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20 Giugno 2023
15:30

No alla seconda mamma: perché i 33 atti di nascita di Padova sono stati impugnati dalla Procura?

La cancellazione della seconda mamma voluta dalla Procura di Padova per 33 atti di nasciti segna un precedente preoccupante per molte famiglie omogenitoriali. Ma cos'è successo esattamente? Perché si tratta di una decisione così eclatante?

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No alla seconda mamma: perché i 33 atti di nascita di Padova sono stati impugnati dalla Procura?
Perché i 33 atti di nascita di Padova sono stati impugnati dalla Procura?

La decisione della procura di Padova d'impugnare i 33 atti di nascita di bambini nati da coppie omogenitoriali ha scatenato un vero terremoto.

I documenti contestati e di cui è stata chiesta la rettifica per cancellare uno dei due genitori dalla responsabilità parentale risalgono infatti al 2017. Mai prima d'ora i pm si erano spinti così a ritroso negli anni per sconfessare la validità di atti ufficiali riguardanti i bambini delle famiglie arcobaleno.

Cos'ha dunque innescato l'azione dei magistrati? Cosa viene contestato a queste famiglie che rischiano di scomparire di fronte allo Stato? Quali sono le possibili ripercussioni  livello nazionale? Cerchiamo di fare un po' di chiarezza.

I fatti

Il 19 giugno 2023 è diventata di pubblico dominio la notizia che ha visto la Procura di Padova negare la regolarità dell'atto di nascita registrato nel 2017 e riguardante una bambina di sei anni nata da due donne, le quali fino ad allora erano state legalmente riconosciute come legittime madri.

La coppia di 40 enni si era sposata all'estero e facendo ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita aveva avuto due figli, un maschio e una femmina, con pochi mesi di differenza l'uno dall'altro.

In un colpo solo dunque, la bambina che l'anno prossimo dovrà affrontare la prima elementare si potrebbe trovare – almeno di fronte alla Legge – senza una madre e un fratello (che invece è figlio "di sangue" della madre non biologica, esclusa dall'atto di nascita).

Cosa contesta la procura?

Nella notifica fatta recapitare alla famiglia, i magistrati hanno richiesto la cancellazione del nome della madre non biologica dall'atto – di fatto escludendola da qualsiasi diritto o dovere legale nei confronti della figlia – e la rettifica del cognome della piccola, escludendo quello della seconda mamma.

La procuratrice di Padova Valeria Sanzari ha poi fatto sapere a mezzo stampa che lo stesso provvedimento sarebbe stato applicato anche ad altre 32 coppie che sempre nel 2017 avevano beneficiato della registrazione anagrafica concessa dal sindaco patavino Sergio Giordani (PD), il quale però non ammette passi indietro.

«Sono sereno e convinto delle scelte fatte – ha dichiarato il primo cittadino –  Dal 2017 trascrivo gli atti di nascita delle bambine e dei bambini figli di due mamme. È un atto di responsabilità verso questi piccoli perché non accetto il pensiero che ci siano bambini di serie A e bambini di serie B discriminati fin da subito nei loro fondamentali diritti».

Quali sono le motivazioni?

Secondo i pm, questi 33 atti di nascita sarebbero illegali in quanto l'ordinamento italiano non prevede l'esistenza di un secondo genitore, o genitore intenzionale, dello stesso sesso.

Ma allora come mai fino a poco tempo alcune famiglie omogenitoriali erano riuscite ad ottenere il riconoscimento?

La confusione è generata dal fatto che in Italia vide da decenni un vuoto normativo. In pratica non ci sono regole chiare su cosa sia lecito e cosa no.

«C’è un vuoto legislativo gravissimo rispetto al quale il Parlamento dovrebbe legiferare ma fino ad ora non lo ha fatto» ha commentato ancora Giordani e se da un lato tale incertezza ha consentito ad alcuni sindaci di prendere in mano la situazione e aprire di propria iniziativa le porte dell'anagrafe ai bambini arcobaleno, dall'altro si sono lasciate migliaia di nuclei familiari in un limbo mai del tutto risolto, poiché questi atti ufficiali prima o poi potevano essere contestati.

Come infatti è successo a Padova.

Cos'è cambiato?

A modificare lo scenario è stata la pronuncia della Corte di Cassazione che il 30 dicembre 2022 ha ribaltato la decisione con cui nel 2018 la Corte d'Appello di Venezia aveva riconosciuto i due padri di un bambino nato in Canada da una maternità surrogata.

Secondo la Corte Suprema, quel riconoscimento andava annullato anche se nel testo delle motivazione venne inserito un appello – l'ennesimo in pochi anni – al Legislatore per colmare questo importante buco nel Diritto di Famiglia.

L'intervento ovviamente non c'è stato, ma benché la pronuncia riguardasse un caso legato alla GPA – pratica illegale nel nostro Paese e che anzi potrebbe diventare reato universale – la decisione diede il via ad una serie di provvedimenti da parte di procure e prefetture per stoppare l'iscrizione all'anagrafe di tutte coppie omogenitoriali (come accaduto a Milano nel marzo scorso) e contestare gli atti di nascita registrati dopo il dicembre 2022.

Perché quanto accaduto a Padova ha destato scalpore?

Fino al 19 giugno, tutti gli atti impugnati erano stati successivi alla fatidica sentenza della Cassazione. Ora però per la prima volta si è andati a riprendere documenti vecchi di sei anni per contestarne la legittimità.

Ciò ha gettato nel panico e nello sconforto tantissime famiglie, poiché altre procure potrebbero attivarsi nella stessa direzione e togliere i diritti a bambini e genitori che ormai si erano convinti di aver trovato una propria dimensione.

Perché è possibile impugnare un atto così vecchio?

Il certificato di nascita rimane un atto amministrativo e come tale non va mai in prescrizione. Ciò significa che può essere sempre impugnato, anche a decenni di distanza.

Cosa accadrà ora?

Nel caso specifico, la prima udienza in Tribunale è stata fissata per il prossimo 14 novembre e per la bimba c'è il serio rischio che la sua seconda mamma non possa più portarla in viaggio senza l'altro genitore né accompagnarla a scuola o farla visitare dal pediatra senza una delega, come se fosse una perfetta estrane.

Uno scenario ben diverso da quello figurato dalla procuratrice Sanzani, per la quale «la giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale».

L'unica via d'uscita potrebbe essere rappresentata dalla stepchild adoption, l'adozione in casi particolari che permetterebbe al genitore intenzionale (non biologico) di adottare il proprio figlio. Si tratterebbe però di un percorso lungo e faticoso, con notevoli spese legali e l'interessamento da parte di tribunali e assistenti sociali.

Non proprio l'ideale per una famiglia già formata e che potrebbe essere cancellata per un atto giudiziario.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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