se invece poi accade il meglio, è meglio. Martino stava bene ed era in
forze».

pratiche adozione

Trascorsi i due giorni Lisa, Giorgio e Martino sono partiti per tornare a casa. A quel punto,
però, ci hanno spiegato che inizia il periodo che viene definito affidamento pre adottivo. In
pratica il bambino legalmente ha una figura di riferimento che non sono i suoi genitori
adottivi, un tutore, che si occupa di lui.

Il periodo nel loro caso è durato un anno e mezzo, in questo anno i servizi sociali sono stati
loro molto vicino, anche perché dopo un po’ di monitoraggio sono proprio loro a rilasciare
una relazione scritta che deve essere spedita al tribunale del comune di nascita del minore e
firmata dal suo tutore. «Il problema è che i tempi si dilatano perché c’è un passaggio di
queste carte dal comune di residenza del bimbo, al tribunale, alle mani del tutore»

Il lutto biologico e la difficoltà di capire il perché dell’abbandono

Oltre all’iter, alla preparazione, al rischio giuridico, all’emozione del primo incontro, al non
sentirsi preparati, l’adozione tra i tempi di attesa e i corsi che invitano a ragionare molto su
se stessi, porta a domandarsi tante cose. Tra i tanti interrogativi ci sono come si potrà amare
un figlio se non è nato da sé.

Questi sono alcuni dei dubbi che Lisa ha condiviso con noi «Avevo sentito parlare di lutto
biologico, ma lo vedevo come un argomento immenso, molto lontano da me e invece ho
capito, col passare del tempo, degli incontri, che dovevo accettare che questo bambino
non sarebbe nato dalla mia pancia, ma che lo avrei comunque amato poiché sarebbe
stato mio figlio in egual modo»

lutto biologico

Di lutto biologico non si parla moltissimo, ma è un argomento di estrema importanza, si
tratta di un sentimento che viene paragonato al lutto perché emotivamente alcune donne
vivono l’impossibilità di riuscire ad avere un bambino come la perdita di una persona cara, di quel bambino che non nascerà mai. Il dolore si ripresenta ciclicamente e quando si decide di adottare, dunque di avere un figlio che non sarà biologicamente nostro, è
importante aver fatto chiarezza a proposito di questo dolore, comprendendo di essere pronti
ad accogliere e amare un figlio che arriva da un’altra pancia.

Alcune donne vivono l'impossibilità di riuscire ad avere un bambino come la perdita di una persona cara

Lisa ci racconta che quando ha avuto il suo bambino tra le braccia l’ha assalita un enorme
senso di inadeguatezza: «Quando ho preso in braccio nostro figlio non mi sentivo
legittimata ad essere la sua mamma, io non pensavo di poter essere d’aiuto a mio figlio».

Il tempo poi sistema le cose, certo bisogna saper chiedere aiuto, continuare i percorsi
con le associazioni, che sono importanti proprio perché si pensa di essere pronti e poi la
vita mette di continuo davanti a nuove sfide e nuovi bisogni. A poco a poco ci si unisce, ci si
ama e si perdonano anche le proprie insicurezze.

Il racconto dell’adozione: abituare alla diversità

La narrazione della storia del bambino è fondamentale, più che per lui, che magari all’inizio
non la comprende poiché è molto piccolo, per i genitori che si devono allenare al racconto e
scegliere la modalità narrativa più adatta all’età del bimbo. «Noi raccontiamo a Martino la
sua storia da quando ancora non parlava» ci spiegano infatti Giorgio e Lisa. Ogni famiglia
poi userà la sua modalità, ci si può aiutare con fotografie, disegni, storie illustrate, si può
creare un libro sull’adozione, è importante però raccontarla. Anzi è un diritto dell'adottato
conoscere le sue origini, tutelato dall’articolo 28 della legge sulle adozioni.

