Un virus lo blocca sulla sedie a rotelle e il papà costruisce una casa tecnologica su misura per lui

Alessandro a 4 anni è stato colpito da un virus che gli ha tolto la possibilità di camminare e respirare in autonomia. Suo papà Marco ha progettato una casa ipertencologica su misura per lui: «La malattia è stata come uno tsunami, quando le onde si sono ritirate avevamo due opzioni, andare avanti o abbatterci, abbiamo scelto la prima, ora Ale è felice».

3 Dicembre 2023
9:00
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Un virus lo blocca sulla sedie a rotelle e il papà costruisce una casa tecnologica su misura per lui
La casa di Ale

Riuscite a immaginare una casa senza porte? Può sembrare complesso e richiedere un grosso sforzo di immaginazione, le porte sono strutture fondamentali nelle abitazioni, ci permettono di aprirci agli altri membri della famiglia o di chiuderci nei nostri momenti di studio, lavoro o relax. Ma se quelle porte fossero un inciampo per un bimbo che si aggira per casa con la sedia a rotelle e può comandare solo con la voce tapparelle, luci e cancelletto della sua casa? Ecco forse così è più semplice capire perché in questa villa, che si erge tra i campi verdeggianti, le stradine sterrate e le stalle di Villa Guardia, paesino in provincia di Como, non tutte le stanze hanno le porte.

In questo paesaggio da cartolina si trova una casa completamente domotizzata, la Casa di Ale. «È anche la casa di Gaia» ci incalza subito la sorella di Alessandro. Lei è l'artista della famiglia, infatti trascorre tutto il tempo dell'intervista a dipingere silenziosa dietro il suo papà. Gaia con questa semplice esclamazione ci anticipa già un tema importante, che quando in famiglia si vive un trauma, a subirne le conseguenze sono un po' tutti.

Per raccontare la storia di Ale, che oggi è un undicenne che sogna di fare lo chef e la guida turistica, dobbiamo tornare indietro nel tempo al 2016, quando era in vacanza in montagna con la sua mamma, il suo papà e la sua sorellina.

Dopo aver trascorso un'intera giornata a ridere, scherzare e scorrazzare tra le praterie, Ale ha iniziato a non sentirsi bene, cosa che ai bimbi accade spesso. Il colpevole? Un virus, EV D-68, un nemico microscopico, aveva intaccato inesorabilmente il suo corpicino di appena 4 anni, provocando in lui una malattia terribile: la mielite acuta flaccida. In soli due giorni Ale ha perso la capacità di respirare e camminare in autonomia.

«È stata una malattia tsunami, di quelle che arrivano potenti come una mareggiata lasciandoti in tilt e, una volta che hai la diagnosi, tutto tace e le acque si sono ritirate, solo allora puoi contare tutte le vittime» ci spiega il papà di Alessandro, Marco, che dopo la malattia del figlio si è rimboccato le maniche con il solo obiettivo di ridare ad Alessandro l'autonomia che quel terribile nemico gli aveva tolto.

Marco si è informato, da abile comunicatore ha iniziato con un passa parola e in breve diverse realtà sono accorse in suo aiuto per progettare insieme una casa e poi anche degli strumenti, che permettessero ad Ale di muoversi in autonomia, addirittura di tornare a mangiare una bella fetta di pizza da solo. Rimane ancora un sogno però nella mente di Marco: «Il mio desiderio per Ale? Che come tutti i teenager un giorno possa dire a me e mia moglie, papà, mamma, basta, statemi lontano, che faccio brutte figure se mi faccio vedere con voi».

Come ti è venuta l'idea di creare una casa di questo tipo?

Questa casa è un progetto nato proprio dal nostro desiderio di rendere Alessandro il più autonomo possibile che ha incontrato il nostro modo di essere persone sempre alla ricerca di novità. Tutto questo ha portato a voler creare una casa che fosse proprio su misura per lui. Prima mi sono guardato intorno, poi mi sono detto: «Ma possibile che non esiste? Allora vorrà dire che me la invento, la creerò io».

la casa di ale

Mi piacerebbe poi che le persone con disabilità o i loro familiari, che oggi si sentono sconfortati, non sanno come fare, possano prendere spunto da ciò che abbiamo inserito nella nostra casa, tutte le tecnologie sono utilizzabili singolarmente in base alle esigenze.

Indipendenza e disabilità sembrano spesso un binomio impossibile. Costruendo questa casa hai voluto dimostrare il contrario?

Certo, l'obiettivo è stato proprio quello di dire che non per forza le due cose non possono coesistere. Dobbiamo pensare che la tecnologia si è evoluta e se per esempio, Alessandro vent'anni fa sarebbe finito in quei polmoni d'acciaio che vediamo a volte nelle immagini, oggi ha con sé un ventilatore che è grande come un pc portatile e che gli permette quindi di andare a scuola, di andare in giro, di poter fare tutte le esperienze in libertà e non essere vincolato a una struttura fissa.

Il mondo è inclusivo nei confronti della disabilità?

Il mondo di per sé non è inclusivo per la disabilità, ma attenzione questo non a causa di mancanza di rispetto sul tema o per mancanza di interesse, si tratta di semplice mancanza di conoscenza.

