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27 Gennaio 2024
9:00

Farmaci da evitare in gravidanza, tutto quello che c’è da sapere

I farmaci da evitare in gravidanza sono molti, anche i comuni analgesici o antinfiammatori "da banco" possono essere pericolosi per il feto. La regola di base però è sempre quella di riferirsi al proprio medico curante.

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Farmaci da evitare in gravidanza, tutto quello che c’è da sapere
Ostetrico
farmaci in gravidanza

Curarsi quando si aspetta un bambino si può, tuttavia vi sono alcuni farmaci da evitare in gravidanza o, quantomeno, da assumere con molta attenzione e solo previa prescrizione medica. Un utilizzo indiscriminato potrebbe alterare le funzioni della placenta, danneggiare il feto e comprometterne il corretto sviluppo all'interno dell'utero.

In generale, utilizzare poco i farmaci limitandoli ai soli veri casi di necessità e rispettare le posologie corrette e consigliate dal personale sanitario sono regole sempre valide per consentire una riduzione degli effetti collaterali e tutelare la salute di tutti i pazienti. Nel caso di antidolorifici ed analgesici, ad esempio, un uso ponderato garantisce una maggior efficacia dei medicinali stessi che agiscono in corpi meno abituati e assuefatti a determinati principi attivi e quindi, di conseguenza, più responsivi. Nel caso degli antibiotici, invece, la corretta posologia impedisce il verificarsi di fenomeni come l’antibiotico-resistenza.

La limitazione dell’utilizzo di farmaci durante il periodo della dolce attesa però, non è una questione di scrupolo personale, poiché l'abuso di farmaci può ripercuotersi sul benessere di un'altra vita. In casi simili dunque è fondamentale seguire in modo preciso le prescrizioni del personale medico.

Le regole sulla sicurezza dei farmaci durante la gravidanza

Più della metà delle donne gravide fa uso di farmaci e la statistica dice che il consumo risulta essere in aumento. L’Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato nel 2020 un report accurato sull’utilizzo dei farmaci all’interno del territorio nazionale evidenziando come il 73,1% delle gravide avevano ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica durante la gravidanza, il 57,1% nei tre mesi precedenti e il 59,3% nel trimestre successivo al parto. I farmaci maggiormente prescritti, sempre dai dati AIFA, risultano essere:

  1. Farmaci per trattare malattie del sangue (es. anemia) (47,9% del totale dei farmaci prescritti);
  2. Antimicrobici per uso sistemico (33,2%);
  3. Farmaci per il sistema genito-urinario e ormoni sessuali (20,8%);
  4. Farmaci attivi sull’apparato gastrointestinale e sul metabolismo (12,1%);
  5. Preparati ormonali sistemici, esclusi gli ormoni sessuali (11,2%);

I quattro principi attivi maggiormente prescritti, invece, risultano essere:

  1. Acido folico (34,6%) (con maggiore prevalenza nel I trimestre);
  2. Progesterone (18,9%) (con maggiore prevalenza nel I trimestre);
  3. Solfato ferroso (18,7%) (con maggiore prevalenza nel III trimestre);
  4. Amoxicillina e acido clavulanico (11,5%).

Una delle classificazioni più note di farmaci è quella proposta dall’FDA (Food and Drug Administration) che divide i medicinali in cinque categorie di sicurezza per l’uso in gravidanza:

  • A (farmaci assunti da un vasto campione di donne in gravidanza senza aver riportato un aumento della frequenza di malformazioni, effetti indesiderati o tossici per il feto)
  • B (farmaci assunti da un numero limitato di donne ma che comunque non hanno mostrato di causare malformazioni)
  • C (farmaci che causano, o si ha il sospetto che causino, effetti dannosi al feto o al neonato, potenzialmente reversibili e non malformativi)
  • D (principi attivi responsabili di malformazioni o di tossicità feto-neonatale)
  • X (medicinali il cui rischio di danno fetale è così elevato che non devono assolutamente essere usati durante la gestazione).

Tuttavia non si può non fare i conti con un fatto e cioè che la maggior parte delle informazioni riguardo alla sicurezza dei farmaci durante la gestazione deriva da studi su animali, da studi non controllati e da report effettuati dopo l'introduzione dei prodotti sul mercato. Quindi tale classificazione, nel tempo, ha comportato una notevole difficoltà nell’applicare le informazioni disponibili in letteratura scientifica alla pratica clinica.

