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30 Ottobre 2023
16:30

In una scuola su 3 in Piemonte c’è un banco lasciato vuoto da uno studente hikikomori: la piaga silenziosa della dispersione scolastica

Secondo una recente indagine condotta in Piemonte, in una scuola su tre c’è almeno uno studente “hikikomori” o a rischio di diventarlo. Si tratta di adolescenti delle medie o superiori che smettono di frequentare la scuola e si autoescludono dalla società. È un fenomeno in sensibile crescita che contribuisce alla dispersione scolastica.

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In una scuola su 3 in Piemonte c’è un banco lasciato vuoto da uno studente hikikomori: la piaga silenziosa della dispersione scolastica
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In un terzo delle scuole piemontesi, c’è almeno un banco vuoto, o che viene riempito sporadicamente. In totale i posti a sedere “fantasma” sono 149 e a lasciarli vacanti sono adolescenti hikikomori, teenagers che hanno volontariamente smesso di frequentare la scuola e si sono chiusi nella loro stanza, isolandosi dalla società. A scattare una fotografia del fenomeno hikikomori in Piemonte è stato l’Ufficio scolastico regionale, che ha sottoposto alle 302 scuole aderenti un questionario sul “ritiro sociale”.

Sulle 302 scuole che hanno partecipato al sondaggio, 89 hanno segnalato 149 “casi problematici” legati al ritiro sociale. 70 di loro sono assenti da tempo senza avere formalizzato l’isolamento sociale, 42 lo hanno dichiarato, mentre 37 alunni sono ritenuti “a rischio”, poiché manifestano i primi campanelli d’allarme che lasciano presagire il disagio. La fascia d’età più colpita è quella degli studenti di terza media.

Gli hikikomori (termine giapponese che letteralmente significa “stare in disparte”) sono adolescenti e giovani adulti generalmente di età compresa tra gli 11 e i 24 anni che hanno scelto deliberatamente di autoescludersi dalla società e di condurre la loro esistenza tra le quattro mura della loro cameretta, sconnessi dalla realtà esterna, iperconnessi a quella virtuale. Tendenzialmente amano la tecnologia, i videogiochi, i manga, e sono di sesso maschile, anche se dal sondaggio dell’Ufficio scolastico piemontese è emersa, a sorpresa, una prevalenza del genere femminile nella fascia d’età più colpita, quella dei 13-14 anni.

Si tratta, comunque, di generalizzazioni utili per descrivere il fenomeno, perché di fatto ogni caso è a sé. «Ogni caso di ritiro sociale è diverso, ha le sue caratteristiche, gli interventi vanno calibrati sui singoli, altrimenti rischiamo di fare peggio» ha dichiarato, come riporta il Corriere della Sera, Stefano Suraniti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale.

L’Ufficio scolastico regionale non si limita a un’analisi di superficie: sono in programma tavoli di lavoro con la Regione Piemonte per la progettazione dal basso del fenomeno, in sensibile aumento da dopo la pandemia. «Abbiamo un campione significativo, ha risposto la metà delle scuole piemontesi, ma i numeri ci interessano solo in modo relativo: se anche ci fosse un solo caso, dovremmo comunque farcene carico» ha spiegato, come riporta il Corriere della Sera, Tiziana Catenazzo, ispettrice inclusione dell’Usr che ha condotto il sondaggio.

La dispersione scolastica è legata a doppio filo, quindi, al fenomeno degli hikikomori. Circa la metà delle scuole ha denunciato casi di interruzione della frequenza scolastica durante l’anno, prevalentemente in terza e quarta superiore. Nel 13% dei casi di assenza, la motivazione è il ritiro sociale, mentre nel 28% dei casi sono le difficoltà con lo studio.

Nelle scuole medie piemontesi, l’abbandono scolastico è da imputare in quasi la metà dei casi (40%) al disagio psicologico, mentre 9 volte su 100 a incidere sono gli episodi di bullismo. Sei ritirati su dieci non tornano più in classe.

La presidente dell’associazione "Hikikomori Italia Genitori” Elena Carolei ha sottolineato le difficoltà di chi rischia la potestà genitoriale a causa delle assenze dei figli. «Il protocollo che dava indicazioni alle scuole è scaduto da due anni – ha  denunciato l’associazione –. Un aiuto che ora manca alle famiglie».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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