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21 Marzo 2023
14:00

L’inclusività passa anche dal linguaggio (senza schwa o asterischi, secondo l’Accademia della Crusca)

L'Accademia della Crusca si è espressa riguardo il linguaggio inclusivo nei documenti giuridici, bandendo schwa e asterischi ma lasciando libera scelta nel parlato quiotidiano. L'importante quando insegniamo a parlare ai nostri bimbi è educarli all'ascolto delle esigenze dell'altro. Solo così impareranno a dare il giusto nome a cose o persone.

A cura di Sophia Crotti
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L’inclusività passa anche dal linguaggio (senza schwa o asterischi, secondo l’Accademia della Crusca)
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L’inclusività passa, anzi parte dal linguaggio. Uno dei momenti più belli dopo la nascita e i primi passi dei nostri bambini sono le loro prime parole. Sentirci chiamare per la prima volta mamma o papà ci dà davvero l’idea di essere diventati genitori. Improvvisamente iniziamo a non dire più parolacce, ci impegniamo a coniugare sempre alla perfezione passati remoti e congiuntivi, perché sappiamo benissimo che il linguaggio corretto veicola messaggi importanti.

Di questo si occupa proprio l’Accademia della Crusca che, qualche giorno fa, si è espressa riguardo all’annosa questione del linguaggio inclusivo, abolendo schwa e asterischi dai testi giuridici, ma incentivando le istituzioni ad utilizzare appellativi femminili per tutte le cariche.

Con questo non intende rendere il linguaggio meno inclusivo nei contesti quotidiani, per i quali abbiamo tutti libera scelta. La cosa importante quando insegniamo al nostro bimbo a parlare è educarlo all'ascolto delle necessità dell'altro, solo così sarà davvero inclusivo, dando a cose e persone il loro vero nome, che è quello da cui si sentono rappresentati.

L'Accademia della Crusca è per l’inclusione grammaticalmente corretta

Il Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione ha domandato all’Accademia della Crusca come potersi esprimere per essere più inclusivi e sponsorizzare la parità di genere negli atti giudiziari. L’Accademia ha risposto, dando alcune indicazioni per i testi scritti in giuridichese:

  • No alla shwa o agli asterischi per evitare di declinare al maschile o al femminile alcune parole, che allontanano la lingua scritta da quella parlata
  • No all'articolo maschile o femminile davanti ai cognomi, non tanto per una questione di parità di genere, quanto più poiché si ometterebbe un’informazione importante, il ruolo che la persona ha in quel momento
  • Evitare di fare replicazioni retoriche, per esempio “cari studenti e care studentesse”, preferire il maschile, inteso come genere inclusivo, meno marcato del femminile o parole neutre come “persone”
  • Sì all’utilizzo di nomi declinati al femminile per tutte le cariche “La magistrata, l’architetta, la questora”

Ascoltare per imparare a parlare in modo inclusivo

L’Accademia si è espressa in merito ai testi giuridici, lasciando libera scelta poi nel linguaggio quotidiano ma ricordandoci sempre l’importanza di non confondere il genere della lingua con l’identità di genere di ciascuno di noi. Infatti possiamo insegnare al bimbo che la sua mamma fa il medico, che il suo papà fa la guida alpina. Possiamo spiegare alla nostra piccola di sentirsi libera di dire che da grande vuole fare l’agente segreto, a meno che questi appellativi, che in italiano sono grammaticalmente maschili o femminili, diano loro fastidio.

Insegnare il linguaggio

Quando insegniamo il linguaggio ai nostri bimbi ricordiamo loro l’importanza di ascoltare chi hanno davanti, perché a volte pensiamo con le parole di essere inclusivi e invece non lo siamo affatto. Scegliere come esprimersi dipende dal contesto e dalla persona con la quale parliamo, che potrebbe chiederci di usare termini diversi da quelli ai quali siamo abituati, potrebbe preferire gli asterischi, appellativi maschili o femminili a prescindere da chi è, e allora dobbiamo modificare il nostro modo di parlare per essere davvero inclusivi.

Il linguaggio dipende sempre dal contesto e dall'ascolto delle necessità di chi abbiamo davanti

Allo stesso modo dobbiamo comprendere gli insegnanti di italiano che cercano in tutti i modi di spiegare la grammatica ai nostri bimbi e hanno paura di essere poco inclusivi se in una verifica di grammatica sottolineano con la penna rossa un asterisco. Ma anche qui basta spiegare che ogni contesto ha i suoi specifici termini. Se nella verifica di grammatica usare gli asterischi non è corretto, nei bigliettini che i bimbi scrivono ai loro amici o, quando saranno più grandi, sui loro profili social possono fare quello che credono più opportuno, affinché siano davvero liberi di esprimersi con il linguaggio che ritengono più inclusivo.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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