Ecco che allora, da febbraio 2014 l’FDA ha proposto una modalità diversificata di descrizione (comunque obbligatoria) che deve essere fornita per quanto riguarda:

  • Gravidanza: informazioni significative per quanto concerne l’utilizzo del farmaco nelle donne gravide (come dosaggio o rischi fetali) e informazioni relative alla presenza di eventuali database che raccolgono e conservano i dati su possibili reazioni delle donne incinte dovute al farmaco stesso;
  • Allattamento: informazioni importanti relative all’utilizzo del farmaco durante il periodo dell'allattamento (come la quantità di farmaco che può passare nel latte materno o i potenziali effetti del farmaco stesso sul bambino allattato al seno);
  • Femmine e maschi di potenziale riproduttivo: informazioni su contraccezione e sterilità relative specificatamente al farmaco in questione;

Perché alcuni farmaci non si possono assumere in gravidanza?

Nel caso della donna in gravidanza, le valutazioni sulla cura e sull’utilizzo dei farmaci devono sempre tenere presente anche i possibili effetti sul feto in quanto donna e bambino sono una diade inscindibile e strettamente collegata.

La regola di base, in un periodo delicato e complesso come quello della dolce attesa è pertanto quella di considerare i rischi potenziali conosciuti: se i benefici di un trattamento superano infatti i possibili effetti negativi allora è ragionevole e sensato tenere in considerazione l’utilizzo di un determinato tipo di farmaco.

Non tutti i farmaci raggiungono direttamente il feto, ma ciò non significa che non possano comprometterne lo sviluppo alterando le funzioni di utero e placenta

Non tutti i farmaci, di fatto, superano la cosiddetta barriera placentare e raggiungono il feto. Ma non significa, se non lo fanno, che non possano determinare danni allo stesso modo.

Se, infatti, i farmaci che oltrepassano la placenta possono determinare un effetto diretto, teratogeno (i farmaci possono cioè causare malformazioni congenite, in modo particolare se somministrati durante la fase dell’organogenesi) o fetotossico (alterazione della crescita e dello sviluppo funzionale del feto o possibile effetto tossico sui tessuti fetali) sul futuro bambino, quelli che non la superano possono comunque danneggiare il feto determinando:

  • Riduzione del calibro dei vasi placentari, aspetto che compromette lo scambio di gas e nutrienti;
  • Alterazioni del tono della muscolatura uterina: l’ipertonia uterina, ad esempio, risulta spesso collegata ad una possibile riduzione di ossigenazione del feto;
  • Alterazione della fisiologia materna determinando ad esempio ipotensione.

La possibilità per un farmaco di attraversare la placenta e la eventuale rapidità con cui tale processo avviene dipende principalmente dal peso molecolare dello stesso. La maggior parte dei farmaci con un peso molecolare minore a 500 Dalton, ad esempio, attraversa velocemente la placenta entrando nel circolo fetale. L’equilibrio di sostanze tra il circolo materno e i tessuti fetali si raggiunge in media dopo 30-60 min.

L’effetto che un medicinale ha sul feto è però determinato in gran parte dall’età gestazionale del feto stesso al momento dell’esposizione (e in modo minore dalla permeabilità della placenta, da fattori materni, dalla potenza e dal dosaggio del farmaco):

  • Entro il 20mo giorno successivo alla fecondazione: l’effetto di un farmaco sul feto è solitamente del tipo “tutto o nulla”. I medicinali possono quindi determinare la morte dell’embrione/feto o non danneggiarlo in alcun modo. In questo periodo, invece, la possibilità di determinare malformazioni (teratogenesi) è praticamente nulla;
  • Dal 20mo al 56mo giorno dopo la fecondazione si verifica invece la fase dell’organogenesi, la formazione cioè dei principali organi vitali: la teratogenesi in questo periodo è molto più probabile. I farmaci che raggiungono l'embrione/feto possono provocare sia un aborto spontaneo, sia difetti di tipo anatomico o ancora alterazioni metaboliche e funzionali (anche latenti, che si possono cioè manifestare clinicamente molti anni dopo). In altri casi può determinare addirittura un aumento del rischio di cancro infantile (se ad esempio alla madre viene somministrato iodio radioattivo per curare il cancro alla tiroide);
  • Nel secondo e terzo trimestre, al termine dell’organogenesi: la teratogenesi in questo periodo è meno probabile ma i farmaci assunti possono comunque contribuire ad alterazione di crescita e funzionalità di organi e tessuti fetali normalmente formati. C’è da dire comunque che grazie all'aumento del metabolismo placentare, per determinare effetti avversi sul feto le dosi assunte di farmaco devono essere più elevate.

