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30 Gennaio 2024
18:00

L’esperimento di Harlow con i cuccioli di scimmia e l’importanza dell’attaccamento materno

L’esperimento sui cuccioli di scimmia per studiare l’attaccamento materno è il più famoso dello psicologo novecentesco Harry Harlow. Attraverso metodi giudicati poco etici e controversi, le ricerche hanno messo in luce l’importanza dell’amore e dell’affetto del genitore, o della figura accudente, per i più piccoli.

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L’esperimento di Harlow con i cuccioli di scimmia e l’importanza dell’attaccamento materno
In collaborazione con la Dott.ssa Elisabetta Lupi
Psicologa
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«Se le scimmie ci hanno insegnato qualcosa, è che devi imparare ad amare prima di imparare a vivere». La citazione è dello psicologo americano Harry F. Harlow, vissuto nel Novecento, ritenuto uno dei padri del comportamentismo e ricordato per i suoi studi sui legami affettivi, come quello che si instaura tra figlio e genitore fin dalla nascita. Uno dei suoi esperimenti più noti e controversi è quello sulla relazione di attaccamento materno. Studiando le scimmie Harlow ha dimostrato che il cucciolo si lega alla madre non tanto per soddisfare i suoi bisogni primari, quanto più per ricevere coccole, sostegno emotivo e affetto.

Il metodo utilizzato da Harlow è stato giudicato immorale, non etico e crudele per lo sfruttamento degli animali in laboratorio, tuttavia le sue scoperte hanno continuato a rivestire un ruolo cardine nella psicologia comportamentale per gli addetti ai lavori.

La ricerca ha messo in luce la rilevanza emotiva e affettiva di un caregiver per i bambini, cioè una figura che si prenda cura di loro e li accudisca durante l’infanzia, e ha aiutato a comprendere i fattori di rischio nell’abbandono e nell’abuso di minori, come la mancanza di conforto (suggerendo di intervenire per prevenirlo).

L’esperimento di Harlow

L’esperimento più celebre di Harlow è stato preceduto da un test sulle scimmie rhesus con i pannolini in stoffa. Il risultato del primo esperimento indusse lo psicologo ad approfondire ulteriormente il rapporto tra i cuccioli e le figure di accudimento, testandone l’attaccamento materno.

Il test dei pannolini

Nel 1932 Harlow iniziò ad allevare dei macachi rhesus in laboratorio da utilizzare come cavie per i suoi esperimenti. Li separò dalle madri, provocando quella che Bowlby ha definito “deprivazione materna”.

Dopo l’abbandono della madre, nonostante i macachi apparissero sani a livello fisico (Harlow e i suoi collaboratori si occupavano quotidianamente della loro alimentazione), i cuccioli manifestarono comportamenti anomali e disturbati: erano solitari, avevano uno sguardo assente, manifestavano paura, girovagavano intorno alle loro gabbie, non interagivano tra loro, erano preda di scatti d’ira.

Harlow e i ricercatori si accorsero di un dettaglio curioso: i cuccioli tendevano ad aggrapparsi al pannolino di stoffa. Lo psicologo interpretò il gesto come una risposta all’assenza della figura materna, e si domandò se l’affetto materno fosse davvero essenziale per lo sviluppo delle creature come l’atteggiamento dei macachi lasciava presagire.

L'esperimento dell’attaccamento materno

Per rispondere al suo dubbio, Harlow proseguì con un secondo esperimento coinvolgendo otto macachi neonati. Li separò dalle madri biologiche immediatamente dopo la nascita, sostituendole con due riproduzioni inanimate, di forme e dimensioni uguali a quelle della mamma che li aveva partoriti:

  • Una mamma di stoffa, gommapiuma e morbida spugna
  • Una mamma di fili metallici e legno

Nella prima parte del test la mamma di fili metallici era dotata di un biberon di latte, mentre la mamma di stoffa no. Nella seconda prova, era la mamma morbida e soffice a disporre della bottiglia di latte per i piccoli macachi, mentre quella di metallo ne era sprovvista.

