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15 Settembre 2023
9:00

Gli strascichi dell’impatto delle mascherine sulla comunicazione con i bambini

A causa della pandemia globale di COVID-19, la mascherina è stato un presidio medico sanitario obbligatorio in molte regioni del mondo. Uno studio recente ha osservato che indossare una mascherina porta a una riduzione dell'input sensoriale visivo-uditivo, ma anche a modifiche della quantità e della qualità del linguaggio e della comunicazione non verbale nei bambini.

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Gli strascichi dell’impatto delle mascherine sulla comunicazione con i bambini
Psicologa
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Fin dalla nascita i bambini mostrano una sensibilità alla sincronia temporale audio-visiva nel segnale verbale, cioè tendono ad associare il suono al movimento della bocca. Utilizzano questo indizio per rilevare e discriminare le sillabe nel rumore già a partire dai 6 mesi di età. Oltre ai segnali visivi-temporali, i bambini di questa età possono utilizzare indizi articolatori (dunque i movimenti della bocca dell’altro) per una migliore discriminazione dei suoni migliorando le loro competenze linguistiche.

Gli studiosi hanno osservato che le maschere facciali nascondendo la regione della bocca potrebbero aver influenzato contemporaneamente sia i segnali uditivi che visivi del linguaggio parlato portando ad una diminuzione della percezione del linguaggio in vari contesti.

Questa “deprivazione” non ha impedito però ai piccoli di adattarsi all'assenza di indizi visivi nella parte inferiore del viso favorendo lo sviluppo di strategie di compensazione per la comprensione del linguaggio sicuramente utili. Per esempio, i piccoli hanno imparato a fare maggiore affidamento al contesto, alle espressioni facciali (fronte, occhi e arcata sopraccigliare) e al linguaggio del corpo (utilizzo della gestualità) per comprendere il significato delle parole.

L’impatto delle mascherine nelle scuole dell'infanzia

È stato dimostrato che indossare una mascherina può influenzare il comportamento comunicativo di chi parla e di chi ascolta. Uno studio internazionale ha evidenziato che il disagio nel portare la mascherina o le convinzioni su cosa possa passare attraverso la “comunicazione mascherata” potrebbero influire sulla frequenza e sul modo in cui gli educatori scolastici parlano ai bambini. Questi, costretti a indossare una mascherina durante il lavoro, hanno riferito un aumento della difficoltà nel coordinare il parlare e la respirazione, affaticamento vocale e cambiamento nell’uso della voce.

Un tale cambiamento potrebbe avere conseguenze importanti sullo sviluppo linguistico dei piccoli, poiché la quantità e la qualità del linguaggio e della comunicazione non verbale sono importanti predittori delle competenze linguistiche dei bambini molto piccoli.

Inoltre, è bene ricordarci che la comunicazione non è a senso unico e i bambini adattano la loro produzione linguistica in base all'input che ricevono e i cambiamenti nella comunicazione degli educatori potrebbero influenzare il modo in cui i bambini stessi comunicano.

Lo studio, che ha chiesto alle educatrici della scuola dell'infanzia (francesi e giapponesi) la loro impressione sulle interazioni comunicative quotidiane mentre indossano la mascherina, ha rilevato una diminuzione della quantità del linguaggio verbale rivolto ai bambini.

Negli insegnanti però non sono state osservate diminuzioni significative dell’utilizzo dei segnali non verbali (gesti, postura, espressività facciale) che invece sono aumentati significativamente per favorire la comunicazione con i piccoli alunni.

A differenza degli educatori durante gli anno della pandemia i piccoli non hanno fatto maggiore ricorso alla comunicazione non verbale (gesti, espressioni del viso e del corpo) e questo potrebbe indicare che la capacità di modulazione comunicativa dei bimbi non è ancora sufficientemente sviluppata per compensare la riduzione del comportamento comunicativo verbale. Questo ci fa riflettere sulla discrepanza tra le capacità di comprensione del linguaggio non verbale sviluppate dai piccoli durante il periodo della pandemia, e le difficoltà ad utilizzare tali competenze in produzione (ovvero quando dovevano comunicare con gli altri). Dunque, durante questi anni abbiamo assistito a dei piccoli in grado di capire la comunicazione dietro a mascherine, ma non altrettanto bravi a farsi capire da noi adulti utilizzando i gesti o la postura.

Chissà se questa difficoltà “a farsi capire” potrebbe aver determinato, a lungo termine, un effetto sull’aumento del disagio, irritabilità, rabbia ed isolamento osservato da molti genitori post pandemia? La ricerca e gli studi longitudinali (che studiano gli effetti a lungo termine degli eventi) ci aiuteranno a far luce su questo e molti altri aspetti.

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Elisabetta Lupi
Psicologa
Sono una Psicologa Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ho conseguito la Laurea Magistrale presso Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica dell'Università di Pisa nel 2016. Ho lavorato presso il Servizio di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell’Adolescenza dell'IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Ho svolto, in qualità di docente, corsi di formazione per il personale sanitario inerenti la diagnosi, la valutazione e il trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico. Ho collaborato alla scrittura di articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali. Mi occupo di valutazione, diagnosi e trattamento dei Disturbi del Neurosviluppo, in particolare del Disturbo dello Spettro Autistico. Effettuo incontri di Parent Training per i genitori di bambini con difficoltà nello sviluppo.
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