Farmaci da evitare in gravidanza

Prima di assumere nuovi farmaci in gravidanza, a meno che non si tratti di terapie croniche già convalidate e/o farmaci salvavita, è sempre opportuno rivolgersi o chiedere consiglio a professionisti qualificati.

In generale, comunque, potremmo suddividere in più livelli i farmaci che durante la dolce attesa devono essere evitati e le rispettive motivazioni:

  • Farmaci per i quali non vi sono sufficienti informazioni: sono spesso farmaci recenti, sui quali non manca propriamente la ricerca clinica quanto più la casistica sugli effetti. In questo gruppo possiamo collocare ad esempio i farmaci antiulcera, oppure alcuni antibiotici recenti; ma anche gli antimicotici (i farmaci cioè che si utilizzano contro le infezioni di funghi) ad uso sistemico (non cioè quando si tratta di creme ad applicazione locale) e gli antivirali. Per questi farmaci non c’è un effettivo divieto di assunzione quanto invece uno stretto controllo da parte del medico prescrittore il quale può valutare l’eventuale presenza di alternative valide o, comunque, la possibile somministrazione in considerazione di un numero maggiore di benefici a dispetto dei rischi
  • Farmaci che richiedono attenzione (spesso a causa del dosaggio): di questa categoria fanno parte anche alcuni farmaci “da banco” (senza obbligo di ricetta) come l’aspirina o i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei). Tali farmaci non vanno assunti se non sotto specifica indicazione medica. La valutazione di un clinico può infatti indicarne la necessità: pazienti con elevato rischio di sviluppare pre-eclampsia e restrizione di crescita fetale, ad esempio, vengono trattate preventivamente con aspirina 150mg/die dal I trimestre fino alle 36 settimane di gestazione; Tra i FANS, sempre a titolo di esempio, il ketoprofene è assolutamente controindicato dopo le 28 settimane per il rischio di chiusura prematura del dotto di Botallo.
  • Farmaci che possono provocare danni o gravi malformazioni al feto: uno dei più noti è sicuramente la talidomide (farmaco utilizzato un tempo contro le nausee), gli ormoni progestinici e androgeni, la vitamina A ad alto dosaggio (che può determinare danni al sistema nervoso centrale, rischi di malformazioni cardiache e all’orecchio), farmaci antitumorali, in particolare se usati durante il I trimestre. Rimangono controindicati poi anche alcuni antiepilettici come l’acido valproico che aumenta il rischio di spina bifida o degli anticoagulanti orali come la warfarina
  • Farmaci che hanno effetto sul sistema nervoso: in particolare durante il primo trimestre può risultare pericolosa l’assunzione di sali di litio (tossici e teratogeni). Più ci si avvicina verso il termine di gravidanza, invece, e più diventano problematici altri farmaci come benzodiazepine (antidepressivi) e antipsicotici: questi, infatti, se assunti in modo particolare durante le ultime settimane possono determinare ingenti problemi di astinenza al neonato

Nonostante la preoccupazione circa la sicurezza dei farmaci c’è comunque da dire che sono meno del 3% le malformazioni congenite causate dall’esposizione a medicinali. La maggior parte di esse, infatti, è originata da motivazioni di tipo genetico o ambientale, o ancora da cause non note.

I farmaci ammessi in gravidanza

I farmaci che si possono usare in gravidanza sono quelli giudicati sicuri e a largo impiego. Sono medicinali ampiamente testati e che, da quanto riportato attualmente nelle casistiche, non presentano effetti negativi su embrione e feto.

Fanno parte di questo gruppo, tra gli altri, numerosi antibiotici (ampicillina, penicillina, eritromicina), il paracetamolo (utilissimo antipiretico e analgesico), le vitamine (tranne la vitamina A e la vitamina D le cui dosi di assunzione vanno attenzionate per evitare effetti tossici), l’acido folico e gli altri integratori previsti per la gravidanza, i minerali come il magnesio ed il ferro e gli anestetici locali.

Chiaramente la percentuale di farmaci che può essere assunta in gravidanza è decisamente molto minore rispetto a quelli da evitare. La frontiera delle cure può comunque essere allargata attraverso farmaci che presentano rischi moderati (sempre ovviamente sotto lo stretto controllo del medico prescrittore) ma anche facendo uso di quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce medicina integrata: sto parlando, principalmente, di fitoterapia, omeopatia e medicina tradizionale cinese. Anche in questi casi, tuttavia, è essenziale evitare l’improvvisazione: si tratta di metodiche curative con meccanismi di funzionamento diversi che devono comunque essere validati da professionisti competenti pena l’inefficacia, l’aggravamento della sintomatologia o, eventualmente, la tossicità.