La risposta delle scimmie fu inaspettata: tutti e otto i cuccioli preferivano la madre di stoffa e trascorrevano più tempo con lei, pure quando era sprovvista dell’alimento. Le scimmiette si avvicinavano alla madre di fili metallici esclusivamente per nutrirsi (quando disponeva di cibo), tornando, non appena erano sazi, ad accoccolarsi sulla madre in gommapiuma.

I cuccioli, in sostanza, si rivolgevano a madri “surrogate” inanimate per trovare conforto quando si trovavano ad affrontare situazioni inedite, stranianti o spaventose. Quando venivano introdotti in un ambiente in cui non erano mai stati prima, i macachi esploravano l’area, dopodiché tornavano di corsa dalla madre in stoffa per trovare protezione e conforto. In sua assenza, invece, si bloccavano, accovacciavano, dondolavano, urlavano, piangevano.

Quando Harlow introdusse un giocattolo, i macachi si spaventarono e cercarono rifugio e protezione dalla mamma di stoffa, mentre quando lo psicologo trasferì gli otto macachi in società, cioè in una gabbia con altri loro simili, si dimostrarono o aggressivi o totalmente indifferenti nei confronti delle scimmie e incapaci di interagire.

Harlow realizzò una serie di prototipi di madri con materiali soffici diversi dalla stoffa. Si accorse che più erano morbide e calde più venivano apprezzate dai macachi neonati. Un altro elemento da cui erano attratte le piccole scimmie era il dinamismo: si avvicinavano più a una madre in movimento (perché magari appesa o costruita con delle molle) che a una madre statica.

Il significato dell'esperimento di Harlow: la centralità dell’affetto genitoriale

Il comportamento dei macachi, secondo Harlow, dimostrava come il loro amore verso la madre fosse dettato da un attaccamento e un legame affettivo incondizionato, e non dal loro bisogno fisiologico di dissetarsi e cibarsi. In più, era emerso come la deprivazione materna a lungo termine causasse disagio psicologico ed emotivo, a volte addirittura morte.

Se le scimmie ci hanno insegnato qualcosa, è che devi imparare ad amare prima di imparare a vivere
Harry F. Harlow

La ricerca dello psicologo americano, studiata dagli specialisti del settore tutt’oggi, ha messo in luce la centralità dell’amore del caregiver, cioè di colui che si prende cura del bambino, per un sano sviluppo dell’infanzia. In contrasto, quindi, con il pensiero dominante dell'epoca, che riteneva l’attaccamento dipendente dalla cura fisica (come il cibo) più che da quella emotiva.

Gli studi di Harlow, quindi, per quanto controversi e immorali, hanno prodotto prove empiriche rivoluzionarie sull’indispensabilità della relazione di attaccamento genitore-figlio, dell’affetto e del sostegno emotivo nello sviluppo dei bambini e sulla rilevanza del tocco materno nello sviluppo infantile.

Le controversie sull'esperimento di Harlow

Harlow non si fermò all’esperimento dell’attaccamento materno.

Voleva testare il disinteresse dei macachi per i figli, dovuto all’abbandono della madre subìto alla nascita, tuttavia non ci riusciva poiché i macachi non erano più in grado di avere rapporti sessuali e quindi di riprodursi. Allora, costruì una “rastrelliera dello stupro”, una struttura su cui veniva immobilizzata una scimmia femmina perché fosse ingravidata da un macaco sano.

Continuò con diversi test, studiando l’isolamento e la depressione delle scimmie.

Lo psicologo si è attirato critiche di immoralità e crudeltà per i suoi studi sui cuccioli di scimmia, che venivano da lui privati delle cure materne e del contatto sociale.

Il commento dell'esperta

L'esperimento di Harlow costituisce, a più di settant'anni di distanza, il principale paradigma sperimentale a servizio della Teoria dell'Attaccamento. Ha influenzato notevolmente la psicologia dello sviluppo, la clinica degli operatori sanitari, le pratiche dei contesti educativi e non solo. Un esperimento rivoluzionario che ha aiutato significativamente nella comprensione della genesi dei principali disturbi emotivi e comportamentali.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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