Il mondo non è inclusivo nei confronti della disabilità finché non la conosce

Lo vedo tutti i giorni da quando Ale va a scuola, nell'istituto c'erano delle barriere che impedivano ad Ale di muoversi, e sono state abbattute nel momento in cui le maestre e le insegnanti del plesso scolastico sono venuti a contatto con Alessandro. Quando la disabilità, una delle tante che esistono nel mondo, la si conosce da vicino allora si interviene e il mondo diventa inclusivo.

Cosa sono per te i tuoi figli?

I figli sono un completamento della vita, secondo me non si può farne a meno. Dal mio punto di vista sono i pezzi di un puzzle che mi ha permesso di vivere delle esperienze uniche nel loro genere.

Da quando siete in questa casa l'umore di Alessandro è cambiato?

Sì, è cambiato, secondo me in meglio. Lo vedo un pochino più sereno, più autonomo. Lo si vede dalla luce nei suoi occhi è una luce più accesa.

Come avete affrontato la diagnosi di Alessandro?

Di certo non è stato un percorso facile, anche perché siamo stati catapultati in questo tipo di vita nell'arco di due giorni. Alessandro a causa di un virus in due soli giorni ha perso la capacità motoria e respiratoria. Questo ovviamente è stato un trauma per noi. Alessandro saltava ovunque, era pieno di energia e di vitalità e in un batter d'occhio eravamo ricoverati in ospedale. Senza che si riuscisse a capire come mai non riuscisse più a muovere parti del suo corpo. Poi c'è stato quasi un anno di riabilitazione in un centro che abbiamo qui nel territorio.

la casa di Ale

Come dico sempre la sua è stata una malattia tzunami. È arrivata la mareggiata e ha distrutto tutto. Quando il mare si è ritirato abbiamo dovuto contare le vittime. A quel punto abbiamo dovuto decidere che strada prendere o accettare la situazione e fare il massimo, dare il massimo per vivere nel modo migliore possibile questa situazione, oppure lasciarsi andare, scendere e cadere.

Certo, è più facile la seconda strada, la discesa, è sempre più facile che la risalita. Però vuoi mettere le soddisfazioni che può dare una salita? E noi siamo la dimostrazione che anche con una disabilità molto grave le cose si possono fare.

La malattia di Alessandro pensi che vi abbia cambiati?

Certo, io, mia moglie e entrambi i miei figli in realtà siamo tutti molto diversi tra noi. La malattia di Alessandro ha sicuramente messo in risalto queste diversità. Penso a nostra figlia che è una creativa, la sua creatività probabilmente è esplosa nel momento in cui eravamo in ospedale e lei doveva riempire i suoi momenti buchi attraverso il disegno, attraverso l'azione di colorare.

Alessandro, d'altro canto, era un ragazzino più introverso, con la malattia ha sviluppato una capacità di stare insieme alle persone incredibile per la sua età.

C'è un ricordo particolare che ti viene in mente pensando ad Alessandro prima della malattia?

Ho questo ricordo, che mi porterò sempre nel cuore, quando Ale era piccolino e di notte dormiva da solo nella sua cameretta, a volte aveva paura. Mi capitava quindi a volte di sentire nella notte dei passi di un piccolo elefante che tutto ad un tratto arrivava nella nostra camera.

La casa di ale

Voleva essere messo nel lettone, aveva paura, e allora io alzavo la coperta, lo prendevo, lo mettevo a letto e lo stringevo forte a me, finché non tornavamo entrambi a dormire. In quel momento sentivo di avere la cosa più importante della mia vita tra le mie braccia, sapevo che era nel posto più sicuro in cui potesse trovarsi. Quello è un po il ricordo che mi porto dietro prima della malattia, insomma.

Cosa diresti a chi si trova a vivere la condizione di una disabilità in famiglia?

Ho iniziato il progetto della Casa di Ale,  pensando proprio di dedicarlo a tutti quelli che hanno delle problematiche come la nostra, per ricordare loro che bisogna rimboccarsi le maniche, che non sempre è facile ma che le possibilità di tornare a vivere una vita il più normale possibile ci sono.

E poi penso che la mia storia possa dire qualcosa a tutti quanti, io personalmente ho vissuto un un trauma, arrivato all'improvviso ad un certo punto della mia vita. Prima vivevo, insieme alla mia famiglia, una vita normale e  spesso rimandavo al futuro determinate possibilità e le cose che volevo fare. Fino a che però è successo quello che è successo, e alcune cose non le ho più potute fare. Il mio consiglio quindi è di vivere intensamente ogni momento, perché è oggi che ci siamo e oggi possiamo goderci ogni cosa. Non si può certo aspettare domani per fare le cose.

Cosa speri per il futuro di Alessandro?

Spero che lui riesca a trovare il suo percorso di vita, che sia di studio, di amicizia, di di compagnia. Che possa sempre coltivare i suoi interessi, i suoi hobby, che lui trovi, la serenità e la sicurezza nella sua vita e che possa fare veramente tutto quello che fa una persona normodotata.

la casa di ale

Questa speranza va a braccetto con la speranza che la società in cui viviamo sia sempre più attenta all'inclusività. Una situazione in cui tutti quanti siamo uguali, tutti quanti abbiamo le stesse opportunità, tutti quanti possiamo dare lo stesso input alla società in cui viviamo. Questo è il mio sogno.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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