Di seguito riportiamo un elenco di alcuni dei principi attivi che, secondo AIFA, sono maggiormente prescritti in gravidanza:

  • Progesterone (CAT. A): compatibile, segnalata associazione con casi di ipospadia;
  • Azitromicina (CAT. B1): compatibile e senza rischi;
  • Amoxicillina e acido clavulanico (CAT. B1): compatibile, attraversa la placenta, segnalata associazione con enterocolite necrotizzante per esposizioni in prossimità del parto;
  • Levotiroxina sodica (CAT. A): compatibile e senza rischi;
  • Fosfomicina (CAT. B2): compatibile e senza rischi;
  • Amoxicillina (CAT. A): compatibile e senza rischi;
  • Beclometasone (CAT. B3): compatibile, non aumento del rischio, farmaco di prima scelta per il trattamento dell’asma bronchiale;
  • Enoxaparina (CAT. C): compatibile, non aumento del rischio, farmaco di prima scelta per la tromboprofilassi sotto stretta supervisione medica;
  • Acido acetilsalicilico (CAT. C): compatibile se a basse dosi, sotto stretta supervisione medica;
  • Betametasone (CAT. C): compatibile, segnalata associazione con schisi oro-facciale se utilizzato nel I trimestre, indicato nell’induzione della maturità polmonare sotto stretta supervisione medica;
  • Ampicillina (CAT. A): compatibile e senza rischi;
  • Pantoprazolo (CAT B3): studi non rivelano la presenza di un rischio aumentato.

Quando i farmaci sono necessari per la salute della madre

Può succedere di ammalarsi durante la gravidanza. Nove mesi non sono corti e con i cambi stagione (e non solo) è facile che il proprio sistema immunitario sia messo alla prova. È sempre importante, comunque, rivolgersi a personale qualificato per valutare la possibilità di utilizzare farmaci nel trattamento di sintomi o altri problemi. Altre volte, se si tratta di aspetti per i quali l’attesa può essere una soluzione, come le sindromi da raffreddamento, si può anche evitare qualsiasi assunzione di medicinali limitandosi ad un monitoraggio attento del decorso della malattia e della conseguente guarigione spontanea.

Nel caso, invece, in cui si sia in cura per patologie importanti o croniche (ad esempio diabete, depressione, asma, epilessia) non è mai consigliato interrompere o modificare di propria iniziativa l’assunzione quotidiana della terapia. Non curarsi adeguatamente potrebbe essere, infatti, più pericoloso per la propria salute e per quella del futuro bambino rispetto ad assumere i farmaci di cui si ha bisogno.

La soluzione migliore, anche in questo caso, è quella di rivolgersi al proprio curante: qualora anche per il ginecologo si proponesse qualche questione dubbia, infatti, ci sarebbe la possibilità di richiedere la consulenza di altri specialisti o una consulenza teratologica, utile per comprendere se l’eventuale assunzione in corso o precedente, possa essere stata causa di danni al futuro bambino.

Altro punto di riferimento, anche per introduzioni accidentali di farmaci o altre sostanze, può essere la consultazione di centri dedicati che offrono pareri professionali gratuiti rispetto all’assunzione di farmaci in gravidanza e allattamento.

Ne segnaliamo alcuni, che non sono gli unici, presenti sul territorio nazionale:

  • U.O. Tossicologia Clinica-Centro Anti Veleni Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (parte dell’Istituto Mario Negri) al seguente numero verde: 800 88 3300;
  • Il servizio informativo del Policlinico di Napoli, tel. 081 5461861;
  •  Centro di Tossicologia perinatale di Firenze (Ospedale Carreggi): tel. 055 794 6731 per consulenze telefoniche, tutti i giorni compresi i festivi dalle ore 09:00 alle 19:30.
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Riccardo Federle
Ostetrico
Laureato in ostetricia nel 2013 con 110/110 e lode, dopo una specializzazione triennale dedicata alla medicina non convenzionale (2017) nel 2020 ho conseguito un master in “Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” e uno in “Medical Humanities”. Nel 2023 ho terminato un master in “Management per le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie”. Ostetrico e referente rischio clinico presso l’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, sono socio fondatore e presidente dell’associazione di divulgazione scientifica “La Lampada delle Scienze”. Mi occupo inoltre di progetti scolastici e consulenze aziendali.
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