Se i nostri figli sapranno che esistono tante realtà diverse nel mondo, capiranno che la loro mamma ha semplicemente fatto una scelta diversa

Alla fine ci spiega Giorgio che sia gli assistenti sociali durante i colloqui, che i professionisti
che dialogano con loro nell’associazione hanno sempre puntano molto sul far capire loro che
l’importante è abituare i loro figli alle diversità che ci sono nel mondo: «Se i vostri figli
sapranno che esistono realtà diverse le une dalle altre, saranno facilitati poi a capire che la
loro mamma biologica ha semplicemente fatto una scelta diversa, ossia di non fare la
mamma».

La narrazione tra le mura domestiche

La modalità di narrazione che Lisa e Giorgio usano tra le mura di casa è del tutto naturale,
raccontano ogni giorno, dalla sua nascita, a Martino qual è la sua storia: «Gli diciamo che lui
ha vissuto in una pancia, che è stata la sua casa prima di noi. Nel racconto gli parliamo
anche dei suoi primi giorni e di come sia stato accudito».

La narrazione tra i banchi di scuola

Il racconto dell’adozione non può rimanere chiuso tra le mura domestiche, deve spostarsi anche nei luoghi dove il piccolo inizia a trascorrere la maggior parte del suo tempo, primo fra tutti la scuola. Esistono delle linee guida ministeriali, datate 2014, che però Lisa e Giorgio ci dicono, gli istituti non sono obbligati a seguire, tutto è a discrezione degli insegnanti e delle famiglie.

Adozione tra i banchi

«Noi abbiamo richiesto l’intervento della maestra referente e dell’educatrice, abbiamo fatto diversi colloqui con loro, i quali avevano l’unico obiettivo di fare in modo che il tema dell’adozione fosse sdoganato e mai raccontato in maniera discriminante».

Le insegnanti di Martino sono molto attente, sanno che poter raccontare l’adozione a lui e ai suoi compagni è una grossa responsabilità ma anche una meravigliosa opportunità e hanno chiesto a Lisa e Giorgio di portare dei libri sull’adozione che pensano la raccontino nel migliore dei modi.

La vita in famiglia e in società

«Aver scelto di adottare mio figlio mi ha fatto crescere come uomo, come padre, ci ha fatti crescere come coppia. Ha quindi avuto un peso fortissimo sulla costruzione del nucleo familiare, ma un peso buono, non sarei la persona che sono oggi senza di lui, e non è un modo di dire» ci dice Giorgio, spigandoci che per lui famiglia è il luogo in cui si sente pienamente realizzato e grazie a Martino, una persona migliore, dopo aver riflettuto su tematiche importantissime.

Aver scelto di adottare mio figlio mi ha fatto crescere come uomo, come padre e ci ha fatti crescere come coppia

Temi con i quali si confrontano tutti i giorni, perché la società non è ancora prontissima a parlare di adozione nel modo giusto, spesso si sentono dire “che bravi che avete adottato”, o peggio “eh ma sarà dura quando poi avrete un figlio vostro”. Martino è figlio loro e per di più assomiglia tantissimo a Lisa, perché se l’adozione invita ad abbattere l’idea stereotipata che ognuno di noi ha di un suo ipotetico figlio, la vita poi ti sorprende e ti spiega che la somiglianza è fatta da tantissime cose. Si possono avere colore degli occhi, dei capelli, persino della pelle diversi e poi parlare allo stesso modo, commuoversi per le stesse cose, avere la stessa mimica facciale.

Adozione nazionale

Martino e tutti i bimbi adottati meritano di vivere in un mondo che sia sempre pronto ad
accogliere la loro storia, che non si rifiuti mai di raccontarla, nel modo più corretto possibile.
Martino è stato accolto da due genitori preparatissimi e speranzosi che sia lui, con la sua
storia a fare la differenza, educando gli altri all’adozione. «In Italia non ci sono linee guida
univoche, tutto dipende dal singolo tribunale, dal singolo governatore, dal singolo sindaco.
Ed è chiaro ed evidente che finché sarà così l'Italia si priverà di qualcosa che potrebbe
arricchirla molto: la cultura dell’adozione» conclude Lisa.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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